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lunedì 30 settembre 2019

EDUCAZIONE CIVICA
di Fulvio Papi

Ho letto che verrà restaurato nella scuola l’insegnamento di “educazione civica”. Su questo argomento fiorirono testi importanti come quello di Norberto Bobbio e altri di rilievo più o meno importante. Il risvolto didattico fu un fallimento che probabilmente ha due ragioni fondamentali, gli insegnanti non sono per nulla preparati a insegnare l’educazione civica. Molti si limitavano a leggere con ovvi commenti alcune norme della suprema Legge dello Stato come se fosse un catechismo. Altri tentavano un minimo di sfondo storico che, tuttavia, era costituito da formule politiche troppo semplificate al punto da apparire burocratiche e prive di senso. Mi spiace che, in certe occasioni, vengano ripetute. Non so se siano arrivate delle disposizioni per questo insegnamento. Dall’esperienza e da una certa riflessione suggerirei di non allontanarsi troppo da tre linee fondamentali.
Mi pare molto importante formarsi su alcuni princìpi fondamentali della nostra Costituzione mettendoli in relazione di senso con le trasformazioni sociali che sono accadute in questi settanta anni. Che la Repubblica sia fondata sul lavoro (contemporaneamente sul dovere e sul diritto) si può ripetere, ma bisogna spiegare come si può ripetere e perché. E qui bisogna fare riferimento alle modificazioni radicali che sono intervenute nel lavoro e negli effetti sociali che esse hanno provocato. Quando fu discussa la Costituzione il lavoro agricolo era prevalentemente manuale, ora si avvale di diverse tecnologie che trasformano la stessa figura dell’agricoltore, sul lavoro e nella vita sociale. La Costituzione garantisce la libertà di stampa. Ma al tempo vi erano autorevoli giornali competitivi tra loro, e la libertà era la garanzia per ognuno di far valere le proprie opinioni. Oggi l’informazione (che diventa tout court formazione) è dominio delle televisioni e del potere della rete informatica. Il concetto stesso di libertà va almeno problematizzato e tolto da quella vaga intuizione metafisica che copre in realtà un autoritarismo di natura pubblicitaria. Questi temi mi paiono da insegnare. Poi mi pare fondamentale mostrare che i sistemi politici attuali hanno senz’altro le loro radici nella riflessione teorica intorno al comando delle città, dall’età di Pericle (governo per il popolo, non del popolo) sino all’impero macedone. Ci sono opere (quella di Vegetti su tutte) che facilitano questo lavoro a chiunque voglia farne oggetto di insegnamento. Perché la Costituzione garantisca una forma di potere politico piuttosto che altre si può leggere bene nelle pagine della storia greca e si può anche capire quando e perché possa entrare in crisi. E poi a questi ragazzi che molto spesso vogliono difendere l’ambiente naturale, si mobilitano contro l’invasione dei rifiuti, contro l’incoscienza dei loro concittadini, mostrano la virtù (un poco ideale) della solidarietà, fargli leggere un libro letteralmente perfetto, educativamente essenziale come Piccoli maestri di Meneghello. Queste sono indicazioni di massima. L’insegnante seguirà la sua strada, ma l’importante è che l’insegnamento di educazione civica non segua il destino disastroso ma ironico dell’insegnamento della filosofia. Se no è molto meglio, ma veramente molto meglio, ascoltare alla televisione gli Angela, padre e figlio che sono intelligenti, istruttivi, cordiali.