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sabato 22 dicembre 2018

PER L’ URBAN CENTER DI MILANO
Un augurio di Natale forse atipico
di Paolo Maria Di Stefano

[Le foto sono dell'autore dello scritto]

Una veduta del "Salotto"


Senza l'Urban Center, condannato alla chiusura, la Galleria, il Salotto di Milano, sarà più triste e meno interessante: non solo per noi letterati e per le numerose personalità della cultura milanese e non, che lo frequentavamo. Lo sarà anche per le migliaia di turisti, le scolaresche, gli editori, gli urbanisti, i fotografi e via enumerando, che ne avevano fatto il "loro" luogo di riferimento. Diventerà l'ennesimo ristorante o un nuovo bazar per merci di lusso? Così pare. Ci chiediamo: non bastava il "Quadrilatero" della moda situato a qualche decina di metri? Oramai tutto si converte in merce, e l'omologazione la fa da padrona. Non ha torto la cittadinanza quando asserisce che, nella sostanza, politici ed amministratori si equivalgono, anche se mascherati sotto simboli diversi. (A.G.) 


L'Urban Center con la saracinesca abbassata

C’è qualcosa di diverso in questa vigilia di Natale che pure vede il Salotto di Milano frequentato forse più che negli anni trascorsi, sfavillante di luci come sempre, decorato di vetrine bellissime, suggestive, a volte vere e proprie opere d’arte, certamente capaci di suscitare desideri e di convincere all’acquisto. Che è funzione prima e propria di una vetrina. E capaci anche di distrarre, non ostante la moltiplicazione di eventi di questi ultimi mesi, dalla agonia annunziata di quell’Urban Center che per anni del Salotto di Milano è stato il centro vivo e più vero. In Galleria, all’angolo con piazza Scala, l’Urban Center per anni ha offerto, oltre ai servizi essenziali propri di un centro di informazione, un’oasi di pace a quei milanesi in cerca di un momento di tranquillità e di riposo: chiunque fino ad ieri (ed oggi ancora, sebbene con un’aura diversa) trovava accoglienza, un posto dove sostare senza l’assillo delle pulsioni commerciali, in un locale dove sedere magari a leggere tranquillamente il giornale o un libro o anche a far quattro chiacchiere, magari con persone che non si incontrano da tempo.

 
Una veduta interna dell'Urban Center

Con qualcosa in più: poter parlare di un libro, poter presentare una iniziativa, poter mostrare fotografie e dipinti e modelli urbanistici, poter ascoltare musica… è sempre bastato chiedere: l’architetto responsabile ha sempre risposto “certo che si può: l’Urban Center è spazio dei milanesi”, forse riservandosi un controllo sui livelli minimi di dignità dell’evento. E sempre la preparatissima signora della reception ha messo a disposizione degli scrittori, dei fotografi, dei presentatori una professionalità assoluta grazie alla quale è sempre stato possibile l’utilizzo dei mezzi di comunicazione più moderni anche a chi non avesse confidenza con l’elettronica avanzata. Probabilmente, il pieno di pubblico ogni volta realizzato è stato propiziato anche dalla curiosità dei passanti, persone attirate dalla posizione centralissima, oltre che - ma certamente in modo minore - da una comunicazione attenta e completa. È non è un caso ch’io abbia incontrato più di una persona conscia che il trasferimento alla Triennale snaturerebbe l’anima stessa della città. Che è un fatto certo: l’Urban Center alla Triennale significa la perdita di quella essenza spontanea che permea di sé il Salotto di Milano per antonomasia. 

Le locandine delle numerose iniziative culturali
esposte sulla vetrina dell'Urban Center

Né è sostenibile il miglioramento proclamato della qualità di vita dei milanesi in nome di un marketing urbano chiaramente frainteso, del resto frutto di quel mal conosciuto “marketing” che da noi in Italia ha comportato e ancora comporta disastri anche assai rilevanti proprio nella gestione delle imprese pubbliche e private e in quella, più delicata e complessa, delle città. Errori marchiani che hanno comunque un aspetto positivo: possono essere corretti, nel caso specifico da politici e amministratori pensanti, se ancora ne esistono. E dunque, creano una speranza che è anche un augurio concreto: che l’Urban Center continui ad abitare all’angolo tra la Galleria e piazza della Scala. Ed è l’augurio per tutti noi, per tutti noi milanesi, ariosi quanto si voglia ma innamorati di una città che è “fatta da noi e di noi”. E che tutti noi vi porgiamo proprio dagli spazi dell’Urban Center, dall’angolo prestigioso tra la Galleria e Piazza della Scala. Che è spazio dell’anima dei milanesi, e che è spazio indisponibile, non barattabile con danaro, proprio perché casa dell’anima di Milano.