RUGGERO MARRANI
Ho
sempre sostenuto che pochi (anche tra i critici) sanno apprezzare e comprendere
la scultura, soprattutto quella astratta, tanto è vero che dicevo ai miei
studenti, se volete vedere la sensibilità di chi dispone denaro, vedi se
possiede una scultura. Con ciò voglio sottolineare il grande valore artistico
di Ruggero Marrani che espone ad Arcadia Art Gallery di Ripa di Porte Ticinese
61 Milano.
Magia
della creatività che dà vita a opere di notevole significato e godibilità
estetica, la vediamo in Incastri e
aderenze nel quale riscontriamo un concentrato culturale che rimanda a
Capogrossi, Consagra, Brancusi e all’eco dell’Arte Azteca e Maya, senza essere
frutto di dipendenza da essi, bensì li racchiude e supera con un senso di
monumentalità che incorpora due elementi semisferici di colore turchese e un’informe
protuberanza bianca sita sopra esse, che hanno un concettualismo
trascendentale. La superfice lucida esalta il cromatismo ed evidenzia il ruvido
della materia esaltando il valore tattile.
Appena
l’ingresso, a destra, ci accoglie e rapisce lo sguardo e i sensi, un
polimaterico che evoca un concetto spaziale e anche un nido di sentimento, nel
cui centro una sfera a specchio, è una cellula, un pianeta o la perfezione di
uno stato d’anima incontaminato, dove ruotano orbite satellitari o elementi
protettivi. L’involucro di cotti, rievocano la semplicità e il calore del
mattone delle costruzioni di edifici di ieri senza presunzione.
A
sinistra spicca su un piedistallo una forma circolate in verticale di ceramica
policroma, dove elementi a rilievo, con movimento centripeto e centrifugo,
echeggia un nucleo di città visto tridimensionalmente in pianta. Sarebbe
riduttivo leggere quest’opera in modo univoco, l’arte ha sempre racchiusa una
parte sfuggente alla consapevolezza dell’autore e traduce quel qualcosa di
recondito che proviene dallo spirito e dall’inconscio. L’opera al primo impatto
sembra accostarsi alle sfere di
Pomodoro, ma con sguardo indagatore, vediamo che si discosta totalmente. La
presenza dei due tiranti metallici alludono alla unione e la loro trasversalità
esalta e inquieta.
Altra
esaltante scultura, il cui titolo è quasi disviante dal contenuto, anch’essa di
ceramica policroma, raffigura una sfera mondo e altre simbologie, abbracciata
da parti cilindriche concentrici con apertura, che fa pensare alla Piazza
berniniana di San Pietro. I tanti occhi fori con sferette e non, sembrano
essere l’allusione degli altri che circondano l’io dell’artista o tanti
satelliti di memoria, che a breve distanza di ricordo, si appressano a essere
rievocati. Una sferetta si è isolata e osserva da dietro le quinte in
solitudine contemplativa. Il sapore delle superfici, contrastanti per colore,
si amalgama con simbologie fortemente rimarcate. Il dinamismo in tutte le opere
è contenuto.
Ha
giustamente scritto il critico Alberto D’Atanasio: “L’esterno e l’interno
dialogano dando vita ad opere che ci ridonano una identità perduta e uno spazio
interiore dove ogni attività sensoriale è superata e l’armonia del tutto è la
sola percezione a cui approdiamo”.
Nel
porgere i miei complimenti all’Autore, invito a vedere la mostra che dà
l’opportunità di un contatto diretto con le opere per ricevere sensazioni profonde,
rispetto alla mia limitata lettura da collega e non da critico.
Vinicio
Verzieri