di
Nicolino Longo
Altri
tempi.
Quest’operazione
di Polizia municipale (blitz anti-nudisti), effettuata di concerto con le Forze
dell’Ordine della Benemerita, è da far risalire, a un dipresso, alla prima metà
degli anni Ottanta. Era d’estate. Io ero in forza (dacché lo fui dal ’78 al
’90), al Corpo di Polizia Municipale quale Vigile aggiunto estivo (con uno
stipendio mensile di V livello, pari a lire un milione960.000, mentre, nei
paesi viciniori, i vigili estivi prendevano appena L. 300.000). Il Comandante
(già Sergente della Marina Militare) ne era Pietro Colantonio, che, pur se in
attività di servizio ormai da un decennio, aveva, purtroppo e a ragione, spesso
a lamentarsi, ricordo, del suo stipendio: assai inferiore rispetto a quello
percepito da noi Vigili aggiunti estivi (non solo perché fossimo dei diplomati,
o laureati, ma, a sua detta, anche perché dei fruitori di molte indennità a lui
non riconosciute: in quanto, Vigile effettivo).
Il
mese, pare, fosse quello di agosto, quando, un giorno, il Colantonio ricevette
ordine dal Sindaco, rag. Biagio Aragona, di intervenire, per l’appunto, su una
delle zone balneari del nostro paese, per una questione di manifesto e
reiterato attentato alla Pubblica decenza. Le lamentele pervenute, in sequela,
al Primo cittadino erano state quelle per cui molti villeggianti, assieme a dei
nostri compaesani, si erano visti costretti a non poter condurre più i propri
bambini su un tratto della nostra spiaggia, in quanto occupato da un gruppo di
giovani (maschi e femmine), i quali, ogni giorno, davano scandalo mettendosi
completamente nudi a prendere il sole.
La
zona balneare incriminata constò essere la spiaggia della Grotta del Prete
(attualmente, con al suo interno, un accorsatissimo punto ristoro e bar). A
quei tempi, mi riferisco sempre ai primi anni ’80, era invalsa la moda del
Nudismo, in quanto se ne parlava, sia in Tv che sui giornali, diffusamente. Ma
si trattava di Nudismo solo in luoghi legalmente autorizzati. La spiaggia della
Grotta del Prete, invece, non era compresa fra questi, per cui il Sindaco
diede, come già detto sopra, subito disposizione al Capo vigile di organizzare
un blitz contro questi trasgressori della Pubblica decenza. Il Colantonio, fra
i pochi Vigili aggiunti estivi, scelse me, dicendomi: “Oggi, non appena
finisci, alle 14, il servizio, mangi, ti
riposi un po’ e, alle 15 e 30, rimanendo in divisa, ti vai ad appostare,
assieme ai due Carabinieri che ti mando in appoggio, sulla Grotta del Prete,
dove, ben nascosto, riceverai, sul tuo walkie-talkie (ricetrasmittente, in
dotazione a noi vigili), miei ordini dal motoscafo su cui sarò, a mia volta,
appostato, in borghese, assieme a un Magistrato (con a scorta un Capitano dei
Carabinieri) del Tribunale di Paola”.
Così,
i due Carabinieri ed io, all’ora convenuta, lasciando le auto sotto l’ormai
vecchissima, disabilitata e dismessa Stazione ferroviaria dell’Arco Magno, e
attraverso un ripido sentiero, ci portammo sulla rupe sovrastante la Grotta,
dove, toltici i berretti, ci appostammo per ricevere disposizioni dal mare. Non
avevamo ancora neanche ripreso fiato, quando ci giunse l’ordine, di scendere,
taccuino e penna in mano, immediatamente, sulla spiaggia sottostante
indicataci, per cogliere in flagranza di reato quei dispensatori di pubblica
oscenità (effettivamente, lì localizzati, con binocolo, dal Motoscafo di Pattuglia).
Io (ch’ero reduce, più o meno, da un’esperienza geoponico-pastorale in alta
collina, e venatoria nei luoghi più impervi), con quattro salti, e, quindi, in
non più di trenta secondi, mi ritrovai davanti alla Grotta, ordinando loro, con
tono perentorio, di non muoversi e favorirmi subito i documenti, da cui copiai,
immantinente, le loro generalità. Intanto, essi, sempre più spaventati e
increduli per l’inattesa incursione, rimettendosi i costumi, incominciarono,
non sapendo di essere già circondati, a supplicarmi affinché non rendessi,
assolutamente, edotte del blitz le Autorità superiori.
Nello
stesso tempo, via mare, mi raggiungeva, inaspettatamente, il Colantonio che,
mentre si alzava dalla riva, e faceva cenno, al Motoscafo, che era tutto a
posto, gli caddero sui piedi, galeotto il peso dell’acqua assorbita, le
mutande, rimanendo completamente nudo anch’egli. Al che i nudisti mi si
scagliarono contro dicendomi di prendere subito i connotati anche di
quell’altro signore nudo. Ma io risposi loro che quello non era un nudista, ma
il mio Comandante che, per necessità di servizio (la cosa non era stata
prevista), aveva dovuto lasciare il resto del vestiario sul Motoscafo, e
raggiungermi in mutande (e questo perché aveva temuto che, vedendomi solo,
qualcuno di essi si sarebbe potuto rendere latitante, dal momento che i
giovanissimi Carabinieri, scendendo mano nella mano, in quanto non pratici dei
precipizi, dopo dieci minuti, non mi avevano ancora affiancato). Il Colantonio,
rialzatesi in un battibaleno le mutande, e avanzando, sbraitando, con quella
sua voce cavernosa, contro di essi, come un orco, li mise tutti a tacere,
rimproverando loro dello scandalo che per tanti giorni avevano dato davanti a
donne e bambini. Arrivati, poi, anche i Carabinieri, cominciammo, senza por
tempo in mezzo, a tentare la risalita, tutti insieme, della rupe (tranne il
Colantonio che, per forza di cose, dovette ritornare sul motoscafo per
ricongiungersi, poi, con noi, nella Caserma dei Carabinieri di Scalea, la cui
ubicazione, all’epoca, ricadeva dietro l’Istituto bancario).
Se,
a percorrere il tratto di costa in discesa, io avevo impiegato, come ho detto,
solo una trentina di secondi, per risalirlo furono, poi, invece, sprecati più
di trenta minuti. E questo perché (oltre al fatto che fosse assai impervio)
l’unica donna, presente fra i cinque posti in stato di arresto, incominciava a
piangere, e spesso ad accovacciarsi a terra, in preda a finti svenimenti: e
tutto ciò al pensiero che l’avvenuto suo arresto sarebbe, dipoi, potuto
giungere alle orecchie del marito, rimasto a Roma (anche se a me aveva tentato,
a tutta prima, di far credere che si trovasse lì, su quella spiaggia, per
un’esigenza elioterapica a “tutto soma!”, senza poi avermene, però, potuto
esibire la comprovante prescrizione medica). La stessa seguitava a
intralciarci, e a ritardarci, la risalita anche per il fatto che lo spavento le
aveva arse le labbra, al punto da chiederci, insistentemente, acqua (che noi
non avevamo), e di essere portata in braccio: richiesta, quest’ultima, che
l’accidentalità dell’erto viottolo, il caldo e la sete che assillava anche noi,
non ci consentivano, purtroppo, di esaudire. Quando raggiungemmo il sentiero
più agevole, che portava alla spiaggia dell’Arco Magno (confinante con quella
di Fiuzzi di Praia a Mare), ove erano state lasciate le auto (sia le loro che
le nostre), la vecchia Guardia di San Nicola Arcella (la Guardia municipale per
eccellenza, dacché è rimasta, come una leggenda, nella memoria storica dei
sannicolesi), Antonio De Patta, dalla riva del mare sottostante, chiese ai
quattro giovani (che non erano della Svezia, come di primo acchito si era
pensato, ma bensì, addirittura, di un vicino paese lucano): “Paisà, adduvi vi
portanu”, “Ci portanu ‘ngalera”, rispose, pronto, uno di loro. E il De Patta: “Agurij,
agurij cumparì”. E loro, come se nulla fosse: “Graziji, graziji, e bunu bagnu”.
Dopo
un po’, giunti all’area di parcheggio, li facemmo salire sulle loro auto e ci
avviammo verso la Caserma, come già detto, della vicina Scalea. E lo facemmo,
disponendoci, in una breve e serrata teoria, io avanti, i nudisti con le loro
auto dietro di me e, in coda a tutti, per avere la visuale completa della
situazione, in caso di fuga degli ostaggi, i Carabinieri. Giunti in Caserma,
furono, per prima interrogati, ma per soli dieci minuti, dal Maresciallo
Ventura Pranzitelli, i quattro giovani, e, dipoi (trattenendola per circa
un’ora), la giovane donna. Evasa, per quanto ci riguardasse, ogni formalità di
routine, il Comandante ed io ci ritirammo. Non so quali, poi furono,
effettivamente, i provvedimenti adottati nei loro confronti. Ma, dacché erano i
tempi di Andreotti, il tutto, io penso, si risolse in una bolla di sapone, in
un nulla di fatto. All’epoca, erano ben
altri, e ben più gravi, i reati a cui i paesi balneari e l’Italia tutta
dovevano far fronte. Fatto sta, comunque, che il gran spavento di cui essi,
quel giorno, furono preda, aveva impartito loro una grande lezione: quella di
non ripresentarsi mai più, in costumi adamitici, sulle nostre spiagge. Né altri
mai -scoraggiati, sicuramente, dal “passa parola”- ne vennero a prendere, in
seguito, il posto.