La
democrazia italiana fondata sulla Costituzione Repubblicana si trova su di un
piano inclinato e può scivolare pericolosamente. Questa è la sensazione che si
ricava analizzando le vicende dell'ultimo decennio. Una sensazione ancor più
acuita dai fatti che stanno accadendo attorno a noi partendo dal quadro
generale che vede l’establishment del nostro Paese allineato alle logiche di
guerra che stanno prevalendo a livello planetario. Logiche di guerra che si
situano nel pieno di una tempesta alimentata dalla spirale neo-liberista e
negazionista che sembra prevalere nell’allineamento della logica dei blocchi
imposta dalle Grandi Potenze impegnate a coltivare gli orti di casa propria
incuranti degli evidenti rischi che stanno sorgendo a livello planetario a
partire da quello nucleare e non dimenticando il possibile scoppio di una
enorme bolla speculativa sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale che si
sta per realizzare in un quadro di vera e propria “anarchia della prevalenza
del più forte”. Limitiamo, per il momento, la nostra analisi al “caso
italiano” (trasformato in retroguardia dopo tanti anni di avanguardia): i fatti
più recenti dimostrano come sia sbagliata la linea (che definirei “giolittiana”)
di inclusione della destra nel normale tessuto presuntamente democratico di una
“alternanza temperata”.Alternanza come sembrerebbe suggerire il profilo
sempre più marcatamente bipolare del sistema, bipolarismo tra coalizioni
entrambe “spurie” dopo la stagione della “tripartizione” verificatasi con l’espressione
elettorale dell’antipolitica che alla fine si è risolta in una crescita
esponenziale dell’astensione al voto quale indice concreto della accentuata
fragilità del sistema. Non si può pensare a un atteggiamento “inclusivo”
rispetto a questa destra dall’evidente insofferenza per i meccanismi della
democrazia parlamentare e della diarchia “Presidenza della Repubblica /
Presidenza del Consiglio”. Questa destra intende trasformare
il secondo pilastro istituzionale in soggetto prevalente (appunto l’anarchia
del più forte) attraverso la formazione di una maggioranza di tipo
plebiscitario.
Si cerca di realizzare una
maggioranza plebiscitaria che nell’indicazione di investitura salti il
passaggio delle aule e l’occasione propizia per far questo può essere
rappresentata dal referendum sulla magistratura tanto più che il Guardasigilli
oggi si è accostato platealmente all’ipotesi contenuta nel documento della “Rinascita
Nazionale” elaborato nel 1975 dalla loggia P2 (mi permetto di ritenere questo
passaggio ancora più pericoloso dello scontro istituzionale in corso tra FdI e
il Quirinale). Si possono così trarre due
provvisorie indicazioni: a) l’importanza del referendum
costituzionale sull’ordinamento della magistratura che dovrebbe svolgersi nei
primi mesi del 2026. I segnali di partenza sono contrastanti, almeno dal nostro
punto di vista. Andrebbe svolta una operazione propedeutica di impostazione
ancora in precedenza alla definizione di uno schieramento: quella di elevare il
livello dello scontro al tema costituzionale (sul quale in passato vi sono
state troppe esitazioni se non errori clamorosi tipo la riduzione del numero
dei parlamentari) non abbassandolo a mero scontro tecnico o ancor peggio a “governo
sì/governo no”. Sul tema della democrazia
costituzionale va analizzato a fondo e riportato in primo piano il concetto di “rappresentanza politica” vero fulcro di
quella “centralità del Parlamento” della quale abbiamo tante volte discusso. Il
concetto di rappresentanza politica è stato attaccato a fondo nel corso di
questi anni: si è assistito a vere e proprie modificazioni di paradigma fondate
tutte sul primo e fondamentale cambiamento avvenuto con l’avvento del sistema
elettorale maggioritario vera anticamera del plebiscitarismo. Si coglie l’occasione
per ricordare ancora una volta come la definizione del sistema elettorale non
faccia parte del dettato costituzionale, anche se si fa fatica a non
riconoscere che il tema ha sempre assunto un rango di quel livello, come ha
riconosciuto implicitamente la stessa Alta Corte nelle due occasioni in cui,
grazie all’iniziativa del compianto Felice Besostri, ha bocciato prima la
formula elettorale vigente e nella seconda una formula elettorale approvata dal
Parlamento, con la fiducia, ma mai ammessa alla prova delle urne. b) La costruzione di una
soggettività di sinistra effettivamente alternativa da intendersi quale
elemento “dirigente” dell’opposizione fondata su una chiarezza di opzioni
propositive: sulla pace e sulle grandi questioni economico - sociali a partire
dal considerare l’Europa e la sua autonomia come spazio politico su cui
investire e il tema delle disuguaglianze a tutti i livelli come prioritario
comprendendo appieno il nuovo quadro di contraddizioni imposto dal modificarsi
del quadro internazionale, dell’evoluzione tecnologica e dal ritardo con cui si
stanno affrontando le grandi transizioni come quella climatica e quella
digitale.