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martedì 1 gennaio 2019

AMERICA
di Ilaria, Adamo, Vito


"Cometa"
disegno di Adamo Calabrese


Post: Natale

Cara Ilaria,
per augurarti buon Natale ti racconto dell’inverno di quando io ero un ragazzino e stavo in campagna per fuggire dalla guerra. Abitavo nella casa dei nonni dove viveva mia cugina Angela, che aveva la mia stessa età. Lei era la più bella del Paradiso terrestre, più bella delle scimmie che volteggiavano sulla cima degli alberi, più bella dei pavoni che facevano la ruota. Lei era mia parente di quarto o quinto grado perché i suoi venivano da chissà dove. Invece i miei congiunti più stretti erano maestri di scuola nei paesi circonvicini. Mia cugina era anche la più sapiente spiegandomi che la nebbia era il fiato dell’inverno. Dalla nostra soffitta, dove mettevamo in scena i “Paladini di Francia”, avendo come pubblico i gatti di casa, stavamo incantati a guardare i campi e a darci di gomito appena avvistavamo una bianca fumea che aleggiava nella lontananza. Di notte era un’altra cosa: Stavamo seduti sul nostro lettone di foglie di granoturco senza mai staccare lo sguardo dal finestrino, finché avvistavamo le comete che andavano su e giù per il cielo come se avessero smarrito la meta. Dovevamo noi gridare alle stelle mobili: “Dove vai? No di lì! Betlemme è da questa altra parte.” Poi siamo diventati grandi. Prima mia cugina, poi io. Lei aveva smesso il solito vestitino di cotone blu e andava in giro con sfarzose gonne a campana che ad ogni suo passo si gonfiavano come vele di galeoni. Lei incedeva a testa eretta, col pettine di osso di balena infilzato nella crocchia dei capelli e con lo sguardo da fulmine inginocchiato ai suoi piedi. Nell’incontrarla, i musicisti della banda comunale, che accompagnavano le esequie, lasciavano i pifferi per battere le mani ed invocarla: Plenilunio, solleone, tramontana, burrasca di mare: rataplan, rataplan, rataplan…! E gli spavaldi suonatori si ficcavano nell’osteria del “Buon passo” per spegnere, con alati brindisi, il fuoco che mia cugina aveva acceso nei loro cuori. Brindavano a vermuth! “Salve! Salve a te! Chi è la più bella del mondo? Lei! Chi lei? Come chi? L’ho detto prima io! No, prima io! Tu, Me!” Fino a notte quando le faine uscivano in caccia dei poveri conigli selvatici che  rincasavano quando era già troppo buio. Poveraccio anche il defunto che saltava fuori dalla bara e doveva andare al campo santo con le sue proprie gambe.
Un caro saluto
Adamo