LEGGE DI BILANCIO:
ESITO POLITICO di Franco Astengo
L’esito
concreto della vicenda riguardante la legge di bilancio, almeno nella versione
approvata dal Senato (e qui si apre il discorso del bicameralismo) può essere
riassunta in 3 punti: a) un decreto aggiuntivo per
soddisfare gli appetiti della Confindustria; b) la spesa militare ricondotta
nell’alveo della crescita fino al 5% sul Pil come indicato dal piano di guerra
targato Von der Leyen; c) l’evidente sbilanciamento a
favore dei ceti sociali più forti. Scusandomi per la grossolanità
della sintesi credo si debba prestare attenzione agli esiti politici di questa
fase convulsa e tormentata: 1) Si è verificato un ulteriore
passaggio sopravvenienza della "Costituzione materiale" sulla
Costituzione repubblicana. Un passaggio cruciale effettuato soprattutto sotto
l'aspetto della riduzione di quella che un tempo era definita "centralità
del parlamento" (lo ha anche fatto notare con crudezza lo stesso ministro
Giorgetti). Una riduzione nel ruolo del parlamento (elemento non secondario di
una riduzione complessiva nel rapporto politica/società) che si è realizzato
sotto due aspetti: il "salto del dibattito" ponendo la fiducia sulla
decretazione; il concreto ridimensionamento del bicameralismo a monocameralismo
con la seconda camera chiamata in causa (in questo caso quella dei deputati)
semplicemente per "ratificare". Senza voler forzare alcunché è
comunque il caso di richiamare questi passaggi in previsione del referendum
sulla magistratura : i provvedimenti che saranno oggetto del voto fanno parte
dello stesso pacchetto di costruzione di una "Costituzione Materiale"
(già avviato ai tempi delle presidenze Berlusconi e poi in parte stoppata
dall'improvvidezza del tentativo di rafforzamento attuato con la presidenza
Renzi) di accentramento dei meccanismi di governabilità utilizzati per aprire
la strada al presidenzialismo (che nella versione della destra ha assunto la
veste del premierato). Tutta questa partita si tiene e deve essere oggetto del
contendere nel corso della partita referendaria. Se si abbassa il tono e ci si
riduce al fatto tecnico della separazione delle carriere oppure se si invocherà
semplicisticamente una "spallata" verso il governo le possibilità di
spuntarla risulteranno sicuramente ridotte.
2) L'opposizione. Al principio di
questa brutta storia vissuta nelle ultime settimane alcune associazioni di
cultura politica legate alla storia della sinistra italiana e operanti sul
piano nazionale avevano proposto alle opposizioni di non tenere un atteggiamento
"emendatario" ma di adottare uno schema pienamente alternativo
facendo riferimento alla "Controfinanziaria" che ogni anno prepara il
gruppo di "Sbilanciamoci" (cosa avvenuta anche quest'anno con un
documento presentato alla Camera dei Deputati il 4 dicembre) intervenendo così
sugli specifici aspetti sulla base di un progetto complessivo. Questo non è
avvenuto: alla fine per arrivare al ritiro di alcuni provvedimenti del tutto
sballati (e fortemente impopolari) si è dovuto assistere ad un duro scontro
interno alla maggioranza stessa e a interventi "esterni" (quello
della Confindustria prontamente ascoltato con l'emanazione del decreto già
citato). Neppure c'è stata la volontà di intervenire nel dissidio interno che
ha avuto protagonista la Lega che come sappiamo è molto sensibile alla
questione pensionistica. Al riguardo dell'opposizione
rimane da comprendere un punto nodale: se si ritiene possibile un'alternanza a
"bipolarismo temperato" oppure se si pensa, nel 2027, di andare a un
confronto personalistico che oggi come oggi apparirebbe comunque perdente. Insomma: una situazione quanto
mai problematica nella quale si sono posti da parte delle opposizioni evidenze
di nodi non sciolti cui si aggiungono le esitazioni riguardanti la politica
estera. Un quadro non esaltante alla
vigilia di una prova molto difficile come quella del referendum sul ruolo della
magistratura in una democrazia italiana in cui sono in pericolo la Costituzione
e lo stesso principio illuminista della separazione dei poteri.