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martedì 23 gennaio 2018

Libri
LO ZONISTA
di Angelo Gaccione

Mario Sodi

Non so se il dizionario Zingarelli e l’Accademia della Crusca hanno registrato la voce “zonista”, se non l’hanno fatto devono al più presto provvedere, perché ora con il romanzo di Mario Sodi, questo termine è divenuto concreto, significativo, connotativamente pregnante, denotativamente ricco. È sempre la realtà e il bisogno di una sua definizione a creare la lingua, anche se spesso è la lingua a mistificarla. Prendiamo il caso della Olivetti, sì, la celebre azienda che ha portato sulle scrivanie di tutti gli uffici e di quelle di tutti i giornalisti e scrittori macchine da scrivere di ogni tipo e di ogni foggia, comprese quelle piccoline portatili, la Lettera 22 che è divenuta quasi mitica e che è diventata una vera icona montanelliana. C’è una foto del noto giornalista toscano seduto su una pila di libri e giornali, ha addosso il pastrano, il cappello in testa e sulle ginocchia la Lettera 22 Olivetti su cui batte molto concentrato. Forse è all’interno di un’ Aula giudiziaria e sta stendendo una cronaca, o almeno di questo la foto dà l’idea. Ne ho viste di epoche diverse in vari luoghi e musei e ho ancora davanti agli occhi quella dell’amico Morando Morandini, una Lettera 32 su cui ha continuato a battere imperterrito fino alla morte e non so dove trovasse i nastri, sempre più sbiaditi, e che a me, che dovevo ripassare i testi sul computer per “Odissea”, creavano problemi di decifrazione. Anch’io ero molto affezionato alla mia, mi costò a suo tempo buona parte dello stipendio che guadagnavo, ma mi permise di battere la tesi di laurea che mi sarebbe costata tre volte tanto se l’avessi affidata alla copisteria che era di fronte  all’Università Statale di via Festa del Perdono. Ogni tanto mi capita di adocchiarla nello scaffale de “La Carboneria” (e così che gli amici hanno battezzato il mio deposito di libri e dove custodivamo le copie cartacee di “Odissea”), chiusa nella sua custodia a cerniera, e ne provo nostalgia. Perché ero giovane, perché su quei tasti ho battuto una marea di scritti, ma soprattutto perché era molto intelligente e scriveva solo quando aveva qualcosa da dire. Da questo punto di vista non si è mai lasciata addomesticare. 

Indro Montanelli con la sua Lettera 22

Ma abbandoniamo queste divagazioni e torniamo alla Olivetti intesa come azienda. La necessità di diffondere capillarmente porta a porta e in ogni dove le sue macchine, attraverso un esercito di venditori e di piazzisti, ha fatto nascere il termine zonista. Lo zonista, all’interno dell’organigramma dei venditori Olivetti, è colui che ha a disposizione una zona da battere per la sua merce da proporre, far vedere, illustrare nelle sue prestazioni, lasciare in deposito al cliente per qualche giorno e poi ritornare alla carica per l’affondo finale, l’opera di convincimento definitivo per l’acquisto. La zona del zonista (l’allitterazione suona bene) è rigidamente delimitata e non è possibile sconfinare. Esiste una gerarchia di zonisti ed esiste una gerarchia topografica, sociale ed economica delle zone. Va da sé che agli ultimi arrivati, agli sfigati, vengono assegnate le zone meno redditizie e meno favorite. Quanto scarpinare, quanto fiato da sprecare, quante strategie di imbonimento e quanta dialettica, recita, infingimento siano necessari e da mettere in campo, ognuno può immaginarlo. Ma se la necessità è portare il pane a casa, si capisce come machiavellicamente il fine giustifichi i mezzi, dal momento che la necessità non conosce legge, come recita il famoso adagio. Di questa materia è fatto il romanzo del poeta senese Mario Sodi il cui titolo è appunto Lo zonista. Dico poeta perché Sodi è più noto come autore di versi avendo dedicato alla poesia buona parte della sua vita, e perché dai poeti è stato più stimato, compreso il suo amico Mario Luzi. Ma potete facilmente immaginare di quanti contatti umani, di quanti tipi, situazioni, ambienti, frustrazioni, esaltazioni, la vita dello zonista sia ricca. Sarebbe bastato seguire questo binario narrativo per darcene i risvolti sia sociali che umani, e per farci riconsiderare sotto un’ottica nuova e diversa l’organizzazione del lavoro all’interno di una azienda che passa universalmente per un’esperienza tutta declinata al positivo, e di quante contraddizioni in realtà questo modello falsamente paternalistico conteneva al suo interno. Alcune di queste contraddizioni Mario le fa emergere in maniera molto chiara nel corso della narrazione. Ma il narratore ha voluto fare molto di più, attraverso i diari postumi di Federico e gli appunti del comune amico Giovanni, ricostruire, oltre alle vicende del suo impiego alla Olivetti, appunto come zonista, le sue vicende amorose mettendone al centro il cuore, quel cuore che quasi mai si appaga.

Mario Sodi

Diviso in tre parti e preceduto da un incipit, il romanzo è ricchissimo di eventi e di accadimenti che naturalmente non vi racconterò. Vi dirò però che c’è tanta Firenze (dove l’autore di questo romanzo si trasferì quasi ragazzo, aveva appena 10 anni), c’è ovviamente la sua altrettanta meravigliosa Siena, una Siena amata e rimpianta, una Siena ritrovata nel tempo e nella memoria, ma con le sue inevitabili perdite e trasformazioni, e c’è Prato, dove Sodi lavorò per un biennio, dal 1957 al 1959. Una Prato che, contrariamente ai giudizi sfavorevoli che me ne avevano dato una coppia di giovani studenti pratesi incontrati in treno, mi sorprese non solo per il magnifico Duomo col suo curioso Pergamo del Sacro Cingolo e lo svettante campanile, per  Santa Maria delle Carceri, il Castello dell’Imperatore e il bel Palazzo Pretorio, ma per le viuzze e gli angoli suggestivi che questa deliziosa e poco visitata città è in grado di offrire. Mi accorsi subito di quanto quei giovani universitari pratesi che studiavano a Bologna fossero ciechi, e forse anche un po’ stupidi. 

La copertina del romanzo

Mario Sodi
Lo zonista
Il dovere e l’amore al tempo di Olivetti
Florence Art Edizioni 2017
Pagg. 288 € 14,00