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mercoledì 8 luglio 2015

CHE CUORE AVETE?
Il fenomeno degli abbandoni ritorna ogni estate. 
Pubblichiamo questo scritto dell’Enpa
e un racconto spietato di Angelo Gaccione che troverete nel libro
“L’orologio di mastro Hanus” in corso di stampa.
Brando

"Da anni le campagne Enpa antiabbandono sono un appuntamento fisso dell’estate: ci piacerebbe non fossero più necessarie, ma, alla luce dei fatti, siamo ancora lontani da quel momento. Ogni fine estate, infatti, il bollettino degli animali abbandonati conferma la triste realtà di un fenomeno che non cessa di verificarsi. Ecco allora che il compito della Protezione Animali è di continuare a fare appello alla coscienza etica e morale delle persone, lanciando costantemente il messaggio antiabbandono, invitando a riflettere su tutte le implicazioni di un tale gesto, cercando di presentarlo da più angolazioni e provando strade diverse. Proprio per questo ci affianchiamo, ancora una volta, a Firmiamo.it per promuovere un’ambiziosa petizione, pensata ad hoc, contro l’abbandono e il conseguente fenomeno del randagismo di tutti i tipi di animali."
Arriva l’estate e all’improvviso quello che era un fedele compagno di vita, magari messo sotto l’albero qualche mese prima tra i regali di Natale perché sembrava un tenero peluche, diventa solo un enorme peso che non diverte più nessuno. La priorità nelle menti stressate dalla vita quotidiana è la vacanza e quel batuffolo a 4 zampe viene visto come l’ennesimo ostacolo insormontabile tra noi e l’ombrellone. Così viene abbandonato sul bordo di una strada, in un parco, all’autogrill, come un oggetto rotto che non serve più e che non sentirà la nostra mancanza.
“Chi abbandona si abbandona” è il claim della campagna Enpa contro questo vergognoso e dilagante fenomeno che non ha dati ufficiali in quanto di molti poveri animali viene persa ogni traccia una volta lasciati soli al mondo. Nel 2012 il Ministero della Salute ha provato a fare delle stime, rilevando una presenza di randagi compresa tra 500mila e 700mila esemplari e oltre 104mila ingressi nei canili sanitari di animali abbandonati. Ma il quadro dell’orrore non è ancora completo: insieme ai cani infatti, anche gatti, conigli, cavie e animali esotici sono vittime silenziose che non devono essere dimenticate. L’abbandono è un’azione spregevole con cui l’uomo si prende gioco della vita degli animali, un atto di elevata inciviltà nonché un reato punibile dalle legge con l'arresto e un'ammenda da mille a diecimila euro. L’abbandono degli animali è una vergogna che deve essere fermata, facciamoci sentire affinché tutto ciò non accada mai più.
(Enpa)

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WOLF
 Un toccante racconto di Gaccione
La copertina del libro

L’anno scorso scappai dal canile comunale perché ero tenuto segregato. Vivevo senza aria in un gabbiotto stretto e buio che mi soffocava. Il mio padrone mi aveva abbandonato in piena estate su un’autostrada torrida. Era stato un vero inganno. Eravamo fermi in un’area di sosta: lui sonnecchiava disteso sul sedile, mentre io mi godevo un pezzo di pollo arrosto. Improvvisamente vidi la macchina del mio padrone allontanarsi veloce. Pensai si fosse dimenticato di me e subito mi misi a correre dietro l’auto abbaiando, con la speranza di richiamare la sua attenzione, per avvisarlo che ero rimasto a terra. Lo seguii finché mi fu possibile, ma non si fermò. Un camion mi sfiorò e temetti per la mia vita; ero stanco e frastornato dagli strilli dei clacson e l’asfalto bruciava. Mi arresi, non avevo altra scelta. Annusai ogni palmo di terra ma le macchine non lasciano traccia di uomini. Nelle narici continuavo ad avere l’orrendo puzzo di benzina bruciata, di nafta, di gas, di catrame. Ogni tanto costeggiavo quella infinita distesa, sperando che il mio padrone tornasse indietro a riprendermi. A volte mi sporgevo dal guardrail e cercavo di mettere a fuoco le macchine, ma sfrecciavano così veloci che il vento mi faceva lacrimare gli occhi e non vedevo più nulla.
Vagai per giorni affamato e disperato, prima di giungere nel mezzo di una radura dove trovai un casolare che mi pareva abbandonato. In realtà vi abitava un uomo di mezza età; non mi ispirava alcuna fiducia, ma ero talmente affamato e stanco che lo guardai con due occhi supplichevoli sperando di farmelo amico. Quando si avvicinò con una scodella di cibo, tornai a sperare che gli uomini avessero anche loro conservato un’anima come noi cani.
Mangiai a sazietà e mi rifocillai ben bene, dopo giorni di duro vagabondaggio. La sera finalmente potei dormire sotto un tetto caldo e sicuro. Dentro di me, il volto dei miei padroni non riusciva a cancellarsi; soprattutto quello del piccolo Bill, che aveva giocato con me per i tre anni in cui avevo fatto la guardia al suo lettino.
Avevo ancora un filo di speranza, e con questa speranza mi addormentai. Solamente al mattino mi accorsi del tradimento. Mi trovai con una robusta catena legata al collo e con le zampe impastoiate. Mi lamentai supplicando, ma l’uomo rimase indifferente. Quando arrivò il furgone capii che la mia sorte era segnata.
Il canile in cui fui portato somigliava ad una galera.
Per tutto il tempo che vi rimasi, mi resi conto che nulla è più importante della libertà.
Un cane può sopravvivere con poco cibo, ma non gli è possibile vivere se gli manca la libertà.
È per questo che da quel giorno non pensai che di fuggire.
Ora sono qui, lontano dalla malvagità degli uomini.

[Milano 20 gennaio 1994]