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domenica 14 dicembre 2025

CONTRAPPUNTI  
di Alessandra Paganardi



Polifonia e ripresa nei “Contrappunti” di Angelo Gaccione
 
Questi “contrappunti” non sono soltanto appunti “in direzione ostinata e contraria”.  Sono anche veri e propri contrappunti musicali a precisi testi poetici scritti e raccolti negli anni, in particolare nel libro Una gioiosa fatica presentato dieci giorni fa. “Puncti contra punctos”, perché i testi poetici e quelli in prosa costituiscono linee melodiche indipendenti, ma funzionano anche insieme. Ho svolto una piccola ricerca filologica per trovare i richiami precisi, le corrispondenze. Li ho annotati con molto scrupolo (si può, a titolo di elenco parziale, fare qualche esempio) e il risultato mi ha sorpreso. Ho avuto conferma, se ce ne fosse stato bisogno, della reale polifonia di cui la creatività di Gaccione è dotata. Non solo: ma dato che i contributi poetici e quelli giornalistici sono sempre scrupolosamente datati, si può capire qualcosa in più anche del “cantiere” intellettuale in cui i pensieri e le idee di Gaccione hanno preso vita negli anni.
 

Prima di tutto: le date dei contributi poetici sono spesso anteriori a quelle dei pezzi in prosa. Distanziati, a volte, di anni (un esempio per tutti: la poesia Dachau marzo 1981 e il pezzo “Viaggio nella memoria”, scritto nel 2021).  Come se il testo poetico corrispondesse a un’urgenza, cui la riflessione segue a distanza con altri strumenti, arricchita da anni di domande, letture, dialoghi dell’autore con se stesso e con gli amici stimati (quelli con i quali, scrive Gaccione, conversare è una delle vere gioie della vita). Ma la ripresa a distanza temporale significa soprattutto che in questa polifonia, in questo intelletto estremamente mobile e multiverso, Gaccione non è affatto volubile: torna anzi sempre su temi che sono per lui delle vere ossessioni - l’ingiustizia, la guerra, l’utopia, i luoghi e gli oggetti come entità che si caricano dell’anima di chi li ha abitati. Si vedano i pezzi Cose e beni e L’eterno presente, che trovano innumerevoli corrispondenze trasversali nei testi poetici. Altre ossessioni sono l’empatia verso ogni essere senziente, il tempus edax che tutto cancella, le perplessità contro certo realismo e progressismo d’accatto che costituiscono l’ideologia dominante: e sempre una fiera resilienza contro la progressiva disumanizzazione del mondo. Homo sum, humanum mihi nihil alienum puto, recita la citazione terenziana, da cui parte uno dei pezzi più profondi del libro. Spesso i contrappunti in prosa sono ancora più lucidi e scorati di quelli in poesia: non certo perché la poesia funzioni come un feltro nella sordina del pianoforte, ma perché lo spazio dedicato alla riflessione (e il tempo che passa) consentono di processare con maggior profondità i problemi, soprattutto quelli più insolubili e angosciosi. Non è solo edax questo nostro tempo: per fortuna regala al pensiero una dimensione in più, se sappiamo farne tesoro.



Un posto speciale nella riflessione di Gaccione, l’abbiamo detto, occupano luoghi e oggetti. Il paesaggio letterario si sovrappone a quello naturale, così come i personaggi fittizi hanno lo stesso impatto esistenziale sull’autore di amici reali. Questo per una ragione profonda: l’intera esperienza umana viene processata nell’interiorità, scomposta per così dire in elementi emotivi che la rendono speciale. Non conta la realtà sensibile, ma il suo senso. Per la stessa ragione, sostiene l’autore citando Oscar Wilde, la vera realtà è l’utopia. Aggiungo che ogni scrittura civile in grado di far riflettere e di emozionare, come quella di Gaccione, non può che fondarsi sull’ossimoro (soltanto apparente) di un “intimismo estroverso”. Un occhio d’ape che esplora il mondo e una ragione soggettiva che, come in un movimento diastolico e sistolico, lo filtra e gli dà significato. Una scrittura, infine, che trova i propri modi - soggettivi e universali - per restituire al mondo gli esiti sempre provvisori di questo viaggio dell’anima.