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venerdì 14 dicembre 2018

CORAGGIO
di Franco Astengo
(con un grazie al compagno Fulvio De Lucis per la segnalazione)


«Per esempio, avrei potuto e dovuto dire un “no” più convinto al fascismo, ma a essere onesti ci sarebbe voluto un coraggio inumano. Ho detto no, ma tardi, dopo averci creduto come tutti. A guardarmi indietro ora ai miei occhi appaio come uno che ci è cascato e questo mi fa tanta rabbia».
A questa dichiarazione rilasciata dal celebre scrittore Andrea Camilleri, l’autore di Montalbano, e apparsa oggi in un’intervista è il caso di ricordare come non servisse un “coraggio inumano” e che non è vero che “tutti ci avevano creduto”.
C’è stato chi coerentemente si è opposto ed ha pagato un prezzo altissimo. Di seguito i dati del Tribunale speciale, quelli riguardante i confinati e i risultati del plebiscito del 1929, ricordando soprattutto i 135.000 che in pieno regime di polizia avevano saputo opporsi votando “NO” al listone fascista.
In gran parte di trattava di operai delle grandi fabbriche del nord legati al partito comunista e a quello socialista, ma ci fu anche chi seppe dire di “NO” nella Sicilia di Camilleri.
Purtroppo non esistono statistiche riguardanti chi fu licenziato dal posto di lavoro oppure non l’ottenne per aver rifiutato l’iscrizione al PNF, la cosiddetta “Tessera del Pane”.
Ricordando che il fascismo è stato il regime delle leggi razziali, delle imprese coloniali, della complicità con Hitler e della tragedia della seconda guerra mondiale, il tutto in combutta con la Monarchia, l’esempio di chi ebbe coraggio serve soprattutto per l’oggi in questa incultura e conformismo dilagante mentre ricompaiono segni di razzismo assolutista.

TRIBUNALE SPECIALE
Sentenze emesse

978 per reati politici
746 di rinvio ad altro Tribunale per reati politici
12 su ricorsi contro il Tribunale speciale coloniale
324 per spionaggio
258 per reati annonari, valutari, frodi, ecc.
(commessi durante gli anni di guerra)
146 per omicidio, rapina, violenza ecc.
(commessi durante gli anni di guerra)
293 di rinvio ad altro Tribunale per sabotaggio
7 per reati diversi
16 archiviazioni, commutazioni, ecc.

Processati
5.619 imputati
4.596 condannati
988 assolti
5.498 uomini
122 donne
697 minori
3.899 operai e artigiani
546 contadini
221 professionisti
238 commercianti
296 impiegati
164 studenti
37 casalinghe
219 altri e non specificati

Condanne irrogate
27.752 anni, 5 mesi, 19 giorni
42 a morte (31 eseguite)
3 ergastolo
19 stralciati deceduti
Furono 4596 i condannati del Tribunale speciale, molti dai nomi oscuri, operai, artigiani, originari di diverse regioni del nostro Paese che con il loro coraggioso comportamento davanti agli arroganti militari che usurpavano il titolo di giudici hanno riscattato il titolo d'Italia, allora compromesso dalla sua classe dirigente, dall'indifferenza dei più.
Ma non furono soltanto oscuri militanti di una fede coraggiosamente proclamata a subire feroci condanne e odiosi maltrattamenti. Furono fra di loro i più bei nomi dell'antifascismo italiano, destinati per fortuna in gran parte a vedere il crollo della dittatura e l'affermarsi della democrazia. Già a un anno solo dall'inizio dell'attività del Tribunale speciale, nel '28, fu condannato, a cinque anni e sei mesi di carcere per propaganda comunista, Velio Spano; e nel cosiddetto processone ai membri del Comitato centrale del Pcd'I furono condannati a ventidue anni e nove mesi Umberto Terracini; a vent'anni e quattro mesi Antonio Gramsci e Mauro Scoccimarro; e nello stesso anno anche Giancarlo Pajetta, subì, ad appena diciassette anni, la sua prima condanna a due anni di carcere, (altra ben più dura a ventun'anni seguì poi); e nell'anno seguente tocca a Sandro Pertini essere condannato per attività sovversiva a dieci anni e nove mesi; e nel 1930, l'anno delle quattro condanne a morte mediante fucilazione degli irredentisti triestini e delle due condanne all'impiccagione di resistenti libici, è la volta di Camilla Ravera, condannata a quindici anni e sei mesi per costituzione del partito comunista, di Manlio Rossi Doria, di Emilio Sereni, condannati a quindici anni per lo stesso delitto. Nel 1931 la produttività del Tribunale speciale è impressionante: sono ben 519 i condannati per complessivi 2061 anni di carcere, oltre a una condanna a morte, quella dell'anarchico Schirru, reo di aver avuto l'intenzione di uccidere Mussolini. Fra i condannati a vent'anni di reclusione per attentato all'ordine costituzionale troviamo Riccardo Bauer, Ernesto Rossi.
Nel '32 il Tribunale speciale pronuncia la condanna a morte di Domenico Bovone, un industriale torinese accusato di attentati dinamitardi, e dell'anarchico Angelo Sbardellotto, reo anch'egli di aver avuto l'intenzione di uccidere Mussolini. Nello stesso anno Pietro Secchia viene condannato a diciassette anni e nove mesi di carcere, anch'egli per costituzione del partito comunista. E si potrebbe continuare a lungo, ricordando la condanna, nel '34, di Leone Ginsburg, nel '36 di Vittorio Foa, Michele Giua, Massimo Mila, nel '37 di Aligi Sassu e poi dal '41, fino alla soppressione del Tribunale speciale, riprendono le condanne a morte a carico soprattutto di partigiani della Venezia Giulia


CONFINO
Il confino politico è la situazione di relegamento coatto di un oppositore politico.

Il confino era, nel periodo fascista in Italia, sinonimo di messa al bando dalla società civile e di reclusione di fatto in remote località della nazione, dove vi erano poche vie di comunicazione. Al confino finirono sia antifascisti che fascisti dissidenti, forzatamente isolati su minuscole porzioni di terra in mezzo al mare (Pantelleria, Ustica, Ventotene, Tremiti, per citare le isole più utilizzate) o in paesi del Sud Italia (ad es. Roccanova, Eboli, Savelli) o del Nord Italia (ad es. Aprica) così da separarli fisicamente, moralmente e socialmente da qualsiasi contatto con il resto del Paese.
Il confino aveva una durata massima di 5 anni, che tuttavia potevano essere rinnovabili.
Nel periodo fascista il confino politico fu applicato anche, dopo l'approvazione delle leggi razziali fasciste del 1938, agli omosessuali, accusati di "attentato alla dignità della razza".
I confinati venivano tradotti nelle isole in catene e venivano assimilati ai delinquenti comuni, ma erano liberi di circolare sull'isola dove si trovavano. Per la maggior parte dei casi gli oppositori politici venivano isolati dalla vita sociale, privati del loro lavoro, allontanati dalla famiglia che spesso si trovava a vivere in condizioni di difficoltà.
Dopo l'entrata in guerra dell'Italia il sistema del confino politico fu esteso a numerosi luoghi dell'entroterra, dove la scarsa politicizzazione degli abitanti e le difficoltà di collegamento con i centri più importanti, faceva sì che anche questi luoghi fossero simili al confino delle isole. Il trattamento dei confinati politici fu analogo a quello dei numerosi internati (ebrei stranieri e cittadini di stati belligeranti con l'Italia).
Nel territorio italiano, per periodi diversi, tra il 1926 ed il 1943, funzionarono circa 262 colonie di confino, collocate per la maggior parte nel Sud Italia.