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domenica 2 novembre 2025

LA ‘CARBONERIA’ DEI LIBRI
di Angelo Gaccione


 
Q
uando ero ragazzino mi capitava spesso, durante i pomeriggi, di vedere dei film presso le abitazioni di generose persone che possedevano un apparecchio tivù. Le nostre famiglie non se lo potevano permettere un televisore, ma loro aprivano le case accogliendoci per consentire a noi, frotte di ragazzini, di accoccolarci per terra nelle loro sale ed incantarci a quelle pellicole per sognare ad occhi aperti per qualche ora. Spesso capitava che ci allungassero anche un biscottino, e noi andavamo letteralmente in sollucchero. Quando nei film comparivano quelle sale enormi con le pareti piene di libri, io non potevo fare a meno di confrontarle con le nostre così piccole e modeste. Una sola sala era più grande della nostra intera abitazione. Non c’erano librerie, nonc’erano scrivanie, nelle nostre case, affollate di letti e brandine perché eravamo tutte famiglie numerose. Chissà se un giorno anch’io avrò una stanza con tanti libri come questa, pensavo. Non immaginavo, allora, di metterne assieme una quantità così esagerata, tanto da dovermi dotare di un locale per custodirli e che ora non basta più: la Carboneria, come l’hanno battezzata i miei amici, e dove abbiamo fatto anche delle piccole riunioni al tempo di “Odissea” in versione cartacea. Ne ricevo tuttora dai luoghi più diversi e persino da persone sconosciute; e mia moglie teme per i pavimenti. Il racconto “Il libro della staffa” compreso nella raccolta Sonata in due movimenti, è quasi un atto liberatorio per esorcizzare il peggio, oltre che la consapevolezza amara di non poterne comprare più e di non sapere come salvarli, ora che le donazioni dei libri vengono rifiutate da biblioteche ed istituti, archivi e centri culturali: biblioteche carcerarie comprese. Negli ultimi tempi ho disseminato libri in luoghi diversi della città; li ho lasciati nelle stazioni delle linee metropolitane, sui treni, dentro i piccoli box di strada dove chi vuole ne può lasciare qualcuno… ma è una goccia nel mare. Non posso accoglierne più e devo trovare una soluzione per i tanti che nel tempo ho accumulato. Abbiate pietà.