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giovedì 11 dicembre 2025

LA PERDITA DI A-PLOMB
di Luigi Mazzella


 
Il termine a-plomb è nato in sartoria, ma si è espanso, aperto, allargato. Oggi, quindi, se si dice che la Meloni ha perso il suo a-plomb di Presidente del Consiglio di una Nazione importante, il riferimento non è ai suoi abiti troppo ampi per cadere a piombo, ma alla dirittura, alla disinvoltura, alla “classe” che normalmente si richiedono ai vertici politici di uno Stato. La “pulzella della Garbatella” dà l’impressione di voler nascondere l’ascia di guerra forse troppo frettolosamente impugnata per “corrispondere” (in qualche modo) all’attenzione riservatale da Joe Biden (Democratico americano, di cui avrebbe fatto bene a diffidare), abbraccia uno Zelensky sempre più smarrito e pateticamente sconsolato, si limita a dire frasi di circostanza e spesso contraddittorie quando incontra i Governanti di Francia, di Germania e d’Inghilterra (e ciò, per non essere inclusa dai media tra i “volenterosi della guerra”), intuisce la diffidenza (più che giustificata) di Donald Trump (che pur le aveva dato, inizialmente, un certo credito) e avverte addirittura il disprezzo di un leader, “ex amico”, come Viktor Orban. Tutto ciò rende la Presidente sempre più iraconda ed angosciata: inveisce, graduando i toni, anche contro le altre pulzelle d’Europa (Schlein, Von der Leyen, Kallas, Metsola) che pure sono munite, come lei, di ascia di guerra e sono nella sua stessa barca, ugualmente orientata alla pugna; se la prende con i suoi “camerati” che combinano guai a iosa e danno prova di politica sconsideratezza, vede nemici e complotti contro di lei; non sopporta i giornalisti sia della carta stampata sia della radiotelevisione; si innervosisce persino per gli attacchi sui social. La sua rabbia ne farebbe, per Sostakovic (la cui opera ha inaugurato la stagione lirica de “La Scala” di Milano) una Lady Macbeth del distretto periferico-urbanistico 11c (id est: Garbatella). In realtà, la Presidente appare sempre più sola. Le sono rimasti vicino Crosetto e Tajani, il secondo assillato dalle visioni filo putiniane di Berlusconi (come un’ombra di Banco, per passare al dramma shakespeariano) ogni volta che, impettito e soddisfatto lancia i suoi gridi di guerra. Pur non avendo ricambio, con la crescita progressiva delle astensioni, Meloni vede declinare il suo astro.
Eppure è consapevole di non avere rivali neppure nella sua coalizione, avendo la Lega di Matteo Salvini il triste destino di doversi dividere:
a) tra il mite e occhialuto Giorgetti e il pugnace Vannacci, “petto in fuori, pancia in dentro”;
b) tra la cura meticolosa dei risparmi Italiani e il loro destino obbligato alla guerra a sostegno di Zelensky;
c)  tra il modernismo ripetutamente dichiarato e le battaglie personali dell’antiquato generale contri gli anomali del sesso sacramentato e benedetto;
d) tra i riti pagani alle sorgenti del Po e le croci e i “santini” che il leader politico, personalmente spesso esibisce nei comizi.
Con gli avversari e gli alleati che si ritrova, la solitudine della Presidente è senza rimedio. Non è difficile immaginare che se a votarsi resterà da sola con pochi intimi, la vedremo come in un film di molti decenni fa, ballare in riva al mare mentre si avvoltola nei suoi abiti. E gli Italiani? Naufraghi, nuoteranno disperatamente tra onde sempre più minacciose e scure.