IL LUNGO ITINERARIO DI UN
POETA
di Cataldo Russo
Il testo che qui riproduciamo è apparso
venerdì 7 novembre 2025 sul quotidiano “Il Crotonese” che “Odissea” ringrazia
per l’autorizzazione.
Nell’incipit alla raccolta Una
gioiosa fatica. 1964-2022 (La Scuola di Pitagora Editrice
2025, pagine 160 euro 16) il poeta Angelo Gaccione pone in risalto il legame
forte, quasi da simbiosi, che ha sempre avuto con la poesia, sebbene nella sua
vita abbia frequentato e praticato i generi letterari più diversi: la
narrativa, dove ha lasciato segni indelebili con i suoi romanzi e racconti, la
saggistica, il teatro con le sue commedie e drammi, l’aforisma, la critica
letteraria, il giornalismo, ecc.
Se nella raccolta poetica di Cesare
Pavese, Lavorare Stanca, il poeta estende il concetto di stanchezza non
solo a quello fisico ma soprattutto a quello intellettuale e alla difficoltà di
integrarsi in una società sempre più alienante, nella raccolta di Gaccione il
lavoro, il travaglio, diventa gioioso quando si ha la consapevolezza di aver
fatto il proprio meglio, rispettando i propri principi e i propri valori
morali. Allora sì, dopo aver salito il Colle di dantesca memoria, che il
cammino diventa gioioso.
Un legame quello di Gaccione con la
poesia che si è manifestato quando ancora era adolescente come ci è testimoniato
da due brevissime poesie di questa raccolta, sopravvissute alla falcidia del
tempo e dell’incuria e che fanno parte della prima sezione ‘Le Ritrovate’. La
prima, datata 1964, quando l’autore aveva solo tredici anni, evidenzia una
notevole sensibilità come dicono questi versi: Quando la notte / uccide la
luce / tutti gli uccelli più gai / vanno a morire.
Sempre nell’incipit il poeta ci tiene a
dirci che ha scritto quando la materia “urgeva”, quando la pulsione si faceva
prepotente, segno che siamo di fronte a una poesia che nasce dalle viscere,
intrisa di sudore e sangue e non come puro esercizio intellettuale.
La sezione successiva, ‘Le Illuminate’,
composta da 13 poesie pone in evidenza l’insofferenza verso il potere, le
sovrastrutture e le convenzioni: Sotto i tacchi dei signori / la carne
gridava alle ferite / il sangue colava di nascosto per timidezza. / Si
prendevano le mogli i vigliacchi. Al di là di una certa veemenza la
posizione del ventiseienne poeta sembra non indietreggiare di fronte alla virulenza
del potere e ai tacchi dei dominatori.
La sezione compresa sotto la dicitura, ‘Le
Straniere’, raggruppa 8 poesie ispirate da viaggi reali o immaginari compiuti
dal poeta intorno agli anni ’80. La maggior parte sono dedicate a Parigi, un
paio a Monaco di Baviera e una al Brasile, la più recente, del 2019, dove la
nostalgia diventa un denominatore comune di tutti gli esseri. Non stancarti
di bussare alla mia porta, / prima o poi sarò io a venire da te, scrive a
proposito di questo sentimento.
Nella
sezione quattro troviamo le poesie dedicate a Milano, ‘Le Milanesi’, città che
il poeta dimostra si conoscere in maniera profonda e meticolosa, soprattutto
dal punto di vista culturale e artistico. Nella lirica ‘Città mia’ l’amore di
Gaccione verso Milano è totale, pari solo a quello che per la sua Acri. Ci
fosse un’altra vita dopo questa / io tornerei da te / a mescolare la mia terra
con la tua / a impastare vita con la vita / a farti caldo il cuore. /Ti
abbraccerei per implorarti e dirti…
Nella sezione cinque, ‘Le Disperse’,
troviamo tre poesie soltanto: ‘Dio com’ è rara l’amicizia’, ‘Notte,
notte di stelle’, ‘I gabbiani’. Il denominatore comune di questi tre
componimenti, scritti tra il 1987 e il 1989, è un certo, oserei dire, ottimismo
che il poeta vorrebbe infondere ai propri simili per portarli fuori dalla gora
dell’assuefazione alle ingiustizie, alla rassegnazione e alle prevaricazioni.
Nella sezione sette, ‘Le Sacre’, spicca la poesia ‘La Classe morta’ dove
l’urlo di condanna del poeta per una strage di bambini tanto cruenta quanto
inutile diventa una sentenza senza appello. Quel limpido luminoso settembre
/ alla Scuola Numero Uno / non è apparso nessun dio benigno / ad annunziarvi la
lieta novella. È venuto invece l’uomo nero e ha gridato: / “Io sono il
pane della morte… mangiate!”.
Le
sezioni sei e otto, ‘Le arrabbiate’ e ‘Le Dolenti’, seppure si
differenzino dal punto di vista delle tematiche trattate, hanno in comune la
forte tensione ideale. In esse il travaglio del poeta si fa grido, denuncia per
un mondo che ha dimenticato la solidarietà, i valori alti, e si sta
incamminando verso la catastrofe che rischia di distruggere la vita sul nostro
Pianeta.
‘Le
Liete’ nascono per lo più da un sentimento di pacato ottimismo, dove la natura
tempera in qualche modo gli eccessi e le brutture dell’uomo. Nella prima di
questa mezza dozzina di componimenti il poeta sembra riconciliarsi con la vira:
“Il loro canto festoso si accorda / con la nave di nuvole gonfie di vele /
che salpa nel soffice azzurromare del cielo. / E per una volta il dolore del
mondo scompare / e col mondo si riconcilia il mio cuore.
‘Le Diverse’ rivelano un poeta
più portato alla meditazione e con il pensiero rivolto all’ineluttabilità
della morte. Nella lirica’ Testamento’ il poeta esprime il suo desiderio
di essere sepolto fra i libri, tutti, senza distinzione, che ha tanto amato. Poiché ho vissuto / tutta la vita di libri /
custodite le mie ceneri /– siano ben in vista /– accanto ai libri- /– sul
ripiano – /di una Biblioteca. / Un ripiano a caso.
Nelle
penultime tre sezioni, della quale fanno parte ‘Le Incivili’, Gaccione ritorna
alla poesia di impegno civile. Se il mondo diventa sempre più barbaro e
incivile il poeta deve uscire dall’immobilismo del fair play e agire, come ci
dice nel componimento ‘Da una parte sola’: Io sono un uomo di parte, / e sto
da una parte sola: / non è la vostra parte, / questo dev’essere chiaro. / Me ne
assumo ogni rischio / e ho messo in conto tutti i pericoli.
Una
raccolta ricca che ha accompagnato il poeta per oltre mezzo secolo; ben
congegnata, ma soprattutto che vibra di intensità poetica, senza mai cedere
all’autocompiacimento o al semplice esercizio letterario.
Angelo
Gaccione
Una
gioiosa fatica. 1964-2022
La
Scuola di Pitagora Editrice, 2025
Pagg.
160 € 16



