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martedì 7 luglio 2020

Arte
RUGGERO MARRANI


Ho sempre sostenuto che pochi (anche tra i critici) sanno apprezzare e comprendere la scultura, soprattutto quella astratta, tanto è vero che dicevo ai miei studenti, se volete vedere la sensibilità di chi dispone denaro, vedi se possiede una scultura. Con ciò voglio sottolineare il grande valore artistico di Ruggero Marrani che espone ad Arcadia Art Gallery di Ripa di Porte Ticinese 61 Milano.
Magia della creatività che dà vita a opere di notevole significato e godibilità estetica, la vediamo in Incastri e aderenze nel quale riscontriamo un concentrato culturale che rimanda a Capogrossi, Consagra, Brancusi e all’eco dell’Arte Azteca e Maya, senza essere frutto di dipendenza da essi, bensì li racchiude e supera con un senso di monumentalità che incorpora due elementi semisferici di colore turchese e un’informe protuberanza bianca sita sopra esse, che hanno un concettualismo trascendentale. La superfice lucida esalta il cromatismo ed evidenzia il ruvido della materia esaltando il valore tattile.
Appena l’ingresso, a destra, ci accoglie e rapisce lo sguardo e i sensi, un polimaterico che evoca un concetto spaziale e anche un nido di sentimento, nel cui centro una sfera a specchio, è una cellula, un pianeta o la perfezione di uno stato d’anima incontaminato, dove ruotano orbite satellitari o elementi protettivi. L’involucro di cotti, rievocano la semplicità e il calore del mattone delle costruzioni di edifici di ieri senza presunzione.
A sinistra spicca su un piedistallo una forma circolate in verticale di ceramica policroma, dove elementi a rilievo, con movimento centripeto e centrifugo, echeggia un nucleo di città visto tridimensionalmente in pianta. Sarebbe riduttivo leggere quest’opera in modo univoco, l’arte ha sempre racchiusa una parte sfuggente alla consapevolezza dell’autore e traduce quel qualcosa di recondito che proviene dallo spirito e dall’inconscio. L’opera al primo impatto sembra accostarsi alle sfere di Pomodoro, ma con sguardo indagatore, vediamo che si discosta totalmente. La presenza dei due tiranti metallici alludono alla unione e la loro trasversalità esalta e inquieta.
Altra esaltante scultura, il cui titolo è quasi disviante dal contenuto, anch’essa di ceramica policroma, raffigura una sfera mondo e altre simbologie, abbracciata da parti cilindriche concentrici con apertura, che fa pensare alla Piazza berniniana di San Pietro. I tanti occhi fori con sferette e non, sembrano essere l’allusione degli altri che circondano l’io dell’artista o tanti satelliti di memoria, che a breve distanza di ricordo, si appressano a essere rievocati. Una sferetta si è isolata e osserva da dietro le quinte in solitudine contemplativa. Il sapore delle superfici, contrastanti per colore, si amalgama con simbologie fortemente rimarcate. Il dinamismo in tutte le opere è contenuto.
Ha giustamente scritto il critico Alberto D’Atanasio: “L’esterno e l’interno dialogano dando vita ad opere che ci ridonano una identità perduta e uno spazio interiore dove ogni attività sensoriale è superata e l’armonia del tutto è la sola percezione a cui approdiamo”.
Nel porgere i miei complimenti all’Autore, invito a vedere la mostra che dà l’opportunità di un contatto diretto con le opere per ricevere sensazioni profonde, rispetto alla mia limitata lettura da collega e non da critico.
Vinicio Verzieri