storia di un amore possibile
di
Stefano Elefanti
Con questo scritto di Stefano Elefanti rendiamo omaggio all'aforisma e anche a due degli autori più prolifici in materia (Nicolino Longo e Laura Margherita Volante), che da decenni se ne occupano su queste pagine. Anche oggi pubblichiamo alcuni loro aforismi. Ad entrambi auguriamo pronta guarigione.
Dell’aforisma
poetico nella letteratura italiana mi sono occupato in passato e ho cercato di
delinearne la genesi, le caratteristiche e gli autori principali in occasione
di una ricerca sul tema pubblicata nel 2013, con Edizioni Joker, intitolata
appunto Origini e sviluppo dell’aforisma
poetico nel Novecento italiano. Cercherò quindi di darvi di seguito alcuni
rapidi cenni sul tema e vi invito, qualora vi interessasse approfondire
l’argomento, al ben più dettagliato (e ahimè corposo) elaborato sopracitato.
L’aforisma
poetico è una particolare evoluzione dell’aforistica tradizionale, si genera dall’ibridazione dell’aforisma con il
frammento poetico e, in Italia, si sviluppa a partire dagli anni Quaranta e
Cinquanta del Novecento. Lo studioso tedesco Werner Helmich definisce così
questo nuovo genere: «testi brevissimi e spesso ellittici che non rappresentano
più giudizi basati su concetti astratti, ma osservazioni poetiche ricavate da impressioni spontanee di analogie,
generalmente visive».
L’origine
è duplice: da un lato la poesia e dall’altro l’aforisma, due generi in
apparenza difficilmente conciliabili. È doveroso notare che all’inizio del
ventesimo secolo i canoni poetici diventano progressivamente meno rigidi, i
componimenti tendono sempre più alla brevità mentre, al contempo, si
indebolisce il confine tra i vari generi letterari e aumenta la sperimentazione
(un importante laboratorio, in tal senso, furono le riviste dell’epoca, come ad
esempio Lacerba e La Voce); se si pensa ad alcuni
frammenti di Quasimodo o Ungaretti (Ed è
subito sera e Soldati, solo per
citarne alcuni) ci si rende conto che le differenze tra prosa e poesia sono
ormai minime. Sempre nella prima metà del ventesimo secolo l’aforisma si
modifica sensibilmente, passando dalla massima perentoria e sentenziosa
(eredità dei secoli precedenti) a una aforistica più fragile e incerta, tanto che
gli autori novecenteschi sembrano ormai più concentrati a indagare e valutare
se stessi più che il mondo esterno. Sul punto non si può prescindere dai
tragici eventi storici, ovvero le due guerre mondiali e i tanti totalitarismi, traumi
che furono in grado di provocare (in letteratura e non solo) un sentimento
diffuso di incertezza. Inoltre anche in questo genere, come già in poesia,
aumenta la tendenza a sperimentare generando nuove variazioni (aforisma
psicanalitico, aforisma visivo e altri ancora).
Nicolino Longo |
L’aforisma
poetico ha sei caratteristiche principali, tre sono comuni all’intera
aforistica (brevità, isolamento testuale e pointe)
e altrettante sono invece proprie (prosa lirica, soggettività, e precarietà).
Riassumendo il primo gruppo si può dire che tutti gli aforismi sono brevi
(passando dalla massima rapida e fulminante di derivazione francese al
ragionamento più esteso di tradizione tedesca) e non hanno legami tra loro
all’interno della raccolta (in pratica, cambiando la disposizione non si altera
mai il risultato finale). La pointe,
invece, non sempre così evidente è un francesismo che rivela l’effetto
sorpresa, lo stupore e, in misura minore, l’ironia espressi in termini estetici
o semantici. Studiando le caratteristiche proprie dell’aforisma poetico si nota
che la vera novità è la prosa lirica, di fatto una scrittura prosastica (quindi
priva di versificazione e non soggiacente a regole metriche) che adotta metodi
tipici della poesia, come simmetrie retoriche, clausole o valori ritmici; di
conseguenza essa non mira soltanto all’espressione di pensieri lineari e
precisi ma tende anche a evocare emozioni. La seconda peculiarità del nuovo
genere è la soggettività, intesa come predominio dell’io e tema autobiografico
(mentre l’aforisma classico è solito usare, sin dalle origini, la seconda e la
terza persona). Infine troviamo la precarietà, riscontrabile soprattutto nei soggetti
affrontati e nel tono utilizzato, a segnalare come i componimenti non siano più
adeguati a formulare precetti universali né riescano a dare indicazioni e
comandi imperativi.
Il
precursore dell’aforisma poetico in Italia è considerato Giovanni Boine, autore
che tentò un generale rinnovamento dei modelli esistenti e che servì da traccia
ai poeti successivi, come Camillo Sbarbaro; all’autore ligure si deve invece lo
sviluppo della prosa lirica, così in alcuni suoi componimenti la poeticità
emerge non solo per la capacità suggestiva ma anche per la cadenza ritmata (e
quasi melodica) del sintagma che ricorda, appunto, l’andamento musicale (“I
vecchi non vedono più che i bambini - i bambini che non li vedono”, “Da un
pugno di concio un gambo di zucca, da un mucchio di carta una riga salvata”).
Un altro importante poeta del Novecento italiano prestato all’aforistica è Cesare Viviani che cercò inizialmente di
tenere separate le opere in prosa da quelle in poesia; in seguito si verificò
però un avvicinamento tra i due poli e nel, 2012, l’autore giunse alla
pubblicazione di Infinita Fine,
un’opera annoverata tra le raccolte di poesie ma che, per l’assenza di regole
metriche e nell’incedere definitorio e riflessivo, rappresenta una perfetta
sintesi tra il frammento poetico e l’aforisma. Un’autrice centrale nello
sviluppo dell’aforisma poetico fu certamente Alda Merini che partì dalla poesia
e giunse all’aforistica soltanto in età senile (esordì nel 1992); il genere
breve fu per la poetessa meneghina un naturale approdo dopo anni dedicati a
componimenti più estesi e classici, nonché un’attività di riflessione preziosa
e terapeutica. Lo stile in questo caso è fortemente diaristico e si nota la
quasi totale assenza di punteggiatura; frequente è anche l’uso di un linguaggio
ricercato, lirico ed ermetico con un abbondante utilizzo delle figure retoriche
(“Gli aforismi sono gli incantesimi della notte”, “I colori maturano la notte”,
“Il poeta non dorme mai ma in compenso muore spesso”). Il mentore aforistico di
Alda Merini è Alberto Casiraghi, autore chiave nello sviluppo di questa breve
cronistoria e predisposto alla sperimentazione (anche unendo all’aforisma
l’arte visiva, l’haiku e l’epigramma); la forma di Casiraghi si
contraddistingue per l’accentuata poeticità che si esprime attraverso un
linguaggio perlopiù metaforico e quasi onirico (“Quando le foglie sono inquiete
la pianta pensa”, “Le farfalle vivono alla giornata”). Altrettanto poetici sono
gli ultimi due autori che segnalo, ovvero Donato Di Poce e Fabrizio Caramagna.
Laura Margherita Volante |
La produzione dell’aforisma poetico è in costante crescita e continua a evolversi, anche dimostrando una maggiore consapevolezza (in Italia e nel resto del mondo), inoltre negli ultimi anni alcuni studiosi hanno iniziato ad avvicinarsi al tema e a delinearne tratti e protagonisti; su tutti cito il capitolo Versi ed epigrammi in briciole, all’interno dell’interessante saggio L’aforisma italiano del XXI secolo di Antonio Castronuovo, apparso sulla rivista Nuova informazione bibliografica edita da Il Mulino. Alla luce di tutto ciò si può ben concludere, utilizzando le parole di Ruozzi, che il genere sia perfettamente «conscio dei propri confini umani e insofferente di quelli territoriali».