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lunedì 27 luglio 2020

Confronti
LIBRO IN CENTO PAROLE
Per Spore di Angelo Gaccione

Alfredo Panetta

Ciao Angelo, ho quasi finito il tuo libro ma ho la necessità di scriverti, d’istinto, all’inthrasatta (all’improvviso). Entusiasmante, complimenti! Io non amo gli aforismi perché talvolta mi sembrano spogli, inconsistenti, insufficienti. Ma i tuoi sono un’altra cosa. Li trovo ricchi, pieni di senso, maturi. Necessari. Così forti che lasciano il giusto spazio al non detto. E poi, sei spiazzante. Riesci sempre a stupire, a capovolgere l’apparenza. Scavi nell’invisibile e trai materia viva. C’è quasi sempre un ribaltamento dei luoghi comuni; la tua penna incide in profondità, tra le pieghe della religione, del sentimento o della denuncia civile. Mi fai pensare, ma queste sono mie manie della mente, un po’ al miglior Roberto Gervaso, un po’ ad André Gide. Perdonami l’opinabile l’accostamento. Non c’è una parola inutile, e ogni testo rimanda a un passato da ricomporre e a un futuro da riedificare. Lasci spazio alla riflessione, il lettore può continuare in proprio il tuo dialogo interiore. E per questo non può che ringraziarti, come faccio io per queste luminose pagine.
Ci sarebbe tanto altro da dire ma mi fermo qui, Angelo. Queste sono solo le mie brevi sensazioni alla prima incompleta lettura. Ti faccio un grosso in bocca al lupo! È un libro che merita tanto.
P.S. Capisco perché è in finale in diversi concorsi!
Alfredo Panetta


La copertina del libro

Mauro Bersani ha parlato di epigrammi, riferendosi a Spore; di “poesie sentenziose ed epigrammatiche” ha scritto Gian Carlo Ferretti, e di epigramma hanno a loro volta parlato Filippo Ravizza e Vincenzo Guarracino, anche se al testo critico di quest’ultimo, il quotidiano “Avvenire” ha messo il titolo di aforismi. E tuttavia la definizione di aforismi è stata usata da numerosi recensori: da Fabrizio Caramagna al poeta Giuseppe Conte che ha però anche evidenziato nello stesso tempo il “tono tra epigrammatico e aforismatico”; da Maddalena Capalbi che ha usato questa espressione: “Il poeta è riuscito nell’impresa di trasformare in poesia l’icasticità dell’aforisma…” a Paolo Valesio che ha parlato di “aforismi in versi”; fino a Nanni Cagnone che ha usato il termine kōan proprio della meditazione Zen. Una sorta di “affermazione paradossale” o di racconto secco in grado di favorire la riflessione e risvegliare “una meditazione profonda e consapevole”. Posso dunque accettare quanto sostiene Alfredo Panetta a proposito del carattere aforistico di alcuni dei testi di questo libro, e del “tono”, come segnalato da diversi lettori-critici. Ma complessivamente restano versi: versi poetici secchi, scorciati da ogni sovrappiù, da ogni zavorra; versi che vogliono andare diritti al cuore e incidersi dentro la carne viva dei lettori.
Angelo Gaccione