MILANO. ANCORA SUGLI
SCALI FERROVIARI
di Jacopo Gardella
Lo scalo ferroviario di San Cristoforo |
L'articolo di Giancarlo Consonni
sugli Scali Ferroviari comparso su "Arcipelago" n. 17 anno 2017 contiene un
concetto originale ed avvincente: il concetto di "Infrastrutture della
socialità" ossia l’immagine di luoghi aperti al pubblico e concepiti per
favorire costanti ed intensi rapporti sociali fra gli abitanti dei futuri Scali
Ferroviari. Questo
concetto non compare nei progetti presentati dai cinque Studi di Architettura
incaricati dalle Ferrovie di progettare la sistemazione dei sette Scali ormai
liberi e disponibili. Eppure fra le varie categorie di infrastrutture queste
sono di tutte le più importanti; indispensabili ad assicurare la vita di un
quartiere. Gli Scali
destinati ad essere occupati da nuove costruzioni non vanno intesi come un
prolungamento della edilizia esistente intorno a loro ed addossata lungo i loro
confini; ma vanno al contrario concepiti come pezzi autonomi di città, come
porzioni urbane connotate da una loro propria e personale fisionomia.
All’interno di questi pezzi di città le “Infrastrutture della socialità”
diventano il fulcro primario, il centro vitale, il cuore pulsante dell'intera comunità di residenti. Tuttavia per poter garantire a queste infrastrutture una
esistenza reale ed una funzionalità sicura occorre che esse siano accolte in
uno spazio fisico ben delimitato e che siano individuabili facilmente e
rapidamente. Quale sarà mai questo spazio se non la tradizionale ed
insostituibile vecchia piazza del paese? Dotata dei servizi più aggiornati e
rinnovata per rispondere alle esigenze più recenti la piazza è il luogo dove si
tende naturalmente a confluire, ad incontrarsi, a conversare. Essa diventa il
volano indispensabile per conferire ad ogni Scalo una propria fisionomia
particolare, un proprio carattere personale: e per infondere nei suoi abitanti
la consapevolezza di trovarsi a casa loro, di essere accolti in un ambiente a
loro conosciuto e familiare.
Milano avvelenata dallo smog |
I sette
Scali dovrebbero trasformarsi in altrettanti quartieri, ognuno con una propria omogeneità architettonica ma ciascuno diverso e distinguibile dagli altri sei. Ciò che
rende vivace e gradevole una città – e tanto più gradevole quanto più la città è grande – è
la varietà delle sue diverse parti, la differenza delle sue ben distinte zone. Percorrere
la rete stradale ed attraversare scenari urbani omogenei al loro interno ma non
confondibili tra loro è una avventura eccitante, avvincente, stimolante che non
lascia posto alla noia, alla stanchezza, alla monotonia. Ci si
domanda ora: chi sono gli abitanti che occuperanno i sette Scali diventati
sette vivaci ed appetibili quartieri? Ai progettisti il Comune non ha indicato
nessuna precisa destinazione d'uso, ad al Comune i progettisti non hanno
proposto nessuna particolare categoria di residenti. Una lacuna sconcertante.
Eppure esiste a Milano una via da imboccare con coraggio, senza esitazioni, con
piena consapevolezza della sua validità. Questa via è la residenza sociale, il
"social housing", la casa a
prezzi abbordabili perché non dettati dal libero mercato ma concordati dai tre
soggetti coinvolti di diritto nella operazione: il Comune, i costruttori, gli abitanti.
La via
indicata qui sopra non è come ad alcuni può sembrare né utopica né
irrealistica; ed il risultato che ci si attende non è né incerto né avventato.
L'operazione infatti parte da un assioma che le Autorità tentano di eludere e
fingono di non vedere. La proprietà dei terreni non è né delle Ferrovie né del
Comune: è dello Stato. La Stato cento anni fa aveva acquistato i terreni e li
aveva destinati al trasporto pubblico; ora che il trasporto pubblico non ne ha
più bisogno, lo Stato torna ad essere proprietario di quegli stessi suoi
terreni e li destina ad uso residenziale. Uno Stato civile e responsabile è tenuto
a concedere gratuitamente i propri terreni sia che intenda attuare il servizio
di trasporto per i cittadini sia che voglia provvedere alle residenze per la
popolazione: sono due doveri altrettanto imperativi. Se vale la necessità
imprescindibile di creare una rete di collegamenti vale ugualmente l'urgenza
primaria di fornire l’uso di una casa. Il terreno che non serve più alla
vecchia funzione di trasporto può essere legittimamente trasferito alla nuova
destinazione abitativa con il tassativo impegno tuttavia che sia unicamente ed
esclusivamente residenza sociale.
La pretesa
delle Ferrovie dello Stato e del Comune di spartirsi il plusvalore dei suoli
maturato negli anni per effetto della crescita urbana è una pretesa infondata e
insostenibile. È anche una pretesa grottesca, come ha rilevato il direttore di
questa rivista quando ridicolizza il comportamento dello Stato che si scontra
con se stesso; e quando trova inaudito che un Ente Pubblico come le Ferrovie
pretenda di spartire un immeritato profitto fondiario con un altro Ente
Pubblico come il Comune: a scapito dei cittadini lasciati privi di casa.
Giacché
occorre riconoscere senza ipocrisie che l'edilizia prevista sui sette scali
sarà regolata dagli esosi e per molte persone insostenibili prezzi del mercato
immobiliare. La piccola porzione di edilizia economica imposta in ogni Scalo è
solo una pudica foglia di fico usata per nascondere l'impudicizia della
dilagante speculazione edilizia.
Molte
categorie di cittadini che in tempi non lontani erano ancora benestanti si
trovano oggi in condizioni di dolorosa ristrettezza. Il fatto non stupisce. È
noto che in Italia le tasse sono tra le più alte d'Europa, gli stipendi sono
tra i più bassi, le Banche sono tra le più esose, i prezzi delle case sono
saliti alle stelle. Un normale impiegato, piccolo professionista, artigiano,
funzionario di rango intermedio non riesce a far tornare il proprio bilancio
familiare. Per ridurre la spesa indicata sotto la voce casa è costretto a uscire
dalla città e trovare alloggi a prezzi accessibili nelle cittadine del
territorio circostante. Ciò significa che ogni mattina ed ogni sera deve
affrontare in auto o in treno un lungo viaggio di andata e di ritorno per
raggiungere il posto di lavoro. Enorme consumo di tempo, di fatica, di salute;
enorme riduzione della produttività nazionale e quindi enorme danno per
l'intero paese.
Le autorità
milanesi (Sindaco, Assessori, Consiglieri) si compiacciono di ribadire che gli
Scali Ferroviari sono una occasione unica ed irripetibile per la Città di
Milano e per il suo futuro sviluppo. Se
effettivamente ciò è vero le Autorità dovrebbero essere più coerenti con quanto
vanno dicendo e proporre una soluzione inattesa e straordinaria; prendere una
decisione coraggiosa e risolutiva: assegnare ad edilizia sociale non una
piccola quota ma tutta la volumetria prevista negli Scali. Sarebbe un gesto
esemplare di cui vantarsi di fronte all'Italia e all'Europa intera, una
ammirevole dimostrazione di lungimiranza politica e di solidarietà sociale; un
aiuto concreto dato là dove esiste un
bisogno reale, urgente, vitale.
Tre sono le
grette e meschine obiezioni con cui si cerca di ostacolare il progetto: la
prima è di natura economica, la seconda di natura classista, la terza di natura
giuridica.
La obiezione
di natura economica sostiene che mancano i finanziamenti per una operazione
così deliberatamente non speculativa. La risposta è immediata: i finanziamenti
si trovano se soltanto ci impongono le seguenti condizioni: ridurre gli
sprechi, gli errori, le evasioni di cui si hanno deplorevoli e continui esempi
le nostre Amministrazioni Pubbliche; realizzare progetti funzionali cioè esenti
da errori di progettazione e da sprechi di esecuzione; riconoscere ai
costruttori un guadagno ragionevole ed equo; considerare nullo il costo del
terreno che appartiene allo Stato e che lo Stato ha il dovere di trasferire
gratuitamente dal settore dei trasporti al settore delle costruzioni; ed infine
esigere dal Comune la rinuncia più che doverosa all'incasso degli oneri di
urbanizzazione; se tutto ciò viene messo in atto il programma di edilizia
sociale può facilmente essere avviato.
L'obiezione
di natura classista sostiene che i quartieri di edilizia sociale diventeranno pericolosi
ghetti di miseria e di malavita. Obiezione avanzata e sostenuta in totale mala
fede perché i quartieri saranno al contrario ordinati e dignitosi: coloro che
li andranno ad abitare non sono pezzenti ma persone civili; non sono miserabili
ma gente educata; non sono sfaccendati ma lavoratori seri sui quali la crisi
economica è piombata con drammatica violenza.
La obiezione
di natura giuridica riguarda la proprietà degli Scali. Occorre chiarire se a
tutt’oggi è maturato un diritto di usucapione che autorizzi le Ferrovie a
considerare di sua proprietà il terreno degli Scali oppure se è imponibile alle
Ferrovie l’obbligo di restituzione e la rinuncia ad ogni diritto su di una
proprietà avuta in uso gratuito per uno scopo specifico ed ora non più necessaria
allo scopo originario. La questione è seria ed appassionante; rientra nella
disciplina del Diritto Amministrativo; occorre che si affrontata dagli alti organi della Magistratura Statale
più che Regionale. Di fronte a
questi problemi che sono molteplici, appassionanti, impegnativi, perché nessuno
si muove? Che Milano si svegli e li affronti con coraggio!