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martedì 25 dicembre 2018

La poesia
NICOLINO LONGO

A mia moglie 
(per il 60° genetliaco)

Maria Adriana Sisinno
moglie del poeta

Per me oggi sì ch’è “festa grande” (e sarà essa ancor più grande
grazie a Luisa, mia sorella,
che ne ha predisposto, alla chetichella,
pranzo, cena e dolci a crepapelle,
con bibite a catinelle): oggi mia moglie
“fa” sessant’anni,
sebben ne mostri solo trenta,
o appen quaranta.
Non ha rughe, né capelli bianchi: solo occhi titillanti,
ed è tanto, bella tanto che
averla accanto è un vero incanto.

Lei è una donna iperattiva, sin da quando era bambina.
Fa chilometri ancora a piedi;
ha tanta forza nelle braccia,
tanta forza nelle gambe, e non mai si dice stanca,
né mai in debito d’ossigeno,
reduce pur se da salite.
E ciò da cui lei trae supporto è giovialmente sempre e solo
l’amor pazzo per sua madre,
suo marito e i suoi nipoti,
e l’altruismo a più non posso con chi sol non mai l’affossa.

Anche se, a far, sa far più cose, Il suo lavoro è quel “d’ufficio”,
che lei svolge assai zelante e con devoto sacrificio.
Anche a casa fa altrettanto:
fa ogni cosa sempre in piedi,
ed è in grado di restarci molte volte tutta notte:
a preparare maccheroni, polpettine,
dolci ed altre leccornìe.
Oltre ad essere ambientalista, passatista e anche podista,
la più grande sua passione
è quella adunque “culinaria”:
e ciò ovviamente quand’è esente dal suo lavor municipale.

Quand’è a casa di mia sorella, infatti sta ai di lei fornelli
sempre in piedi e sempre attenta,
e se qualcun poi s’impossessa del lavello o la ramazza,
lei di certo non l’ammazza, ma
di sicur ne fa un processo.
Suo piacere è cucinare, non per sé ma sol per gli altri.
A lei, ch’è donna molto saggia,
garba sempre sol l’assaggio:
a lei, ch’eccelle nel “linguaggio”
e ch’è pur d’alto lignaggio, basta sol dare “messaggi”:
e lo fa senza mai sosta fino a plagiar color che ascoltano.

Con chi poi la contraddice, tira fuor sempre la lingua,
che lei dice d’aver lunga da Orsomarso fino a Lungro,
e mai nessun con lei la spunta.
Pur la memoria ha molto lunga,
portentosa, assai dotata:
lei ricorda infatti cose di tutti quasi i giorni andati:
che specifica e focalizza con quelli pur di settimana.

E, oltre ai tanti ed ancor tanti
numeri fissi e cellulari, e nomi e poi nomi
di persone e personaggi,
lei ha in “memoria” anch’assai date
di battesimi e compleanni, morti, nascite e matrimoni,
che tira fuori all’occasione
lasciando tutti sbalorditi. E lascia tutti sbalorditi
anche eseguendo ogni suo calcolo sempre in men che non si dica.
Come pur lasciò basiti,
lei ricorda e mai non scorda,
i Chiarissimi suoi Prof, Rohlfs e Giorgio Manacorda.

Altro pregio assai importante, che lei ha e nessuno sa,
è il suo “modus scribendi”,
che lei opera di getto,
con pur motti d’altri tempi,
e “trovate” dialettali che ne sono il “pepe”  e il “sale”.
Egregie pur le sue “interviste”,
con cui fa il suo “terzo grado”,
a person da cui lei acquista
quel saper che di buon grado poi dispensa ai pover cristi.

E, a proposito di eloquenza, un dì venendo da Cosenza,
con un pullman pien di gente
e le spalle al conducente,
lei intrattenne gli studenti,
da Arcavàcata a Cirella,
con aneddoti allibenti
su storielle del suo centro e ignoranza d’altri tempi.
Ma è soltanto a quel più breve
che dar posso io qui la voce:
“Per il sindaco analfabeta
firma il vice con una croce”.
E dopo tanti e tanti altri,
al par di questo ora citato,
a lei applausi a palate, lor crepati dalle risate.

Detti i pregi, ora i difetti: che son tanti, tanti e tanti che
occorrerebbe un anno intero
a elencarli tutti quanti: ma questi tutti suoi difetti,
per me ed anche per gli altri,
non son che tutto il resto dei suoi pregi qui non detti.
Ma un difetto va pur detto:
se lei dà un appuntamento
mai con tatto e mai sovente
lei l’onora puntualmente. E, se non ne ha resipiscenza
unitamente a pentimento,
non è per strafottenza,
e neppur per cattiveria:
ne son solo e sempre causa,
il lavoro, l’altruismo e la genial sua logorrea.

E, riparlando di lavoro, oltre a quel professionale
e a pur quello casalingo,
il lavor, che più l’aggrada, è il “geoponico-pastorale”,
a cui si applica con fervore
a espletarne le faccende,
apprese tutte ed affinate alla “scuol” di mia sorella,
e che van dal far conserve,
sottoli e sottaceti,
con pane e pizze al forno, pasta in casa e mozzarelle,
al far ciccioli e insaccati,
sugna e struffoli e ricotta,
nonché dolci e parmigiane, polenta e sottospiriti,
con zeppole e formaggio,
sanguinaccio e cacio-ricotta,
e pure l’orto. E tutto sol per suo diporto, e sua allegria.

Questa è dunque la mia Maria, per cui scrissi tante rime,
e feci pur tante pazzie.
Questa è pur la mia Adriana che,
di Nina, sua mammina, ha il nobil sangue baronale.
E questa è pur la mia sposina
che vivrà come  Regina con me Re fino alla fine.
E, se, dalla mia, avrò pur Dio, alla faccia del “grand’oblìo”.