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lunedì 24 giugno 2019

Teatro
IL MERAVIGLIOSO ITINERARIO VERSO LA GIOIA  
di Leonardo Filaseta

Pippo Delbono

Al teatro Strehler di Milano dal 4 al 12/6 Pippo Delbono ha chiuso la stagione teatrale in straordinaria bellezza con “La Gioia”. La trama non è di facile narrazione poiché è costituita da un percorso autobiografico degli ultimi vent’anni. Le musiche dello stesso Pippo e di Antoine Bataille e Nicola Toscano costituiscono l’ossatura palpitante e vigorosa e ci bombardano rinvigorenti specie all’inizio e nel finale, co-protagoniste al suo itinerario: confessione dell’incamminarsi alla gioia. Intrisa di tante brevi storie che il Nostro evoca con l’incantesimo dell’insinuarsi della voce sussurrata. Protagonista che gira con passo cadenzato sulla scena, si siede davanti al pubblico, scende in platea da stregone incantatore con silenzi gravidi di tensione.
Incomincia dall’infanzia: “c’era a Varazze un ragazzo abbandonato e venne accolto teneramente da mia madre…” ecco profilarsi la tenerezza, l’amicizia, la bontà: sentimenti che s’intensificheranno nella gioia, spesso sublimando il dolore. Digressioni con Budda - tre sono le cose che degradano l’uomo: la voracità, la collera, la stupidità - ci ammantano col mantello di religione e filosofia. Il file rouge che lega la pièce è la memoria del sodalizio con Bobò - morto pochi mesi fa - raccolto ventidue anni fa nel manicomio di Aversa e a cui dedica lo spettacolo, divenuto co-protagonista dei tour mondiali di Pippo. Il quale ci instrada sulla scia visionaria dei matti - siamo tutti matti - di cui Bobò era il più angelico. Gracile e minuto, “sempre accucciato accanto a me “, formava col robusto Pippo l’articolo “Il”. Lo ricordiamo tutti sorridente, felice e con piccoli gesti festosi. Chi non l’ha conosciuti ne ha un eco dai registrati squittii gioiosi.
Oggi quale deuteragonista s’incide Gianluca Ballarè con un passo felpato. Addobba la scena con la sua forte presenza silenziosa e compassata - quasi uno spirito - con tre rituali: inonda la scena tutta di stracci a renderla una foresta di vita, la pavimenta di decine e decine di barchette di carta: momento di sospesa contemplazione e di rapimento poetico. E, nel finale, allaga la scena con una miriade di mazzi di fiori, mentre dall’alto calano abbaglianti composizioni floreali a colonna di T. Boutemy. Nel mezzo un tocco altamente gioioso, travolgente con l’intervento di nove attori clown con colori sgargianti. Sono le varie maschere della commedia dell’arte che inscenano una poderosa danza sabbatica con innervature di fiamme rosseggianti in vulcanica esplosione di corpi tra terra e cielo. Riprende Pippo e s’abbandona all’ardente aspirazione al teatro come suo desiderio e gioia: “volevo fare il trapezista. La mia passione era il trapezio. M’immaginavo di lanciarmi dall’alto con la certezza che qualcuno mi avrebbe preso, che non mi avrebbe fatto cadere: era bellissimo, ma morivo di paura”.
Pellegrino della conoscenza con la bacchetta del rabdomante ci conduce amabilmente in ogni spazio, sussurrando a trovare il nostro personale cammino verso la gioia: “sentimento di piena e viva soddisfazione dell’animo; allegria, letizia, felicità”, come si legge nel dizionario. Con l’attraversamento e la trasformazione del dolore ci tornano a galla momenti rari di leggerezza del bambino lieto e spensierato e gaudente che fummo: ora avvolti in un manto di fervida serietà.
La gioia viene lambita in attimi fuggenti. Allora prorompe la preghiera, con il poetico inno cosmico alla gioia: “noi ti preghiamo, per il mare nostrum che sta sotto il cielo, per la sabbia che si abbraccia con le onde”.
Finale incandescente, parossistico, trascinante tutti i sensi con una musica esondante di crescenti altisonanti alla Stravinskij e scena in toto floreale, abbacinante. Visione paradisiaca che ci rapisce tutti. L’estro magnetico e sciamanico di Pippo ci ha instradato alla conquista della gioia attraverso triboli e angosce: al modo di Beethoven. Vertiginoso spettacolo, viandanza d’immersione nella cosmica unità di terra, mare e cielo. Si esce con domande esistenziali: raggiungo io la gioia? La diffondo? Come la preservo?
Ti diciamo sì, incamminati, legati nella tua mano di fratello maggiore, e viandanti alla conquista della vetta della gioia, con Bobò benedicente dal cielo. In tale zona d’incanto gioiosamente ti sussurriamo: grazie, grazie!