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domenica 12 luglio 2015

Quanti Rosselli ho conosciuto nella mia vita?
di Fabrizio Sebastian Caleffi (*) 

Aldo Rosselli

Fabrizio Sebastian Caleffi, ricorda Aldo e Amelia Rosselli


Ho conosciuto il primo Rosselli sui banchi delle elementari, a Milano, alla Moscati, al Sempione. Diventanno presto amici, frequentavamo l'uno la casa dell'altro: lui, forse svizzero-ticinese, forse potestante, almeno così mi par di ricordare, abitava dalle parti di via XX Settembre, in un villone da diplomatici affacciato sulla strada dì quelle che alla fìne degli anni Cinquanta si chiamavano le peripatetiche. Aveva una sorella e fu la prima delle tante sorelle di amici di cui m' innamorai. Non si chiamava Valentina, me lo ricorderei, come la Valentina Rosselli di cui ci appassionammo tutti noi giovanissimi lettori à la page sulle pagine di Linus, anni dopo. Era, la Bella, una Valentina disegnata da Guido Crepax: ora sto scrivendo proprio sotto la tavola originale con il nudo della Rosselli che mi regalò il Maestro di via De Amicis e che fìgura, facendo una bellissima fìgura, in copertina del mio romanzo veneziano “Il Parto del Leone”. 

F. S. Caleffi

Procedendo di Rosselli in Rosselli, si arriva ad Aldo. Gli anni Ottanta ce li bevevamo allegramente; l'editore di una rivista letteraria, “Tabula”, corteggiava la mia prima moglie: in tre, approdammo un'estate ad Haitì, meta da me suggerita sulla scorta dei Commedìanti di Graham Greene così ben descritti dal cattolico inglese dedito alla roulette russa nell'omonìmo romanzo, da cui è stato tratto un fìlm non indegno della fonte; nella più infelice delle isole felici, dove raccolsi materiale per il poemetto “Le cochon reticent” che avrei poi pubblicato a Parigi nel volume “Metropotamie”, conobbi Baby Doc, il fìglio del Baron Samedi Duvalier narrato da Greene. Al ritorno in Europa, l'editore di cui sopra mi presentò a Roma Aldo Rosselli. Conversando con Aldo, scrittore che pareva inventato da Moravia, mi resi conto che ero stato precedentemente presentato a sua cugina Amelia, la poeta. Parlammo di lei e della sua tragica mania di esser controllata dalla Cia. Mai Aldo ne avrebbe fatto la protagonista di un roman à clef che gli avrebbe dato vasta fama. 

Amelia Rosselli
Eppure Rosselli sarebbe stato in grado di raccontare Amelia come Saul Bellow ha saputo fare con Delmore Schwartz nel “Dono dì Humbolt”. Ma della notorietà Aldo Rossellì sapeva che farsene meno che della cravatta: se ne infìschìava, se ne impippava, al limite se ne fotteva (ìl suo antifascismo congenito gli inbiva l'uso dell'espressione “me ne frego”). Si sforzò tutta la vita, riuscendoci, di esser migliore della sua opera. Che, riletta oggi o letta per la prima volta, come vi consiglio di fare, darà la misura dì quanto sia stata, l'una e l'altra, l'opera e la vita, di misura ampiamente superiore alla mediocrìtà. Mazel tov. 

ALBUM
Alcune rare e preziose foto dell'Archivio Caleffi

1978 Premio Cave di Poesia
Nel folto gruppo oltre a Caleffi, si riconoscono i poeti Vito Riviello,
Maria Luisa Spaziani, Amelia Rosselli, Luigi Amendola, e tanti altri.


Caleffi bambino con la mia mamma, la principessa Anthos, 
sotto ad un olio del padre, il principe Getulio Valentin

*Fabrizio Caleffi, scrittore, commediografo, attore, regista, poeta, sceneggiatore, 
presidente della Gìurìa degli Aldo e Amelìa Rosselli awards, giunti alla seconda edizione