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sabato 18 aprile 2015

Ma non è un midrash e neppure una parabola


Un tempo, nell'era cristiana, le parole evocavano. Oggi, nella stagione pagana, le parole si vendono. Fattoidi invece di fatti; e, invece degli avvenimenti, evenimentoidi.  Alle conventions di queste politiche le parole possono anche essere distribuite gratis, moltiplicando i pani, i pesci e i boccaloni. Ha ragione Aldo Bonomi: comprare Prada non è entrare al Centro Commerciale, ma partecipare alla celebrazione di un rito. Più evidente la cosa con Kindle (che uso volentieri) e con Apple. Lo sputtanamento delle religioni monoteistiche ha rimesso in onda le superstizioni settarie, timide o aggressive: i testimoni di Geova, qualche nuova confessione protestante che non protesta più e aggirandosi per l'Africa e il Sudamerica si dedica alle diete vegane a kilometro zero, il merkelismo in Germania e il renzismo, dopo l'Urberlusconismo, nel Bel Paese. Il mondo è sparito, finalmente dissolto dal capitalismo finanziario e consumistico che lo ha reso tutto rappresentazione pubblicitaria. Le parole si vendono. Le auto si vendono. Le bionde (in carne, poca, ed ossa, non le sigarette di contrabbando) si vendono, i vuoti si vendono e con le primarie abbiamo importato dal Nuovo Mondo le pesche di beneficenza elettorali. I politici si sono rapidamente trasformati in piazzisti. Nelle prossime cabine elettorali ceri ed incensi. Il solito ebreo lungimirante, disincantato e ironico, aveva predetto la metamorfosi del capitale in religione. Poi, fedele all'Altissimo, si è suicidato, anche perché braccato dal paganesimo sanguinario dei nazisti.
Un caso che tutti "questi" movimenti di massa adottino divise, simboli, parole e riti di iniziazione, magie? Provate a pensare il Balilla mussoliniano come chierichetto della Nazione e avrete l'inconsistenza del rito italico. Dunque la nostra è solo controstoria? Nessuna liturgia è fin qui riuscita a farci popolo? La globalizzazione ci ha fatti consumatori globali, e in questo siamo simili ai francesi, agli inglesi, ai tedeschi, ai greci e ai thailandesi. Ma la cittadinanza globale non esiste. Cittadini lo siamo tutti ancora di una nazione, a qualsiasi latitudine terrestre. Siamo noi -non gli operai defunti- la "rude razza pagana".
Si può andar dietro a un vitello d'oro toscano che s'è rapidamente piazzato nel tempietto di Palazzo Chigi? Si può; sapendo che di idolo (gli idoli non sono sempre necessariamente malefici) si tratta.
 Anche nei Paesi africani in via di sviluppo persistono gli animisti e i loro riti. Gli animisti nei loro riti si sono pure meticciati con le grandi religioni monoteistiche.
Contro le neosuperstizioni non funzionano né l'anatema né l’iconoclastia: basta – ma ci vuole – l'ironia. Perché l'ironia mette al primo posto la critica, figlia di Analisi. Il tifo viene dopo.
E le religioni in vigore dopo il tracollo delle Ideologie celebrano le liturgie pacchiane del tifoso-consumatore. Molto più enfatico e boccalone del patetico tifoso del Grande Torino. L'ateismo è sempre propedeutico a una fede seria. I nuovi sacerdoti e le nuove vestali lanciano le mode, i colori liturgici, così come la Standa o la Rinascente propongono la fiera del bianco. Ma la grande prostituzione è il mercimonio della parola.
Che oggi twitta e cinguetta come chi sta sull'albero, mentre la parola aveva e conservava profonde radici. Ricordate il tonante David-Maria Turoldo? E il frate servita Camillo De Piaz? Come Camillo "distillava" la parola! La esponeva dopo averla a lungo coltivata nelle nuove catacombe. Mai nessuna sua parola fu venduta. Mai. La sua parola fissava l'attenzione mentre la parola pubblicitaria la svia per indurti comunque all'acquisto.
Un tempo le parole erano prigioniere di pochi: sequestrate.
Adesso girano il mondo in accappatoio e a bischero sciolto. Non dicono, ammiccano. Non sorridono: sogghignano. Anche quelle giovani, anche quelle messe in bocca dal nido d'infanzia. Se compri e quando compri, compri falsità e patacche. Fattoidi. Spettacoloidi.
Com’erano più veri Aristofane e Plauto e perfino i gladiatori...
Evenimentoidi. Questo capitalismo ha tutto avvolto di cellophane e falsità e ha ristrutturato l'intero mondo -anche gli oceani, i vulcani, i polli, i pioppi, i gelsi e le vacche- intorno all'Avidità. Nei torrenti che discendono dal Monviso scorre l'invidia sociale.
Eppure l'eresia illuministica ci aveva provato. Aveva scritto sulle belle bandiere Liberté, Egalité, Fraternité.
Avendo perso per strada l'ultima parola ha scialacquato l'intero discorso. Aveva ragione Freak Antoni. Avevano ragione quei matti degli Skiantos bolognesi: Liberté, Egalité… bidé. Non più un’agape fraterna, ma il talkshow.
Perfino il grande Papa deve esibirsi la domenica ex finestra recitando l’Angelus, che deve includere le previsioni del tempo. Adesso tutti credono di avere la parola: nessuno più la dice o la pronuncia; tutti la masticano come gomma americana. L'uso e l'abuso (pilotati da sopra e da fuori) degradano. Quanto distanti da te padre Camillo De Piaz, e dai tuoi artigianali alambicchi! Renzi e i suoi e i loro analoghi worldwide parlano sempre loro e parlano di tutto.
A quando la saturazione dei peccatori pentiti? Quando finalmente il Figliuol Prodigo sarà sazio di ghiande? Lo so: questo non è un midrash  e neppure una parabola, non c'è un angelo con me, ma devo provarci. Dopo la quaresima di Mario Monti stiamo provando nel Bel Paese con il carnevale. È democratico il carnevale, multietnico come a Rio, accoglie anche gli emarginati del Gay Pride. Ma puzza di falso e di morte.
Ho voglia di piedi scalzi e di vento, di acqua di fonte e di pane e formaggio. Qualcuno spenga la luminaria per favore. E con essa i suoi fantasmi. Datemi notte! Né voglio aspettare un altro giorno. Quel domani non m'importa perché non sono neppure Rossella O'Hara.
È possibile una leadership temporanea del silenzio? Una quaresima da atei? O devo tornare da mia madre?...
Giolitti almeno quando scriveva alla figlia era sincero. Non cercavo le riforme, ammetteva. Ho fatto il sarto, e siccome il Paese era gobbo, gli ho cucito un abito da gobbo.
Serve nascondere la gobba? Non racconto mai barzellette al funerale.
Sto lontano adesso dai funerali e guardo dal balcone i bambini che giocano in piazza Petazzi. Guardo anche i voli delle rondini, le pazze migratrici africane. Confesso senza vergogna che qualche volta mi si inumidiscono gli occhi. E comunque, anche sul balcone, so di avere i piedi per terra. È ancora vero che da Prada non si compra ma si celebra un rito.
Io non ci avevo proprio pensato: la Leopolda di Firenze come Medjugorje. Dai due luoghi incomincia una diversa latria.

Giovanni Bianchi