Il XXVIII Rapporto “Gli Italiani e
lo Stato” 2025, realizzato da Demos
& Pi, ha analizzato le percezioni degli italiani su istituzioni e politica,
evidenziando trend preoccupanti come la scomparsa della classe media (solo il
45% si sente tale) e un crescente consenso verso soluzioni autoritarie, con il
30% che non escluderebbe il fascismo.Tutto
questo secondo i dati di fine 2025. In Sintesi Il XXVIII Rapporto “Gli Italiani e lo Stato” 2025 dipinge un
quadro di crescente fragilità sociale ed economica, con una polarizzazione
delle opinioni che spinge una minoranza significativa verso soluzioni antidemocratiche,
segnando una profonda crisi di fiducia nelle istituzioni e nella democrazia liberale.Si confermano così le analisi che stiamo cercando di
portare avanti da tempo con al centro la modifica del sistema dei partiti e la
crescita esponenziale dell’astensionismo nelle diverse tornate elettorali astensionismo
sul cui fenomeno non ci soffermiamo avendone dedicato all’analisi analitica
molti interventi). La difficoltà italiana è difficoltà sistemica nel suo
complesso (tra le istituzioni e i soggetti politici; tra gli stessi soggetti
politici; tra i soggetti politici e i corpi sociali intermedi; nella formazione
e nell’aggregazione del consenso). Si aggiunge
il presentarsi concreto (dopo diverse avvisaglie) della modifica della forma di
governo, una modifica evidentemente ben inoltrata dentro il tema del
presidenzialismo, che ha assunto la forma del “premierato”. Deve comunque
essere ricordato che la stessa presidenza Conte (in entrambe le versioni
giallo-verde e giallo-rosso), approfittando anche dell’emergenza sanitaria, si
era sicuramente addentrata sul terreno del cambiamento profondo dell’origine
parlamentare della presidenza. Del resto la governabilità per decreto ha avuto
origine, nel sistema politico italiano, molto lontane nel tempo, fin dai primi
anni ’80 del secolo scorso. Serve allora sviluppare alcune considerazioni sullo
stato delle cose in atto nel sistema politico italiano. Da molti anni, in
settori minoritari della sinistra, si sta cercando di insistere sulla necessità
di un’analisi riguardante l’estrema fragilità del sistema politico italiano.
Un sistema fragile
segnato profondamente dal trasformismo. Questa affermazione
rimane, a mio giudizio, più che mai valida in questa fase di movimento e di
affermazione della figura del “Lord (o Lady) protettore /protettrice”.È necessario uno sforzo di riflessione e l’elaborazione di
una proposta politica partendo da un interrogativo: come si sposterà allora, se
si sposterà, il confronto centro destra versus centro-sinistra (che si sta
cercando di forzare in bipartitismo personalizzato ad uso “cerchi magici” per
evitare l fastidio di organismi dirigenti ormai ridotti a clan seguaci del “capo/a”)
e nel centro-sinistra troverà posto il M5S (al riguardo del quale è utile
mantenere un giudizi di ambiguità), oppure lo spostamento d’asse in corso sul
piano del riferimento europeo rimescolerà completamente il quadro?La risposta a questo interrogativo risulterà determinante
anche perché c’è da tener conto che il vuoto in politica non esiste e che il
quadro dei riferimenti internazionali appare molto complesso mentre spirano i
venti di guerra e il vecchio schema dell’atlantismo è stato denunciato da Trump
alla ricerca, nel quadro di una strenua competizione con la Cina, di definire i
termini di un nuovo bipolarismo.È il caso
allora di andare a fondo sul tema della fragilità del sistema attraverso un’elaborazione
autonoma non riferita alla stretta quotidianità del gioco politico.La responsabilità maggiore di questa fragilità spetta,
invece, alla leggerezza con la quale, all’interno del sistema, è stato permesso
al M5S di raccogliere una messe di consensi ottenuti sulla base di opzioni
meramente demagogiche e distruttive senza che si verificasse un contrasto reale
di progetto alternativo.L’effimero
sfondamento attuato dal M5S con le elezioni del 2018 sta pesando enormemente
sullo spostamento d’asse in corso: la debolezza strutturale che ne è derivata
ha aperto la strada a questa strisciante modifica costituzionale e ha
sicuramente aperto la strada all’estrema destra che oggi governa pur in un
quadro di fibrillazione al cui riguardo il centro-sinistra non pare capace di
inserirsi.Questo elemento, della resa verso i
5Stelle nel periodo 2013-2018, è risultato esiziale perché ha consentito che si
inoculassero nel sistema forti dosi di demagogia a livello di riscontro di
massa, cui aveva già concorso il PD nella fase della segreteria (e presidenza
del consiglio) Renzi.Il risultato concreto di
questa fase è stato quella della perdita di circa 5.000.000 di voti validi tra
le elezioni politiche 2018 e quelle 2022. Un mix micidiale: governabilità e
personalizzazione in un quadro trasformista che ha fatto perdere fiducia a
milioni di elettrici ed elettori.
Il risultato dell’intreccio tra governabilità intesa come mero
esercizio del potere e personalizzazione della politica a tutti i livelli è
stato quello dell’emergere del fenomeno della demagogia trasformistica.Una demagogia trasformistica che si è accompagnata alla
crescita delle diseguaglianze e alla sparizione della middle-class: un quadro
di impoverimento generale che ha causato il formarsi di una sorta di alleanza
tra il “ventre molle” della borghesia e l’individualismo competitivo, che alla
fine, ha assunto la veste di una domanda di tipo assistenzialistico-corporativo,
con la perdita di ruolo nell’insieme dei corpi intermedi di mediazione sociale
e politica (come emerge con chiarezza dalle manovre in corso sulla legge finanziaria).L’attuale governo della destra ha enfatizzato questa
demagogia trasformistica tentando addirittura di “ideologizzarla” (riportando
in auge il “Dio, patria e famiglia” e la simbologia para-fascista): una
operazione ambigua perché rivolta a una società frastagliata, separata e
fondata sul consumismo individualista di tipo “competitivo” raccolta soltanto
attorno ai nuovi feticci della comunicazione social.Così non siamo lontani da una antica rievocazione dell’autobiografia
della nazione.Qui risiedono le difficoltà
della sinistra, in ritardo nel riconoscere le contraddizioni reali sulla base
delle quali stava trasformandosi la società italiana e ancora incerta tra
vecchi slogan e ricerche intorno a soggettività ormai definitivamente
tramontate.Il solo contrasto possibile alla
crescita ulteriore di questa demagogia trasformistica che non sia quella della
riduzione dei margini della democrazia repubblicana può arrivare: 1) da una ripresa di
ruolo della Sinistra, da realizzarsi in forme nuove ma solidamente ancorata
alle parti più alte della propria tradizione; 2) dal rilancio
Costituzionale della democrazia repubblicana fondata sulla centralità del
Parlamento, la separazione dei poteri (prestando anche particolare attenzione
al referendum costituzionale sulla magistratura, e sulle limitazioni imposte
alla magistratura di controllo contabile) e il sistema elettorale proporzionale
(proponendo una inversione di tendenza al riguardo del leaderismo anche
attraverso una nuova dimensione dei partiti ad integrazione di massa che
sarebbero chiamati a svolgere regolari congressi e non consultazioni di tipo
plebiscitario attorno ad una errato concetto di “accettazione del leader” come
invece ha sostenutola nuova sindaca di
Genova astro nascente dell’accentuazione personalistica di una funzione
leaderistica posta “sopra” al sistema); 3) la programmazione
economica, lo sviluppo industriale posto all’altezza della sfida dell’innovazione
tecnologica e delle transizioni digitale e ambientale; 4) la prospettiva di
un’Europa alternativa nella quale far valere l’autonomia politica in funzione
della pace; 5) la solidarietà
sociale con una idea di moderno welfare; 6) una funzione
pedagogica capace di riportare in discussione il concetto di egemonia
rifiutando la separatezza tra cultura e politica.
In conclusione mi
azzardo a sostenere che su questi 6 punti (e molto altri) forze sparse della
sinistra, eredi della sua grande tradizione storica anche novecentesca,
avrebbero ancora molto da elaborare e da proporre.