AMAZON: O DELL’ETERNO
SCHIAVISMO
di Franco Astengo
Sciopero da Amazon |
“L'ULTIMA trovata di Amazon per velocizzare
la ricerca dei prodotti stoccati nei magazzini da parte dei dipendenti è il
braccialetto wireless. Il gigante dell'ecommerce lo ha appena brevettato ed è
in grado di monitorare con precisione dove si mettono le mani, vibrando per
guidarle nella giusta direzione e di fatto controllando tutti i loro movimenti. Il prototipo
descritto da GeekWire trasmette i dati dell'ordine effettuato sul mini computer al polso del dipendente che
dovrà scattare a prendere la merce, metterla in una scatola e passare al
compito successivo. Il brevetto depositato nel 2016 è stato riconosciuto
ufficialmente martedì scorso e adesso la soluzione che Amazon potrebbe adottare
per sveltire le consegne non sembra più così lontana. Si tratta, spiega
Gizmodo, di un sistema basato su tre fattori: il braccialetto indossato dal
lavoratore che comunica con i trasduttori a ultrasuoni posizionati
nell'ambiente circostante e un ''modulo di gestione'' che permette di tracciare
i movimenti. Il prossimo step, suggerisce il brevetto, è l'automazione totale
dei processi che però al momento trasformerebbero sostanzialmente gli uomini in
macchine controllate.”
Questo il
solo commento possibile, tra le tante esitanti valutazioni che abbiamo letto in
questi ultimi minuti sia da parte del sindacato sia da parte degli esponenti di
governo e dei partiti:
“ Prima di
tutto non siamo all’espressione di un nuovo schiavismo frutto del turbo –
capitalismo dei nostri tempi. Lo schiavismo è insito, nucleo fondativo, dello
sfruttamento capitalistico che oggi, grazie alla tecnologia, disumanizza
totalmente la stessa “storica” concezione del rapporto di classe e punta
proprio alla trasformazione delle donne e degli uomini in macchine controllate. Al momento
dell’avvento del taylorismo la poesia riuscì a fornire la risposta più alta
grazie a Charlot e a “Tempi Moderni”.
Quella
risposta così forte diede la possibilità alle lavoratrici e ai lavoratori di
tutto il mondo di trovare il senso della propria organizzazione e della propria
capacità di far valere una identità da persona umana. Oggi tutto questo non sta
accadendo, leggiamo di risposte timide e parziali che magari richiamano
semplicemente la “dignità del lavoro”.
Il livello
non può essere questo ma deve situarsi al cuore della questione: al punto,
cioè, del meccanismo di sfruttamento, della sua estensione ad ogni momento
della vita, alla trasformazione della persona in oggetto/soggetto destinato
esclusivamente al consumo, per consumare o essere consumato in nome del
profitto inteso come senso dell’esistenza.
E’
necessaria una reazione di fondo che parta proprio dall’idea di una società
diversa, alternativa, fondata sui valori di libertà dallo sfruttamento sia sul
piano soggettivo, sia su quello collettivo. Verrebbe da
dire che sarebbe indispensabile cercare ancora il comunismo nella sua forma più
piena, quella utopica dell’uguaglianza nell’abolizione dello stato di cose
presenti.
Forse non è
esagerato affermarlo: anzi si tratta di ristabilire un obiettivo, minimo e
indispensabile rifiutando da subito questa tragedia imposta dal padrone sulla
vita. Il comunismo come ragione di vita”.