NICOLINO LONGO
A mia moglie
(per
il 60° genetliaco)
Maria Adriana Sisinno moglie del poeta |
Per me oggi sì ch’è
“festa grande” (e sarà essa ancor più grande
grazie
a Luisa, mia sorella,
che
ne ha predisposto, alla chetichella,
pranzo,
cena e dolci a crepapelle,
con
bibite a catinelle): oggi mia moglie
“fa”
sessant’anni,
sebben
ne mostri solo trenta,
o
appen quaranta.
Non
ha rughe, né capelli bianchi: solo occhi titillanti,
ed
è tanto, bella tanto che
averla
accanto è un vero incanto.
Lei
è una donna iperattiva, sin da quando era bambina.
Fa
chilometri ancora a piedi;
ha
tanta forza nelle braccia,
tanta
forza nelle gambe, e non mai si dice stanca,
né
mai in debito d’ossigeno,
reduce
pur se da salite.
E
ciò da cui lei trae supporto è giovialmente sempre e solo
l’amor
pazzo per sua madre,
suo
marito e i suoi nipoti,
e
l’altruismo a più non posso con chi sol non mai l’affossa.
Anche
se, a far, sa far più cose, Il suo lavoro è quel “d’ufficio”,
che
lei svolge assai zelante e con devoto sacrificio.
Anche
a casa fa altrettanto:
fa
ogni cosa sempre in piedi,
ed
è in grado di restarci molte volte tutta notte:
a
preparare maccheroni, polpettine,
dolci
ed altre leccornìe.
Oltre
ad essere ambientalista, passatista e anche podista,
la
più grande sua passione
è
quella adunque “culinaria”:
e
ciò ovviamente quand’è esente dal suo lavor municipale.
Quand’è
a casa di mia sorella, infatti sta ai di lei fornelli
sempre
in piedi e sempre attenta,
e
se qualcun poi s’impossessa del lavello o la ramazza,
lei
di certo non l’ammazza, ma
di
sicur ne fa un processo.
Suo
piacere è cucinare, non per sé ma sol per gli altri.
A
lei, ch’è donna molto saggia,
garba
sempre sol l’assaggio:
a
lei, ch’eccelle nel “linguaggio”
e
ch’è pur d’alto lignaggio, basta sol dare “messaggi”:
e
lo fa senza mai sosta fino a plagiar color che ascoltano.
Con
chi poi la contraddice, tira fuor sempre la lingua,
che
lei dice d’aver lunga da Orsomarso fino a Lungro,
e
mai nessun con lei la spunta.
Pur
la memoria ha molto lunga,
portentosa,
assai dotata:
lei
ricorda infatti cose di tutti quasi i giorni andati:
che
specifica e focalizza con quelli pur di settimana.
E,
oltre ai tanti ed ancor tanti
numeri
fissi e cellulari, e nomi e poi nomi
di
persone e personaggi,
lei
ha in “memoria” anch’assai date
di
battesimi e compleanni, morti, nascite e matrimoni,
che
tira fuori all’occasione
lasciando
tutti sbalorditi. E lascia tutti sbalorditi
anche
eseguendo ogni suo calcolo sempre in men che non si dica.
Come
pur lasciò basiti,
lei
ricorda e mai non scorda,
i
Chiarissimi suoi Prof, Rohlfs e Giorgio Manacorda.
Altro
pregio assai importante, che lei ha e nessuno sa,
è
il suo “modus scribendi”,
che
lei opera di getto,
con
pur motti d’altri tempi,
e
“trovate” dialettali che ne sono il “pepe”
e il “sale”.
Egregie
pur le sue “interviste”,
con
cui fa il suo “terzo grado”,
a
person da cui lei acquista
quel
saper che di buon grado poi dispensa ai pover cristi.
E,
a proposito di eloquenza, un dì venendo da Cosenza,
con
un pullman pien di gente
e
le spalle al conducente,
lei
intrattenne gli studenti,
da
Arcavàcata a Cirella,
con
aneddoti allibenti
su
storielle del suo centro e ignoranza d’altri tempi.
Ma
è soltanto a quel più breve
che
dar posso io qui la voce:
“Per
il sindaco analfabeta
firma
il vice con una croce”.
E
dopo tanti e tanti altri,
al
par di questo ora citato,
a
lei applausi a palate, lor crepati dalle risate.
Detti
i pregi, ora i difetti: che son tanti, tanti e tanti che
occorrerebbe
un anno intero
a
elencarli tutti quanti: ma questi tutti suoi difetti,
per
me ed anche per gli altri,
non
son che tutto il resto dei suoi pregi qui non detti.
Ma
un difetto va pur detto:
se
lei dà un appuntamento
mai
con tatto e mai sovente
lei
l’onora puntualmente. E, se non ne ha resipiscenza
unitamente
a pentimento,
non
è per strafottenza,
e
neppur per cattiveria:
ne
son solo e sempre causa,
il
lavoro, l’altruismo e la genial sua logorrea.
E,
riparlando di lavoro, oltre a quel professionale
e
a pur quello casalingo,
il
lavor, che più l’aggrada, è il “geoponico-pastorale”,
a
cui si applica con fervore
a
espletarne le faccende,
apprese
tutte ed affinate alla “scuol” di mia sorella,
e
che van dal far conserve,
sottoli
e sottaceti,
con
pane e pizze al forno, pasta in casa e mozzarelle,
al
far ciccioli e insaccati,
sugna
e struffoli e ricotta,
nonché
dolci e parmigiane, polenta e sottospiriti,
con
zeppole e formaggio,
sanguinaccio
e cacio-ricotta,
e
pure l’orto. E tutto sol per suo diporto, e sua allegria.
Questa
è dunque la mia Maria, per cui scrissi tante rime,
e
feci pur tante pazzie.
Questa
è pur la mia Adriana che,
di
Nina, sua mammina, ha il nobil sangue baronale.
E
questa è pur la mia sposina
che
vivrà come Regina con me Re fino alla
fine.
E,
se, dalla mia, avrò pur Dio, alla faccia del “grand’oblìo”.