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domenica 22 settembre 2019

IL BLITZ ANTI-NUDISTI
di Nicolino Longo

Altri tempi.


Quest’operazione di Polizia municipale (blitz anti-nudisti), effettuata di concerto con le Forze dell’Ordine della Benemerita, è da far risalire, a un dipresso, alla prima metà degli anni Ottanta. Era d’estate. Io ero in forza (dacché lo fui dal ’78 al ’90), al Corpo di Polizia Municipale quale Vigile aggiunto estivo (con uno stipendio mensile di V livello, pari a lire un milione960.000, mentre, nei paesi viciniori, i vigili estivi prendevano appena L. 300.000). Il Comandante (già Sergente della Marina Militare) ne era Pietro Colantonio, che, pur se in attività di servizio ormai da un decennio, aveva, purtroppo e a ragione, spesso a lamentarsi, ricordo, del suo stipendio: assai inferiore rispetto a quello percepito da noi Vigili aggiunti estivi (non solo perché fossimo dei diplomati, o laureati, ma, a sua detta, anche perché dei fruitori di molte indennità a lui non riconosciute: in quanto, Vigile effettivo).
Il mese, pare, fosse quello di agosto, quando, un giorno, il Colantonio ricevette ordine dal Sindaco, rag. Biagio Aragona, di intervenire, per l’appunto, su una delle zone balneari del nostro paese, per una questione di manifesto e reiterato attentato alla Pubblica decenza. Le lamentele pervenute, in sequela, al Primo cittadino erano state quelle per cui molti villeggianti, assieme a dei nostri compaesani, si erano visti costretti a non poter condurre più i propri bambini su un tratto della nostra spiaggia, in quanto occupato da un gruppo di giovani (maschi e femmine), i quali, ogni giorno, davano scandalo mettendosi completamente nudi a prendere il sole.
La zona balneare incriminata constò essere la spiaggia della Grotta del Prete (attualmente, con al suo interno, un accorsatissimo punto ristoro e bar). A quei tempi, mi riferisco sempre ai primi anni ’80, era invalsa la moda del Nudismo, in quanto se ne parlava, sia in Tv che sui giornali, diffusamente. Ma si trattava di Nudismo solo in luoghi legalmente autorizzati. La spiaggia della Grotta del Prete, invece, non era compresa fra questi, per cui il Sindaco diede, come già detto sopra, subito disposizione al Capo vigile di organizzare un blitz contro questi trasgressori della Pubblica decenza. Il Colantonio, fra i pochi Vigili aggiunti estivi, scelse me, dicendomi: “Oggi, non appena finisci, alle 14,  il servizio, mangi, ti riposi un po’ e, alle 15 e 30, rimanendo in divisa, ti vai ad appostare, assieme ai due Carabinieri che ti mando in appoggio, sulla Grotta del Prete, dove, ben nascosto, riceverai, sul tuo walkie-talkie (ricetrasmittente, in dotazione a noi vigili), miei ordini dal motoscafo su cui sarò, a mia volta, appostato, in borghese, assieme a un Magistrato (con a scorta un Capitano dei Carabinieri) del Tribunale di Paola”.



Così, i due Carabinieri ed io, all’ora convenuta, lasciando le auto sotto l’ormai vecchissima, disabilitata e dismessa Stazione ferroviaria dell’Arco Magno, e attraverso un ripido sentiero, ci portammo sulla rupe sovrastante la Grotta, dove, toltici i berretti, ci appostammo per ricevere disposizioni dal mare. Non avevamo ancora neanche ripreso fiato, quando ci giunse l’ordine, di scendere, taccuino e penna in mano, immediatamente, sulla spiaggia sottostante indicataci, per cogliere in flagranza di reato quei dispensatori di pubblica oscenità (effettivamente, lì localizzati, con binocolo, dal Motoscafo di Pattuglia). Io (ch’ero reduce, più o meno, da un’esperienza geoponico-pastorale in alta collina, e venatoria nei luoghi più impervi), con quattro salti, e, quindi, in non più di trenta secondi, mi ritrovai davanti alla Grotta, ordinando loro, con tono perentorio, di non muoversi e favorirmi subito i documenti, da cui copiai, immantinente, le loro generalità. Intanto, essi, sempre più spaventati e increduli per l’inattesa incursione, rimettendosi i costumi, incominciarono, non sapendo di essere già circondati, a supplicarmi affinché non rendessi, assolutamente, edotte del blitz le Autorità superiori.
Nello stesso tempo, via mare, mi raggiungeva, inaspettatamente, il Colantonio che, mentre si alzava dalla riva, e faceva cenno, al Motoscafo, che era tutto a posto, gli caddero sui piedi, galeotto il peso dell’acqua assorbita, le mutande, rimanendo completamente nudo anch’egli. Al che i nudisti mi si scagliarono contro dicendomi di prendere subito i connotati anche di quell’altro signore nudo. Ma io risposi loro che quello non era un nudista, ma il mio Comandante che, per necessità di servizio (la cosa non era stata prevista), aveva dovuto lasciare il resto del vestiario sul Motoscafo, e raggiungermi in mutande (e questo perché aveva temuto che, vedendomi solo, qualcuno di essi si sarebbe potuto rendere latitante, dal momento che i giovanissimi Carabinieri, scendendo mano nella mano, in quanto non pratici dei precipizi, dopo dieci minuti, non mi avevano ancora affiancato). Il Colantonio, rialzatesi in un battibaleno le mutande, e avanzando, sbraitando, con quella sua voce cavernosa, contro di essi, come un orco, li mise tutti a tacere, rimproverando loro dello scandalo che per tanti giorni avevano dato davanti a donne e bambini. Arrivati, poi, anche i Carabinieri, cominciammo, senza por tempo in mezzo, a tentare la risalita, tutti insieme, della rupe (tranne il Colantonio che, per forza di cose, dovette ritornare sul motoscafo per ricongiungersi, poi, con noi, nella Caserma dei Carabinieri di Scalea, la cui ubicazione, all’epoca, ricadeva dietro l’Istituto bancario).


Se, a percorrere il tratto di costa in discesa, io avevo impiegato, come ho detto, solo una trentina di secondi, per risalirlo furono, poi, invece, sprecati più di trenta minuti. E questo perché (oltre al fatto che fosse assai impervio) l’unica donna, presente fra i cinque posti in stato di arresto, incominciava a piangere, e spesso ad accovacciarsi a terra, in preda a finti svenimenti: e tutto ciò al pensiero che l’avvenuto suo arresto sarebbe, dipoi, potuto giungere alle orecchie del marito, rimasto a Roma (anche se a me aveva tentato, a tutta prima, di far credere che si trovasse lì, su quella spiaggia, per un’esigenza elioterapica a “tutto soma!”, senza poi avermene, però, potuto esibire la comprovante prescrizione medica). La stessa seguitava a intralciarci, e a ritardarci, la risalita anche per il fatto che lo spavento le aveva arse le labbra, al punto da chiederci, insistentemente, acqua (che noi non avevamo), e di essere portata in braccio: richiesta, quest’ultima, che l’accidentalità dell’erto viottolo, il caldo e la sete che assillava anche noi, non ci consentivano, purtroppo, di esaudire. Quando raggiungemmo il sentiero più agevole, che portava alla spiaggia dell’Arco Magno (confinante con quella di Fiuzzi di Praia a Mare), ove erano state lasciate le auto (sia le loro che le nostre), la vecchia Guardia di San Nicola Arcella (la Guardia municipale per eccellenza, dacché è rimasta, come una leggenda, nella memoria storica dei sannicolesi), Antonio De Patta, dalla riva del mare sottostante, chiese ai quattro giovani (che non erano della Svezia, come di primo acchito si era pensato, ma bensì, addirittura, di un vicino paese lucano): “Paisà, adduvi vi portanu”, “Ci portanu ‘ngalera”, rispose, pronto, uno di loro. E il De Patta: “Agurij, agurij cumparì”. E loro, come se nulla fosse: “Graziji, graziji, e bunu bagnu”.
Dopo un po’, giunti all’area di parcheggio, li facemmo salire sulle loro auto e ci avviammo verso la Caserma, come già detto, della vicina Scalea. E lo facemmo, disponendoci, in una breve e serrata teoria, io avanti, i nudisti con le loro auto dietro di me e, in coda a tutti, per avere la visuale completa della situazione, in caso di fuga degli ostaggi, i Carabinieri. Giunti in Caserma, furono, per prima interrogati, ma per soli dieci minuti, dal Maresciallo Ventura Pranzitelli, i quattro giovani, e, dipoi (trattenendola per circa un’ora), la giovane donna. Evasa, per quanto ci riguardasse, ogni formalità di routine, il Comandante ed io ci ritirammo. Non so quali, poi furono, effettivamente, i provvedimenti adottati nei loro confronti. Ma, dacché erano i tempi di Andreotti, il tutto, io penso, si risolse in una bolla di sapone, in un  nulla di fatto. All’epoca, erano ben altri, e ben più gravi, i reati a cui i paesi balneari e l’Italia tutta dovevano far fronte. Fatto sta, comunque, che il gran spavento di cui essi, quel giorno, furono preda, aveva impartito loro una grande lezione: quella di non ripresentarsi mai più, in costumi adamitici, sulle nostre spiagge. Né altri mai -scoraggiati, sicuramente, dal “passa parola”- ne vennero a prendere, in seguito, il posto.