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mercoledì 26 febbraio 2020

TERZA VIA
di Franco Astengo



Mi permetto di ritornare su due concetti che mi è capitato di esprimere in questi giorni di fronte alla situazione creatasi con il propagarsi dell’epidemia. Nello stesso tempo cerco anche di inserirmi nel filone di dibattito aperto dall’articolo di Tommaso Di Francesco (“Il Manifesto”, 26 febbraio: “L’epidemia come sfida e occasione”):

1) Torna a prevalere l’idea del “senso del limite”: quel “senso del limite” che richiede l’esercizio dello spirito critico e della continua ricerca sulla realtà della natura umana.
2Il governo delle cose non può essere demandato alla volontà di potenza di chi detiene il dominio di una tecnologia che punta esclusivamente all’estetica dell’apparire.

Rispetto ai temi di fondo del modello di sviluppo e della stessa convivenza civile, delle relazioni umane, degli interscambi non esclusivamente legati alla logica del profitto, delle comunicazioni d’informazione e culturali ha ragione chi sostiene che siamo di fronte a una possibile occasione.
Esaurite le forme politiche che hanno segnato il ’900, tra l’idea dell’onnipotenza della tecnologia e quella del ritorno all’indietro del tipo (tanto per ridurre all’osso) della “decrescita felice” bisognerà pur individuare un nuovo equilibrio. Per poter pensare di fronteggiare il fenomeno emergente del caos (per altro ben sostenuto dalla solitudine che deriva dall’esercizio degli strumenti di comunicazione di massa) occorrerà allora ripensare ai concetti di “società sobria” ben oltre il semplice criterio della sostenibilità. Non è sufficiente pensare alla”green economy” e ai possibili relativi modelli di vita: serve qualcosa di più ampio e strutturalmente orientato nel suo complesso. Risulterebbe limitato anche un richiamo alla società dei 2/3 di Gorz: analisi che negli anni ’80 rappresentò una sorta di bandiera della socialdemocrazia europea in condizioni ben diverse dalle attuali. La ricostruzione di un intreccio tra etica e politica potrebbe rappresentare il passaggio fondamentale per delineare i contorni di una “società sobria” avendo come base di proposta una nuova “teoria dei bisogni”. Servirà studiare per definire un aggiornamento teorico relativo proprio alla realtà delle “fratture” esistenti, sulla base del quale riaggregare primordialmente interessi specifici. Sembrano due le grandi questioni sul tappeto:

1)quella del rapporto tra consumo del pianeta in termini complessivi di suolo e di risorse naturali e la stessa prospettiva di vivibilità del genere umano;
2)quella della capacità cognitiva, in termini globali di formazione, informazione, capacità di trasmissione di notizie e cultura e quindi di educazione globale.


Va posta al centro la prospettiva di una società alternativa a quella fondata su di un’economia dell’arricchimento progressivo.
Nell’evidente inadeguatezza dei modelli cui ci si è ispirati nella globalizzazione del consumismo individualistico, la vicenda dell’epidemia ci dimostra che siamo rimasti fermi a contemplare ciò che accade senza disporre di idee e di organizzazione per attaccare, come sarebbe necessario, il muro della separatezza tra i popoli e tra i ceti sociali. Una separatezza mai così marcata, almeno a partire dal Secolo dei Lumi.