LIBRO IN CENTO PAROLE
Per
Spore di Angelo Gaccione
Alfredo Panetta |
Ciao Angelo, ho quasi finito il tuo libro ma ho la necessità di scriverti, d’istinto, all’inthrasatta (all’improvviso). Entusiasmante, complimenti! Io non amo gli aforismi perché talvolta mi sembrano spogli, inconsistenti, insufficienti. Ma i tuoi sono un’altra cosa. Li trovo ricchi, pieni di senso, maturi. Necessari. Così forti che lasciano il giusto spazio al non detto. E poi, sei spiazzante. Riesci sempre a stupire, a capovolgere l’apparenza. Scavi nell’invisibile e trai materia viva. C’è quasi sempre un ribaltamento dei luoghi comuni; la tua penna incide in profondità, tra le pieghe della religione, del sentimento o della denuncia civile. Mi fai pensare, ma queste sono mie manie della mente, un po’ al miglior Roberto Gervaso, un po’ ad André Gide. Perdonami l’opinabile l’accostamento. Non c’è una parola inutile, e ogni testo rimanda a un passato da ricomporre e a un futuro da riedificare. Lasci spazio alla riflessione, il lettore può continuare in proprio il tuo dialogo interiore. E per questo non può che ringraziarti, come faccio io per queste luminose pagine.
Ci
sarebbe tanto altro da dire ma mi fermo qui, Angelo. Queste sono solo le mie
brevi sensazioni alla prima incompleta lettura. Ti faccio un grosso in bocca al
lupo! È un libro che merita tanto.
P.S.
Capisco perché è in finale in diversi concorsi!
Alfredo
Panetta
La copertina del libro |
Mauro
Bersani ha parlato di epigrammi, riferendosi a Spore; di “poesie sentenziose
ed epigrammatiche” ha scritto Gian Carlo Ferretti, e di epigramma hanno a
loro volta parlato Filippo Ravizza e Vincenzo Guarracino, anche se al testo
critico di quest’ultimo, il quotidiano “Avvenire” ha messo il titolo di
aforismi. E tuttavia la definizione di aforismi è stata usata da numerosi recensori:
da Fabrizio Caramagna al poeta Giuseppe Conte che ha però anche evidenziato
nello stesso tempo il “tono tra epigrammatico e aforismatico”; da
Maddalena Capalbi che ha usato questa espressione: “Il poeta è riuscito nell’impresa di trasformare
in poesia l’icasticità dell’aforisma…” a Paolo Valesio che ha parlato di “aforismi in versi”; fino a Nanni Cagnone che ha usato il termine kōan proprio
della meditazione Zen. Una sorta di “affermazione paradossale” o di racconto
secco in grado di favorire la riflessione e risvegliare “una meditazione
profonda e consapevole”. Posso dunque accettare quanto sostiene Alfredo Panetta
a proposito del carattere aforistico di alcuni dei testi di questo libro, e del
“tono”, come segnalato da diversi lettori-critici. Ma complessivamente restano
versi: versi poetici secchi, scorciati da ogni sovrappiù, da ogni zavorra;
versi che vogliono andare diritti al cuore e incidersi dentro la carne viva dei
lettori.
Angelo
Gaccione