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lunedì 8 dicembre 2025

FUGA DALLE URNE MA NON SI CHEDONO PERCHÉ
di Gian Giacomo Migone



Risulta sempre più evidente la contraddizione tra la gravità dellapreoccupante situazione in atto, in Italia come in Occidente, e l’irrilevanza attuale della politica partiticamente intesa. Ma concentriamoci sui problemi di casa nostra. Il governo finanzia una politica che alimenta le guerre in atto, sottraendo i pochi soldi a disposizione dei bisogni sempre più impellenti dei cittadini, mentre si intensificano gli attacchi a garanzie costituzionali quali la libertà di parola e di pensiero, l'indipendenza della magistratura, il ruolo del parlamento. Nello stesso tempo i partiti di opposizione sono impegnati in sfibranti conflitti sulle modalità di confronto con la presidente del consiglio, in casa sua (il caso Atreju), mentre il PD dedica buona parte delle proprie energie a costruire un correntone allo scopo di contenere o ratificare i poteri della propria segretaria in carica. Il popolo sovrano guarda altrove. Ma vi è chi ci aiuta a trovare il bandolo di una matassa essenziale in democrazia, quella delle elezioni. “È poco utile riflettere sul risultato del voto regionale in Campania, Veneto e Puglia partendo dall’astensionismo alluvionale (cfr. “La Repubblica”, 25 novembre, p. 21). Sono parole di Stefano Folli e, quindi, per il suo ruolo di sostenitore indefesso di un campo sempre più largo e il più possibile annacquato, va da sé che bisogna fare il contrario di quanto egli dice. Certo, non possiamo che compiacerci del forte segnale di cedimento di Meloni nel “suo” Mezzogiorno, come anche della capacità del centro sinistra, fondato sull’alleanza Schlein-Conte, di pareggiare i conti con la destra nella recente tornata di elezioni regionali. Tuttavia, resta il fatto brutale che si sono persi quasi altri 2,3 milioni di votanti in questo giro di elezioni italiane. Non mi stancherò di ripeterlo: in Italia, come in tutto l’Occidente, vincono le elezioni coloro che riescono a motivare al voto il maggior numero di astensionisti, ormai maggioranza assoluta o relativa, più o meno dappertutto. Un tempo era più o meno la stessa percentuale di cittadini a recarsi alle urne; negli Stati Uniti il 50-60%, in Italia addirittura si rasentava il 90%. Allora vinceva chi riusciva a guadagnarsi il consenso degli incerti, di solito moderati e centristi. 



Ora non è più così. Tuttavia, non lo hanno capito neanche persone serie e bene intenzionate, quali Romano Prodi, dotato delle rispettabili credenziali di essere stato - ma in altri tempi - il solo a portare per due volte alla vittoria una coalizione di centro sinistra, nonché il suo pesce pilota Arturo Parisi; con un codazzo di ambiziosi leaderini PD, per non parlare dei grandi giornali interessati a collocarli in vetrina. Ne consegue che il problema non è quello di moderare il presunto radicalismo di Elly Schlein, beneficamente liberata - aggiungo io - dai condizionamenti d’oltreoceano come effetto dell'ascesa di Donald Trump. Vince chi motiva al voto il maggior numero di persone altrimenti convinte che recarsi alle urne non vale la fatica. Quindi, lo scontro si radicalizza. Non è un caso se personaggi, forze politiche e apparato mediatico portati all’inseguimento del voto di centro sono parimenti impegnati ad esorcizzare il “cattivo esempio” di Zohran Mamdani, eletto sindaco di New York sulla base di un messaggio politico durissimo, capace di mobilitare un’inedita partecipazione al voto. Altrettanto significativo è il pressoché totale silenzio mediatico che circonda la più recente conquista di Copenhagen - più piccola di New York, ma più vicina a casa nostra - da parte di una coalizione di forze di sinistra ed ambientaliste, guidate dalla novella sindaca, Sisse-Marie Welling, che, tra l’altro, ha segnato una sconfitta del governo socialdemocratico in carica, duramente anti immigratorio.
Ciò che motiva al voto, altrimenti astensionista maggioritario, è la natura del messaggio e la credibilità dell’impegno di chi lo lancia. Nel momento in cui il “Dio, Patria e Famiglia” dei Trump e delle Meloni comincia a mostrare la corda, avendo fatto il pieno di voti identitari, occorrono valori corrispondenti ai sacrosanti interessi di una potenziale maggioranza popolare, nettamente contrapposti a quelli di un’esigua minoranza che, per interposta classe politica, ci governa. Perché una simile intenzione risulti credibile occorre indicare la redistribuzione di risorse necessaria per conseguire più pane, più pace e anche più libertà per tutte e per tutti.