di Franco Astengo
(con
un grazie al compagno Fulvio De Lucis per la segnalazione)
«Per
esempio, avrei potuto e dovuto dire un “no” più convinto al fascismo, ma a
essere onesti ci sarebbe voluto un coraggio inumano. Ho detto no, ma tardi, dopo
averci creduto come tutti. A guardarmi indietro ora ai miei occhi appaio come
uno che ci è cascato e questo mi fa tanta rabbia».
A
questa dichiarazione rilasciata dal celebre scrittore Andrea Camilleri,
l’autore di Montalbano, e apparsa oggi in un’intervista è il caso di ricordare
come non servisse un “coraggio inumano” e che non è vero che “tutti ci avevano
creduto”.
C’è
stato chi coerentemente si è opposto ed ha pagato un prezzo altissimo. Di
seguito i dati del Tribunale speciale, quelli riguardante i confinati e i
risultati del plebiscito del 1929, ricordando soprattutto i 135.000 che in
pieno regime di polizia avevano saputo opporsi votando “NO” al listone
fascista.
In
gran parte di trattava di operai delle grandi fabbriche del nord legati al
partito comunista e a quello socialista, ma ci fu anche chi seppe dire di “NO”
nella Sicilia di Camilleri.
Purtroppo
non esistono statistiche riguardanti chi fu licenziato dal posto di lavoro
oppure non l’ottenne per aver rifiutato l’iscrizione al PNF, la cosiddetta
“Tessera del Pane”.
Ricordando
che il fascismo è stato il regime delle leggi razziali, delle imprese
coloniali, della complicità con Hitler e della tragedia della seconda guerra
mondiale, il tutto in combutta con la Monarchia, l’esempio di chi ebbe coraggio
serve soprattutto per l’oggi in questa incultura e conformismo dilagante mentre
ricompaiono segni di razzismo assolutista.
TRIBUNALE SPECIALE
Sentenze emesse
978
per reati politici
746
di rinvio ad altro Tribunale per reati politici
12
su ricorsi contro il Tribunale speciale coloniale
324
per spionaggio
258
per reati annonari, valutari, frodi, ecc.
(commessi
durante gli anni di guerra)
146
per omicidio, rapina, violenza ecc.
(commessi
durante gli anni di guerra)
293
di rinvio ad altro Tribunale per sabotaggio
7
per reati diversi
16
archiviazioni, commutazioni, ecc.
Processati
5.619
imputati
4.596
condannati
988
assolti
5.498
uomini
122
donne
697
minori
3.899
operai e artigiani
546
contadini
221
professionisti
238
commercianti
296
impiegati
164
studenti
37
casalinghe
219
altri e non specificati
Condanne irrogate
27.752 anni, 5 mesi, 19 giorni
42 a morte (31 eseguite)
3 ergastolo
19 stralciati deceduti
Furono
4596 i condannati del Tribunale speciale, molti dai nomi oscuri, operai,
artigiani, originari di diverse regioni del nostro Paese che con il loro
coraggioso comportamento davanti agli arroganti militari che usurpavano il
titolo di giudici hanno riscattato il titolo d'Italia, allora compromesso dalla
sua classe dirigente, dall'indifferenza dei più.
Ma
non furono soltanto oscuri militanti di una fede coraggiosamente proclamata a
subire feroci condanne e odiosi maltrattamenti. Furono fra di loro i più bei
nomi dell'antifascismo italiano, destinati per fortuna in gran parte a vedere
il crollo della dittatura e l'affermarsi della democrazia. Già a un anno solo
dall'inizio dell'attività del Tribunale speciale, nel '28, fu condannato, a
cinque anni e sei mesi di carcere per propaganda comunista, Velio Spano; e nel
cosiddetto processone ai membri del Comitato centrale del Pcd'I furono
condannati a ventidue anni e nove mesi Umberto Terracini; a vent'anni e quattro
mesi Antonio Gramsci e Mauro Scoccimarro; e nello stesso anno anche Giancarlo
Pajetta, subì, ad appena diciassette anni, la sua prima condanna a due anni di
carcere, (altra ben più dura a ventun'anni seguì poi); e nell'anno seguente
tocca a Sandro Pertini essere condannato per attività sovversiva a dieci anni e
nove mesi; e nel 1930, l'anno delle quattro condanne a morte mediante
fucilazione degli irredentisti triestini e delle due condanne all'impiccagione
di resistenti libici, è la volta di Camilla Ravera, condannata a quindici anni
e sei mesi per costituzione del partito comunista, di Manlio Rossi Doria, di
Emilio Sereni, condannati a quindici anni per lo stesso delitto. Nel 1931 la
produttività del Tribunale speciale è impressionante: sono ben 519 i condannati
per complessivi 2061 anni di carcere, oltre a una condanna a morte, quella
dell'anarchico Schirru, reo di aver avuto l'intenzione di uccidere Mussolini.
Fra i condannati a vent'anni di reclusione per attentato all'ordine
costituzionale troviamo Riccardo Bauer, Ernesto Rossi.
Nel
'32 il Tribunale speciale pronuncia la condanna a morte di Domenico Bovone, un
industriale torinese accusato di attentati dinamitardi, e dell'anarchico Angelo
Sbardellotto, reo anch'egli di aver avuto l'intenzione di uccidere Mussolini.
Nello stesso anno Pietro Secchia viene condannato a diciassette anni e nove
mesi di carcere, anch'egli per costituzione del partito comunista. E si
potrebbe continuare a lungo, ricordando la condanna, nel '34, di Leone
Ginsburg, nel '36 di Vittorio Foa, Michele Giua, Massimo Mila, nel '37 di Aligi
Sassu e poi dal '41, fino alla soppressione del Tribunale speciale, riprendono
le condanne a morte a carico soprattutto di partigiani della Venezia Giulia
CONFINO
Il confino politico è la
situazione di relegamento coatto di un oppositore politico.
Il
confino era, nel periodo fascista in Italia, sinonimo di messa al bando dalla
società civile e di reclusione di fatto in remote località della nazione, dove
vi erano poche vie di comunicazione. Al confino finirono sia antifascisti che
fascisti dissidenti, forzatamente isolati su minuscole porzioni di terra in
mezzo al mare (Pantelleria, Ustica, Ventotene, Tremiti, per citare le isole più
utilizzate) o in paesi del Sud Italia (ad es. Roccanova, Eboli, Savelli) o del
Nord Italia (ad es. Aprica) così da separarli fisicamente, moralmente e
socialmente da qualsiasi contatto con il resto del Paese.
Il
confino aveva una durata massima di 5 anni, che tuttavia potevano essere
rinnovabili.
Nel
periodo fascista il confino politico fu applicato anche, dopo l'approvazione
delle leggi razziali fasciste del 1938, agli omosessuali, accusati di
"attentato alla dignità della razza".
I
confinati venivano tradotti nelle isole in catene e venivano assimilati ai
delinquenti comuni, ma erano liberi di circolare sull'isola dove si trovavano. Per
la maggior parte dei casi gli oppositori politici venivano isolati dalla vita
sociale, privati del loro lavoro, allontanati dalla famiglia che spesso si
trovava a vivere in condizioni di difficoltà.
Dopo
l'entrata in guerra dell'Italia il sistema del confino politico fu esteso a
numerosi luoghi dell'entroterra, dove la scarsa politicizzazione degli abitanti
e le difficoltà di collegamento con i centri più importanti, faceva sì che
anche questi luoghi fossero simili al confino delle isole. Il trattamento dei
confinati politici fu analogo a quello dei numerosi internati (ebrei stranieri
e cittadini di stati belligeranti con l'Italia).
Nel
territorio italiano, per periodi diversi, tra il 1926 ed il 1943, funzionarono
circa 262 colonie di confino, collocate per la maggior parte nel Sud Italia.