Polifonia e ripresa nei “Contrappunti”
di Angelo Gaccione Questi
“contrappunti” non sono soltanto appunti “in direzione ostinata e
contraria”.Sono anche veri e propri contrappunti
musicali a precisi testi poetici scritti e raccolti negli anni, in
particolare nel libro Una gioiosa fatica presentato dieci giorni fa. “Puncti
contra punctos”, perché i testi poetici e quelli in prosa costituiscono linee
melodiche indipendenti, ma funzionano anche insieme. Ho svolto una piccola
ricerca filologica per trovare i richiami precisi, le corrispondenze. Li ho
annotati con molto scrupolo (si può, a titolo di elenco parziale, fare qualche
esempio) e il risultato mi ha sorpreso. Ho avuto conferma, se ce ne fosse stato
bisogno, della reale polifonia di cui la creatività di Gaccione è
dotata. Non solo: ma dato che i contributi poetici e quelli giornalistici sono sempre
scrupolosamente datati, si può capire qualcosa in più anche del “cantiere”
intellettuale in cui i pensieri e le idee di Gaccione hanno preso vita negli
anni.
Prima di tutto: le date dei
contributi poetici sono spesso anteriori a quelle dei pezzi in prosa.
Distanziati, a volte, di anni (un esempio per tutti: la poesia Dachau marzo
1981 e il pezzo “Viaggio nella memoria”, scritto nel 2021). Come se il testo poetico corrispondesse a
un’urgenza, cui la riflessione segue a distanza con altri strumenti, arricchita
da anni di domande, letture, dialoghi dell’autore con se stesso e con gli amici
stimati (quelli con i quali, scrive Gaccione, conversare è una delle vere gioie
della vita). Ma la ripresa a distanza
temporale significa soprattutto che in questa polifonia, in questo intelletto
estremamente mobile e multiverso, Gaccione non è affatto volubile: torna
anzi sempre su temi che sono per lui delle vere ossessioni - l’ingiustizia, la guerra,
l’utopia, i luoghi e gli oggetti come entità che si caricano dell’anima di chi
li ha abitati. Si vedano i pezzi Cose e beni e L’eterno presente,
che trovano innumerevoli corrispondenze trasversali nei testi poetici. Altre
ossessioni sono l’empatia verso ogni essere senziente, il tempus edax che
tutto cancella, le perplessità contro certo realismo e progressismo d’accatto
che costituiscono l’ideologia dominante: e sempre una fiera resilienza contro
la progressiva disumanizzazione del mondo. Homo sum, humanum mihi nihil
alienum puto, recita la citazione terenziana, da cui parte uno dei pezzi
più profondi del libro. Spesso i contrappunti in prosa sono ancora più lucidi e
scorati di quelli in poesia: non certo perché la poesia funzioni come un feltro
nella sordina del pianoforte, ma perché lo spazio dedicato alla riflessione (e il
tempo che passa) consentono di processare con maggior profondità i problemi,
soprattutto quelli più insolubili e angosciosi. Non è solo edax questo
nostro tempo: per fortuna regala al pensiero una dimensione in più, se sappiamo
farne tesoro.
Un posto speciale nella
riflessione di Gaccione, l’abbiamo detto, occupano luoghi e oggetti. Il
paesaggio letterario si sovrappone a quello naturale, così come i personaggi fittizi
hanno lo stesso impatto esistenziale sull’autore di amici reali. Questo per una
ragione profonda: l’intera esperienza umana viene processata nell’interiorità,
scomposta per così dire in elementi emotivi che la rendono speciale. Non conta
la realtà sensibile, ma il suo senso. Per la stessa ragione, sostiene l’autore
citando Oscar Wilde, la vera realtà è l’utopia. Aggiungo che ogni scrittura
civile in grado di far riflettere e di emozionare, come quella di Gaccione, non
può che fondarsi sull’ossimoro (soltanto apparente) di un “intimismo
estroverso”. Un occhio d’ape che esplora il mondo e una ragione soggettiva che,
come in un movimento diastolico e sistolico, lo filtra e gli dà significato.
Una scrittura, infine, che trova i propri modi - soggettivi e universali - per
restituire al mondo gli esiti sempre provvisori di questo viaggio dell’anima.