Nella
storica zona di Porta Garibaldi, a ridosso dei grattacieli, resistono, almeno
per ora, alla furia della demolizione del “vecchio”, singolari e fascinosi
edifici primi Novecento. Li vedi far capolino qua e là, seminascosti fra
anonime e banali costruzioni realizzate per lo più negli anni Cinquanta o giù
di lì. Si tratta di una “architettura” modesta, “veloce” nei tempi di
realizzazione e anche alquanto economica, resasi necessaria ed urgente per
sopperire alla mancanza di alloggi a causa dei bombardamenti della Seconda
guerra mondiale, e dare un tetto a chi l’aveva perso. Il boom degli anni
Sessanta del Novecento avrebbe fatto il resto, badando più alla funzionalità
che alla bellezza, e non del tutto aliena da un intento speculativo. Tutto
l’opposto dei solidi edifici degli anni precedenti la guerra, ancora oggi fieri
della loro robustezza e con corti e giardini interni, anche quelli cosiddetti
popolari.
Dietro c’era un’idea di decoro e di rispetto della dignità degli
abitanti, oltre ad un evidente orgoglio per la propria città. Ricostruire senza
criterio è stata la regola per molto tempo nel nostro Paese in generale. La
furia edificatoria della Milano di oggi sale in verticale, divora ogni spazio
possibile là dove si è reso disponibile dalle dismissioni industriali. Produce
edifici di forte impatto visivo, costosi e alla portata di pochi: fondi anonimi
esteri e ricconi, indifferente ai ceti sociali più poveri e ad un ceto medio
sempre più in difficoltà e costretto a trasmigrare altrove perché la città
merce non è più alla sua portata.
Tra il nuovoardito che li
schiaccia e li sovrasta, a volte affiorano, questi meravigliosi gioielli
architettonici del passato. Si fanno notare come possono, perché il nuovo ha
modificato la percezione visiva di molti angoli della città, e quando avviene se
ne prova una piacevole sensazione. Come accade trovandosi davanti il gradevole
palazzo liberty del numero civico 14 sul Viale Monte Grappa, ora in mano ai
Russi, e dove Berezka ha aperto una Russian Bathhouse.