TEPPISTI
IMPUNITI.
di Edoardo Walter Porzio
Bande di delinquenti
minorenni sempre più feroci e disumane, imperversano anche nelle nostre città,
spesso senza subire punizione alcuna.
La cronaca,
quotidianamente, ci elargisce notizie di fatti e misfatti che imperversano
nella nostra società e ciò mi ha indotto a fare ricerche sui comportamenti
giudiziari del passato in alcuni Paesi. Uno per tutti la Gran Bretagna, il
Paese che pur rappresentato da una piccola minoranza di individui (non più di
una quarantina di milioni) ha costretto gli abitanti del globo a parlare ed
esprimersi nella loro lingua. Spesso questa Nazione dalle origini barbare
discendenti dagli Angli e dai Sassoni, viene citata come modello di civiltà e
lungimiranza sociale. In alcuni casi vi sono condivisibili ragioni che possono
supportare questa tesi, ma se guardiamo nel “recente passato” (circa un secolo
e mezzo fa) scopriamo che furono dei despoti
di una cattiveria di tipo Hitleriano. Per essere in grado di motivarvi
le ragioni, ho cercato nelle cronache inglesi del periodo di James Cook e dei
primi insediamenti inglesi in Australia. Ho scoperto l’inumano comportamento
della legge britannica nei confronti dei suoi sudditi più poveri (i ricchi,
anche se ladri, se la cavavano sempre e questo non è cambiato anche al giorno
d’oggi) mentre un suddito dai “sette” anni in su che rubava un tozzo di pane,
veniva condannato o a morte oppure alla deportazione in Australia o in
Tasmania. Cito alcuni esempi originali.
John
Hill: reo del furto di un fazzoletto del valore di mezzo scellino, fu deportato
per 7 anni in Australia. Elizabeth Bason: rea del furto di 7 yarde di calicò, fu
condannata all’impiccagione poi commutata in 7 anni di deportazione. James
Bartlett: reo del furto di mille libre di filo di corda fu deportato in
Australia per 7 anni. George Barsby: colpevole di aver aggredito William
William e di averlo derubato dell’orologio venne condannato all’impiccagione
che poi fu “bonariamente” commutata in ergastolo.
Già
nel 1597 una legge di Elisabetta I relativa alle punizioni di criminali,
vagabondi, mendicanti, ecc. stabiliva che tali esseri venissero banditi dal
Regno e trasportati nei territori d’oltremare; chi avrebbe osato rientrare in
patria, sarebbe stato impiccato. Detto questo, voglio darvi una descrizione
sommaria di come fossero le prigioni in questi luoghi e ne prendo ad esempio
uno: l’isola di Norfolk che fino al 1867 fu una delle più terribili colonie
penali della storia. L’Inghilterra ha anticipato nel XIX secolo il terrore che
nel XX secolo sarebbe culminato nei campi di sterminio nazisti e nei gulag
sovietici. Tenendo presente che molti “criminali” erano ragazzi e ragazze
ancora adolescenti, come dice Bill Beatty nel suo libro Early Australia. Non sto a raccontarvi le sevizie e i soprusi cui
erano sottoposti esseri umani che venivano inviati in quelle terre anche solo
per colpe oggi ritenute insignificanti. Ma una piccola riflessione comparativa
con le leggi attuali in Italia mi fa fare alcune considerazioni. Oggi anche tra
i giovanissimi i reati sono ben più gravi di quelli commessi dagli adolescenti
inglesi del secolo scorso. Ora non sarò certo io a proporre i metodi
brittannici ma, vi pare normale che chi sfregia con un coltello la propria
maestra o chi per divertirsi uccide a legnate un barbone o gli dà fuoco sia non
punibile perché minorenne? Come, non si dice che i “bravi ragazzi d’oggi” sono
più svegli che in passato? E allora non è forse il caso di abbassare il limite
della maggiore età a 14 anni per sempio? Invece di inviare questi delinquenti in
erba alle case famiglia o in rifugi ecclesiastici, non sarebbe meglio metterli
per un po’ sotto chiave magari insegnando loro un lavoro? Non so se il nostro
comportamento possa venir definito “buonismo” o se invece sia più giusto chiamarlo imprudenza. Comunque,
malgrado la rigidità delle leggi inglesi, è di questi giorni la notizia che Londra ha battuto New York nel
triste record di omicidi cittadini.