Quanti
Rosselli ho conosciuto nella mia vita?
di Fabrizio Sebastian Caleffi (*)
Aldo Rosselli |
Fabrizio Sebastian Caleffi, ricorda Aldo e Amelia Rosselli
Ho
conosciuto il primo Rosselli sui banchi delle elementari, a Milano,
alla Moscati, al Sempione. Diventanno presto amici, frequentavamo
l'uno la casa dell'altro: lui, forse svizzero-ticinese, forse
potestante, almeno così mi par di ricordare, abitava dalle parti di
via XX Settembre, in un villone da diplomatici affacciato sulla
strada dì quelle che alla fìne degli anni Cinquanta si chiamavano
le
peripatetiche.
Aveva una sorella e fu la prima delle tante sorelle di amici di cui
m' innamorai. Non si chiamava Valentina, me lo ricorderei, come la
Valentina Rosselli di cui ci appassionammo tutti noi giovanissimi
lettori à
la page
sulle pagine di Linus, anni dopo. Era, la Bella, una Valentina
disegnata da Guido Crepax: ora sto scrivendo proprio sotto la tavola
originale con il nudo della Rosselli che mi regalò il Maestro di via
De Amicis e che fìgura, facendo una bellissima fìgura, in copertina
del mio romanzo veneziano “Il
Parto
del Leone”.
F. S. Caleffi |
Procedendo di Rosselli in Rosselli, si arriva ad Aldo. Gli anni
Ottanta ce li bevevamo allegramente; l'editore di una rivista
letteraria, “Tabula”, corteggiava la mia prima moglie: in tre,
approdammo un'estate ad Haitì, meta da me suggerita sulla scorta dei
Commedìanti
di
Graham Greene così ben descritti dal cattolico inglese dedito alla
roulette russa nell'omonìmo romanzo, da cui è stato tratto un fìlm
non indegno della fonte; nella più infelice delle isole felici, dove
raccolsi materiale per il poemetto “Le cochon reticent” che avrei
poi pubblicato a Parigi nel volume “Metropotamie”,
conobbi Baby Doc, il fìglio del Baron Samedi Duvalier narrato da
Greene. Al ritorno in Europa, l'editore di cui sopra mi presentò a
Roma Aldo Rosselli. Conversando con Aldo, scrittore che pareva
inventato da Moravia, mi resi conto che ero stato precedentemente
presentato a sua cugina Amelia, la poeta. Parlammo di lei e della sua
tragica mania di esser controllata dalla Cia. Mai Aldo ne avrebbe
fatto la protagonista di un roman
à clef che
gli avrebbe dato vasta fama.
Amelia Rosselli |
Eppure Rosselli sarebbe stato in grado
di raccontare Amelia come Saul Bellow ha saputo fare con Delmore
Schwartz nel “Dono
dì Humbolt”.
Ma della notorietà Aldo Rossellì sapeva che farsene meno che della
cravatta: se ne infìschìava, se ne impippava, al limite se ne
fotteva (ìl suo antifascismo congenito gli inbiva l'uso
dell'espressione “me ne frego”). Si sforzò tutta la vita,
riuscendoci, di esser migliore della sua opera. Che, riletta oggi o
letta per la prima volta, come vi consiglio di fare, darà la misura
dì quanto sia stata, l'una e l'altra, l'opera e la vita, di misura
ampiamente superiore alla mediocrìtà. Mazel
tov.
ALBUM
Alcune rare e preziose foto dell'Archivio Caleffi
1978 Premio Cave di Poesia Nel folto gruppo oltre a Caleffi, si riconoscono i poeti Vito Riviello, Maria Luisa Spaziani, Amelia Rosselli, Luigi Amendola, e tanti altri. |
Caleffi bambino con la mia mamma, la principessa Anthos,
sotto ad un olio del padre, il principe Getulio Valentin
|
*Fabrizio
Caleffi, scrittore, commediografo, attore, regista, poeta,
sceneggiatore,
presidente della Gìurìa degli Aldo e Amelìa
Rosselli awards, giunti alla seconda edizione