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sabato 13 dicembre 2025

UNA GIOIOSA FATICA
di Federico Migliorati

 
Articolo pubblicato sul settimanale Il Gazzettino Nuovo di giovedì 6 novembre 2025. Lo proponiamo ai nostri lettori su gentile concessione.
 
È un lungo corso in cui spiccano eleganza di forme e profondità di contenuti quello che Angelo Gaccione, scrittore, poeta, drammaturgo, ha posto in essere a far data dall’adolescenza e sino ad oggi nel genere dei versi. Lo si evince da Una gioiosa fatica - 1964-2022 (La Scuola di Pitagora, 160 pagine, 16 euro, con note di Franco Loi, Tiziano Rossi e Fulvio Papi), l’autoantologia curata da Giuseppe Langella suddivisa in dodici sezioni in cui è condensata una produzione vivace e civile, affabulatoria ed epigrammatica, versatile, insomma, com’è nella conformazione culturale dell’autore. Gaccione, che fu tra i protagonisti della stagione dell’impegno nel disarmo a fianco di Carlo Cassola negli anni Settanta-Ottanta, è intellettuale fecondo e attento a quel “rumore continuo della vita”, per dirla con il creatore de La ragazza di Bube, a cui ha sempre prestato orecchio: basterebbe citare “Odissea”, nata su suo impulso nel 2003 e per dieci anni uscita come rivista cartacea per poi continuare in forma digitale e dove sono ospitati nomi illustri del panorama italiano e internazionale. Il suo è uno sguardo sul presente e sul passato, nell’immaginazione e nella realtà, consapevole del valore della letteratura nella società, uno sguardo mai disgiunto dall’attualità: i suoi strali contro gli armamenti e i signori delle guerre, contro gli orrori dei campi di sterminio, le sue crociate in favore di poveri, derelitti, bambini, emigranti, carcerati, vittime della fame e dei conflitti, ma altresì la sua battaglia per l’ambiente, per la salvaguardia degli alberi della sua Acri, contro l’inquinamento, la speculazione edilizia, il malaffare ne fanno uno scomodo e necessario testimone del nostro tempo, alieno a ogni ritirata sotto comode e sicure torri eburnee del pensiero. Si definisce “partigiano”, uomo di “una sola parte”, quella della vita (per tornare a Cassola), come recupera in uno dei versi della raccolta, contro la “cecità dell’Occidente” e “l’uomo infame del mio tempo”. Nel prosieguo degli anni Gaccione ha affilato la sua penna senza tuttavia perdere in incisività ed efficacia: la sua vasta cultura (“nessun libro mi è ostile”), alimentata anche dal confronto costante con altri poeti e scrittori, si palesa nei rivoli di versi dedicati a Milano, città d’adozione “amata-odiata”, “mia città mio cuore”, dove vive dagli anni Settanta e di cui conosce ogni anfratto, così come alle innumerevoli località che ha toccato, per diletto o per lavoro, in Italia e altrove e di cui il libro in oggetto fa menzione. Una poetica forte e battagliera che va di pari passo con una scrittura più lirica là dove titilla il proprio cuore, negli affetti familiari e amicali (deliziosa la simil ode all’indimenticabile sacerdote-poeta David Maria Turoldo con cui fu sempre in simbiosi), nei rimandi a un’epoca di gioventù o a refoli di una gioia leggera (“Balcone spalancato sfido le ombre/ in agguato e danzanti…”, “lascia che ancora e sempre ti ricordi, /col canto lieto e vivo nella gola”). Le ultime composizioni, risalenti al 2022 e di sapore buzzatiano, sono incistate di un’ironia graffiante che nulla toglie in lucidità di osservazione e di giudizio, quasi sessant’anni dopo i versi adolescenziali. Il pensatore Gaccione, che misura con la letteratura e la poesia, la civiltà del nostro tempo, c’è ancora spazio per un’etica del fare e di un nuovo umanesimo: del resto “sono sempre partito dall’uomo/ e nulla mi ha più interessato/ quanto il suo cuore”.