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sabato 14 aprile 2018


TEPPISTI IMPUNITI.
di Edoardo Walter Porzio


Bande di delinquenti minorenni sempre più feroci e disumane, imperversano anche nelle nostre città, spesso senza subire punizione alcuna.

La cronaca, quotidianamente, ci elargisce notizie di fatti e misfatti che imperversano nella nostra società e ciò mi ha indotto a fare ricerche sui comportamenti giudiziari del passato in alcuni Paesi. Uno per tutti la Gran Bretagna, il Paese che pur rappresentato da una piccola minoranza di individui (non più di una quarantina di milioni) ha costretto gli abitanti del globo a parlare ed esprimersi nella loro lingua. Spesso questa Nazione dalle origini barbare discendenti dagli Angli e dai Sassoni, viene citata come modello di civiltà e lungimiranza sociale. In alcuni casi vi sono condivisibili ragioni che possono supportare questa tesi, ma se guardiamo nel “recente passato” (circa un secolo e mezzo fa) scopriamo che furono dei despoti  di una cattiveria di tipo Hitleriano. Per essere in grado di motivarvi le ragioni, ho cercato nelle cronache inglesi del periodo di James Cook e dei primi insediamenti inglesi in Australia. Ho scoperto l’inumano comportamento della legge britannica nei confronti dei suoi sudditi più poveri (i ricchi, anche se ladri, se la cavavano sempre e questo non è cambiato anche al giorno d’oggi) mentre un suddito dai “sette” anni in su che rubava un tozzo di pane, veniva condannato o a morte oppure alla deportazione in Australia o in Tasmania. Cito alcuni esempi originali.
John Hill: reo del furto di un fazzoletto del valore di mezzo scellino, fu deportato per 7 anni in Australia. Elizabeth Bason: rea del furto di 7 yarde di calicò, fu condannata all’impiccagione poi commutata in 7 anni di deportazione. James Bartlett: reo del furto di mille libre di filo di corda fu deportato in Australia per 7 anni. George Barsby: colpevole di aver aggredito William William e di averlo derubato dell’orologio venne condannato all’impiccagione che poi fu “bonariamente” commutata in ergastolo.
Già nel 1597 una legge di Elisabetta I relativa alle punizioni di criminali, vagabondi, mendicanti, ecc. stabiliva che tali esseri venissero banditi dal Regno e trasportati nei territori d’oltremare; chi avrebbe osato rientrare in patria, sarebbe stato impiccato. Detto questo, voglio darvi una descrizione sommaria di come fossero le prigioni in questi luoghi e ne prendo ad esempio uno: l’isola di Norfolk che fino al 1867 fu una delle più terribili colonie penali della storia. L’Inghilterra ha anticipato nel XIX secolo il terrore che nel XX secolo sarebbe culminato nei campi di sterminio nazisti e nei gulag sovietici. Tenendo presente che molti “criminali” erano ragazzi e ragazze ancora adolescenti, come dice Bill Beatty nel suo libro Early Australia. Non sto a raccontarvi le sevizie e i soprusi cui erano sottoposti esseri umani che venivano inviati in quelle terre anche solo per colpe oggi ritenute insignificanti. Ma una piccola riflessione comparativa con le leggi attuali in Italia mi fa fare alcune considerazioni. Oggi anche tra i giovanissimi i reati sono ben più gravi di quelli commessi dagli adolescenti inglesi del secolo scorso. Ora non sarò certo io a proporre i metodi brittannici ma, vi pare normale che chi sfregia con un coltello la propria maestra o chi per divertirsi uccide a legnate un barbone o gli dà fuoco sia non punibile perché minorenne? Come, non si dice che i “bravi ragazzi d’oggi” sono più svegli che in passato? E allora non è forse il caso di abbassare il limite della maggiore età a 14 anni per sempio? Invece di inviare questi delinquenti in erba alle case famiglia o in rifugi ecclesiastici, non sarebbe meglio metterli per un po’ sotto chiave magari insegnando loro un lavoro? Non so se il nostro comportamento possa venir definito “buonismo” o se invece sia  più giusto chiamarlo imprudenza. Comunque, malgrado la rigidità delle leggi inglesi, è di questi giorni  la notizia che Londra ha battuto New York nel triste record di omicidi cittadini.