IL MERAVIGLIOSO ITINERARIO VERSO LA GIOIA
di
Leonardo Filaseta
Pippo Delbono |
Al
teatro Strehler di Milano dal 4 al 12/6 Pippo Delbono ha chiuso la stagione
teatrale in straordinaria bellezza con “La Gioia”. La trama non è di facile
narrazione poiché è costituita da un percorso autobiografico degli ultimi
vent’anni. Le musiche dello stesso Pippo e di Antoine Bataille e Nicola Toscano
costituiscono l’ossatura palpitante e vigorosa e ci bombardano rinvigorenti
specie all’inizio e nel finale, co-protagoniste al suo itinerario: confessione
dell’incamminarsi alla gioia. Intrisa di tante brevi storie che il Nostro evoca
con l’incantesimo dell’insinuarsi della voce sussurrata. Protagonista che gira
con passo cadenzato sulla scena, si siede davanti al pubblico, scende in platea
da stregone incantatore con silenzi gravidi di tensione.
Incomincia
dall’infanzia: “c’era a Varazze un ragazzo abbandonato e venne accolto
teneramente da mia madre…” ecco profilarsi la tenerezza, l’amicizia, la bontà:
sentimenti che s’intensificheranno nella gioia, spesso sublimando il dolore.
Digressioni con Budda - tre sono le cose che degradano l’uomo: la voracità, la
collera, la stupidità - ci ammantano col mantello di religione e filosofia. Il
file rouge che lega la pièce è la memoria del sodalizio con Bobò - morto pochi
mesi fa - raccolto ventidue anni fa nel manicomio di Aversa e a cui dedica lo
spettacolo, divenuto co-protagonista dei tour mondiali di Pippo. Il quale ci
instrada sulla scia visionaria dei matti - siamo tutti matti - di cui Bobò era
il più angelico. Gracile e minuto, “sempre accucciato accanto a me “, formava
col robusto Pippo l’articolo “Il”. Lo ricordiamo tutti sorridente, felice e con
piccoli gesti festosi. Chi non l’ha conosciuti ne ha un eco dai registrati
squittii gioiosi.
Oggi
quale deuteragonista s’incide Gianluca Ballarè con un passo felpato. Addobba la
scena con la sua forte presenza silenziosa e compassata - quasi uno spirito -
con tre rituali: inonda la scena tutta di stracci a renderla una foresta di
vita, la pavimenta di decine e decine di barchette di carta: momento di sospesa
contemplazione e di rapimento poetico. E, nel finale, allaga la scena con una
miriade di mazzi di fiori, mentre dall’alto calano abbaglianti composizioni
floreali a colonna di T. Boutemy. Nel mezzo un tocco altamente gioioso,
travolgente con l’intervento di nove attori clown con colori sgargianti. Sono
le varie maschere della commedia dell’arte che inscenano una poderosa danza
sabbatica con innervature di fiamme rosseggianti in vulcanica esplosione di
corpi tra terra e cielo. Riprende Pippo e s’abbandona all’ardente aspirazione
al teatro come suo desiderio e gioia: “volevo fare il trapezista. La mia
passione era il trapezio. M’immaginavo di lanciarmi dall’alto con la certezza
che qualcuno mi avrebbe preso, che non mi avrebbe fatto cadere: era bellissimo,
ma morivo di paura”.
Pellegrino
della conoscenza con la bacchetta del rabdomante ci conduce amabilmente in ogni
spazio, sussurrando a trovare il nostro personale cammino verso la gioia: “sentimento
di piena e viva soddisfazione dell’animo; allegria, letizia, felicità”, come si
legge nel dizionario. Con
l’attraversamento e la trasformazione del dolore ci tornano a galla momenti
rari di leggerezza del bambino lieto e spensierato e gaudente che fummo: ora
avvolti in un manto di fervida serietà.
La
gioia viene lambita in attimi fuggenti. Allora prorompe la preghiera, con il
poetico inno cosmico alla gioia: “noi ti preghiamo, per il mare nostrum che sta
sotto il cielo, per la sabbia che si abbraccia con le onde”.
Finale
incandescente, parossistico, trascinante tutti i sensi con una musica esondante
di crescenti altisonanti alla Stravinskij e scena in toto floreale,
abbacinante. Visione paradisiaca che ci rapisce tutti. L’estro magnetico e
sciamanico di Pippo ci ha instradato alla conquista della gioia attraverso
triboli e angosce: al modo di Beethoven. Vertiginoso spettacolo, viandanza
d’immersione nella cosmica unità di terra, mare e cielo. Si esce con domande
esistenziali: raggiungo io la gioia? La diffondo?
Come la preservo?
Ti
diciamo sì, incamminati, legati nella tua mano di fratello maggiore, e
viandanti alla conquista della vetta della gioia, con Bobò benedicente dal
cielo. In tale zona d’incanto gioiosamente ti sussurriamo: grazie, grazie!