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venerdì 28 giugno 2019

POESISMI 
storia di un amore possibile
di Stefano Elefanti

Stefano Elefanti

Con questo scritto di Stefano Elefanti rendiamo omaggio all'aforisma e anche a due degli autori più prolifici in materia (Nicolino Longo e Laura Margherita Volante), che da decenni se ne occupano su queste pagine. Anche oggi pubblichiamo alcuni loro aforismi. Ad entrambi auguriamo pronta guarigione.



Dell’aforisma poetico nella letteratura italiana mi sono occupato in passato e ho cercato di delinearne la genesi, le caratteristiche e gli autori principali in occasione di una ricerca sul tema pubblicata nel 2013, con Edizioni Joker, intitolata appunto Origini e sviluppo dell’aforisma poetico nel Novecento italiano. Cercherò quindi di darvi di seguito alcuni rapidi cenni sul tema e vi invito, qualora vi interessasse approfondire l’argomento, al ben più dettagliato (e ahimè corposo) elaborato sopracitato.
L’aforisma poetico è una particolare evoluzione dell’aforistica tradizionale, si genera dall’ibridazione dell’aforisma con il frammento poetico e, in Italia, si sviluppa a partire dagli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento. Lo studioso tedesco Werner Helmich definisce così questo nuovo genere: «testi brevissimi e spesso ellittici che non rappresentano più giudizi basati su concetti astratti, ma osservazioni poetiche ricavate da impressioni spontanee di analogie, generalmente visive».
L’origine è duplice: da un lato la poesia e dall’altro l’aforisma, due generi in apparenza difficilmente conciliabili. È doveroso notare che all’inizio del ventesimo secolo i canoni poetici diventano progressivamente meno rigidi, i componimenti tendono sempre più alla brevità mentre, al contempo, si indebolisce il confine tra i vari generi letterari e aumenta la sperimentazione (un importante laboratorio, in tal senso, furono le riviste dell’epoca, come ad esempio Lacerba e La Voce); se si pensa ad alcuni frammenti di Quasimodo o Ungaretti (Ed è subito sera e Soldati, solo per citarne alcuni) ci si rende conto che le differenze tra prosa e poesia sono ormai minime. Sempre nella prima metà del ventesimo secolo l’aforisma si modifica sensibilmente, passando dalla massima perentoria e sentenziosa (eredità dei secoli precedenti) a una aforistica più fragile e incerta, tanto che gli autori novecenteschi sembrano ormai più concentrati a indagare e valutare se stessi più che il mondo esterno. Sul punto non si può prescindere dai tragici eventi storici, ovvero le due guerre mondiali e i tanti totalitarismi, traumi che furono in grado di provocare (in letteratura e non solo) un sentimento diffuso di incertezza. Inoltre anche in questo genere, come già in poesia, aumenta la tendenza a sperimentare generando nuove variazioni (aforisma psicanalitico, aforisma visivo e altri ancora).

Nicolino Longo
L’aforisma poetico ha sei caratteristiche principali, tre sono comuni all’intera aforistica (brevità, isolamento testuale e pointe) e altrettante sono invece proprie (prosa lirica, soggettività, e precarietà). Riassumendo il primo gruppo si può dire che tutti gli aforismi sono brevi (passando dalla massima rapida e fulminante di derivazione francese al ragionamento più esteso di tradizione tedesca) e non hanno legami tra loro all’interno della raccolta (in pratica, cambiando la disposizione non si altera mai il risultato finale). La pointe, invece, non sempre così evidente è un francesismo che rivela l’effetto sorpresa, lo stupore e, in misura minore, l’ironia espressi in termini estetici o semantici. Studiando le caratteristiche proprie dell’aforisma poetico si nota che la vera novità è la prosa lirica, di fatto una scrittura prosastica (quindi priva di versificazione e non soggiacente a regole metriche) che adotta metodi tipici della poesia, come simmetrie retoriche, clausole o valori ritmici; di conseguenza essa non mira soltanto all’espressione di pensieri lineari e precisi ma tende anche a evocare emozioni. La seconda peculiarità del nuovo genere è la soggettività, intesa come predominio dell’io e tema autobiografico (mentre l’aforisma classico è solito usare, sin dalle origini, la seconda e la terza persona). Infine troviamo la precarietà, riscontrabile soprattutto nei soggetti affrontati e nel tono utilizzato, a segnalare come i componimenti non siano più adeguati a formulare precetti universali né riescano a dare indicazioni e comandi imperativi.
Il precursore dell’aforisma poetico in Italia è considerato Giovanni Boine, autore che tentò un generale rinnovamento dei modelli esistenti e che servì da traccia ai poeti successivi, come Camillo Sbarbaro; all’autore ligure si deve invece lo sviluppo della prosa lirica, così in alcuni suoi componimenti la poeticità emerge non solo per la capacità suggestiva ma anche per la cadenza ritmata (e quasi melodica) del sintagma che ricorda, appunto, l’andamento musicale (“I vecchi non vedono più che i bambini - i bambini che non li vedono”, “Da un pugno di concio un gambo di zucca, da un mucchio di carta una riga salvata”). Un altro importante poeta del Novecento italiano prestato all’aforistica è Cesare Viviani che cercò inizialmente di tenere separate le opere in prosa da quelle in poesia; in seguito si verificò però un avvicinamento tra i due poli e nel, 2012, l’autore giunse alla pubblicazione di Infinita Fine, un’opera annoverata tra le raccolte di poesie ma che, per l’assenza di regole metriche e nell’incedere definitorio e riflessivo, rappresenta una perfetta sintesi tra il frammento poetico e l’aforisma. Un’autrice centrale nello sviluppo dell’aforisma poetico fu certamente Alda Merini che partì dalla poesia e giunse all’aforistica soltanto in età senile (esordì nel 1992); il genere breve fu per la poetessa meneghina un naturale approdo dopo anni dedicati a componimenti più estesi e classici, nonché un’attività di riflessione preziosa e terapeutica. Lo stile in questo caso è fortemente diaristico e si nota la quasi totale assenza di punteggiatura; frequente è anche l’uso di un linguaggio ricercato, lirico ed ermetico con un abbondante utilizzo delle figure retoriche (“Gli aforismi sono gli incantesimi della notte”, “I colori maturano la notte”, “Il poeta non dorme mai ma in compenso muore spesso”). Il mentore aforistico di Alda Merini è Alberto Casiraghi, autore chiave nello sviluppo di questa breve cronistoria e predisposto alla sperimentazione (anche unendo all’aforisma l’arte visiva, l’haiku e l’epigramma); la forma di Casiraghi si contraddistingue per l’accentuata poeticità che si esprime attraverso un linguaggio perlopiù metaforico e quasi onirico (“Quando le foglie sono inquiete la pianta pensa”, “Le farfalle vivono alla giornata”). Altrettanto poetici sono gli ultimi due autori che segnalo, ovvero Donato Di Poce e Fabrizio Caramagna.

Laura Margherita Volante
Del primo, autore prolifico e analogico sempre borderline tra prosa e poesia, è doveroso ricordare che ha coniato il termine Poesismi (e così ha intitolato una sua raccolta), neologismo perfetto per definire (in sintesi, come richiede il genere breve) l’aforisma poetico (Anche gli alberi a primavera scrivono poesie e gli stupidi pensano che siano fiori”, “Il poeta è un contadino che semina metafore e raccoglie stupore”). Caramagna si dimostra un ottimo sperimentatore sempre alla ricerca di nuove e ardite soluzioni, spesso scegliendo di centellinare gli aforismi, uno per pagina e in posizione centrale; nell’anno in corso ha pubblicato con Mondadori Il numero più grande è due, un romanzo poetico (e aforistico) davvero all’avanguardia; il suo stile è leggero e immaginifico, tende spesso a suscitare meraviglia nel lettore utilizzando elementi presi dalla natura (“Un grande albero ha un respiro anche per il boscaiolo che vuole abbatterlo”, “La brevità: si vede dall’esile filo di seta se l’autore ha digerito il suo gelso”).

La produzione dell’aforisma poetico è in costante crescita e continua a evolversi, anche dimostrando una maggiore consapevolezza (in Italia e nel resto del mondo), inoltre negli ultimi anni alcuni studiosi hanno iniziato ad avvicinarsi al tema e a delinearne tratti e protagonisti; su tutti cito il capitolo Versi ed epigrammi in briciole, all’interno dell’interessante saggio L’aforisma italiano del XXI secolo di Antonio Castronuovo, apparso sulla rivista Nuova informazione bibliografica edita da Il Mulino. Alla luce di tutto ciò si può ben concludere, utilizzando le parole di Ruozzi, che il genere sia perfettamente «conscio dei propri confini umani e insofferente di quelli territoriali».