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giovedì 1 febbraio 2018

 Libri
Angelo Gaccione: favole per tutti
di Gabriele Scaramuzza

La copertina del libro

Sono state un piacere per me le ore passate a leggere questo snello libro di Angelo Gaccione, composto di scritti redatti tra i primi anni Novanta e il 2012 (anno cui appartiene la maggior parte di essi). Ne ho ammirato le immagini, i colori, lo stile spigliato, accattivante per la fantasia dei giovani non meno che degli adulti. Hanno un senso queste favole, e non trascurabile – aiutano, anzi civilmente invitano tutti, a riflettere. È giusto che fin da ragazzi si venga invogliati a confrontarsi con problemi, decisivi, che condizionano tutta la vita. 
Mi sono soffermato sulla quarta di copertina, che di per sé contiene qualcosa di essenziale, e conferma un apprezzamento che non si può non condividere. Aggiungo di mio che ho subito apprezzato lo stile lieve e incisivo dello scritto, senza ornamenti che appesantiscono, e capace di andare diritto al cuore dei casi narrati. Del resto, che Gaccione abbia sempre saputo scrivere, e bene, non è una novità.    
Il titolo e il sottotitolo già di per sé segnalano motivi nevralgici: la favola centrale che dà il titolo al libro e l’intenzione che lo anima: di poter piacere ai ragazzi che leggeranno, ma di spingere anche gli adulti a riflettere sui casi della nostra vita; e sono casi importanti, che ci riguardano tutti. Di qui l’impegno civile ed etico che, sorretto da una felice vena narrativa, anima tutto il libro. 
Riflettere, ho scritto qui sopra: qualcosa che (come emerge chiaramente dall’ultima fiaba, una vera e propria fenomenologia in miniatura de L’Abbraccio, che le dà il titolo) coinvolge mente e cuore; nulla di astrattamente intellettualistico o di aridamente didascalico dunque.    
E veniamo a qualcuno dei temi che più colpiscono: la storia del cane Wolf, oggetto di sollazzo vacanziero e poi brutalmente abbandonato su un’autostrada, la sua vita randagia, il canile-lager in cui viene deportato, infine la sua fuga incerta. La fisarmonica, l’utopia di una musica che unisce e rende migliori; il grande tema della condanna a morte, riferita in specifico a un ladro, poi saggiamente graziato. Ancora la musica, la forza redentrice del violino praghese sullo sfondo della difesa dei contadini; la violenza che fa tacere il violino; l’odio per la musica che induce a misfatti. E sullo sfondo un’utopia sempre risorgente, veicolata dalla musica. Alla musica ovviamente rinvia anche la favola di Orfeo. A questo nella mia mente si annette il riprender vita della casa di Emily sotto l’influsso di un profondo affetto. 
Ancora Praga (città che giustamente Gaccione deve amare molto) è teatro della storia emblematica (anche perché dà il titolo al libro) dell’orologio astronomico di Mastro Hanus; un buon apologo contro la fretta che toglie respiro, il possessivismo, l’invidia, la calunnia, l’ignoranza che acceca.    
Tratti grotteschi, ma con finalità di denuncia civile, non mancano nella storia di Sabino, del suo trauma nella scoperta, provenendo dal libero respiro della campagna, della città asfissiante, con il suo traffico, il suo senso di soffocamento, con le conseguenze che tutti abbiamo sotto gli occhi. Al tema della città si annette anche la città invisibile, invivibile perché sta sotto lo splendore di Roma; e la menzogna eretta a sistema dalla televisione. Al malessere della città fa idealmente riscontro l’incendio dei boschi (anche questo un tema di grande attualità) nella favola Infami.   
La storia dell’asino è ricca di utili insegnamenti circa il lavoro, la sopportazione, la pazienza, un lavoro liberamente scelto e non imposto, ed è pervaso da una struggente malinconia; per qualche tratto ricorda i maltrattamenti degli animali indifesi di cui racconta Dostoevskij.   
La cuccagna con l’utopia che le è propria, è animata da un toccante senso di innocenza. Il potere del riso è un altro punto nevralgico del libro. Molto ben tratteggiata è l’oppressione del divieto dei colori, metafora della vita, di Furfantopoli; cui si contrappone il cielo aperto di Libertariam (che non a caso dà nome al sito di “Odissea”); luogo utopico anche del disamo e del pacifismo (temi che a Gaccione, è noto, stanno massimamente a cuore, in sintonia con Carlo Cassola). Il tema del nesso tra guerra e miseria, quanto mai centrato, torna nella storia dei due cavalieri.
Il tema della morte ricorre nella storia della bisaccia delle donne russe, piena di dolore; e c’è la gara, del tutto verisimile, il conflitto, tra chi ha sofferto di più, con la lotta tra le rivendicazioni in gioco. Il problema della memoria infine persuade: lo smacco di sentirsela sfuggire (come a una certa età pur accade) e, insieme, il sollievo di perdere il ricordo di un dolore che avvilisce e sopraffà.
Questi i motivi che più mi hanno attratto nella lettura di L’Orologio di Mastro Hanus. E si deve ringraziare Angelo Gaccione per aver regalato a tutti noi queste favole così umane, oltre che istruttive.     

Angelo Gaccione
L’Orologio di Mastro Hanus
-Fiabe per ragazzi ma che faranno bene anche agli adulti-
Innuendo  Editore, 2017
Pagg. 124 - € 12,00