Pagine

martedì 28 luglio 2020

PAROLE E LINGUA
di Nicola Santagada


La verità

Mi sono sempre chiesto come siano giunte a Roma le numerose radici linguistiche dei greci. Ho pensato a due possibili ipotesi: 1) contatti di contaminazione anteriori alla colonizzazione greca; 2) radici arrivate con i latini, provenienti da territori di cultura greca. Personalmente propendo per la seconda ipotesi.
Questa volta la riflessione è sulla radice λαθ, da tradurre: genera lo sciogliere il crescere, che il pastore greco interpretò come gravidanza incipiente e a ciò che ne consegue. Nel trovare il filo rosso che lega le parole che furono dedotte, si fanno scoperte sorprendenti.
Da λαθ i greci derivarono λανθάνω: nascondo, concetto mutuato dalla creatura in grembo, che c’è, ma non si vede. Sempre nel mondo greco da λήθη, per i dorici λάθα, furono dedotti: dimenticanza, oblio, in quanto tutte le esperienze della vita intrauterina non fanno parte del ricordo e dei ricordi e, comunque, c’è una fase del divenire della creatura che è della quiescenza. Questo aspetto del processo formativo dell’essere, come tanti altri fenomeni, diventa mito: il Lete, rivissuto e rielaborato da parte di Platone, di Virgilio e di Ovidio, che canta l’amore infelice e disperato di Orfeo per Euridice agli Inferi. Inoltre, da λήθη fu dedotto letargo, come lungo sonno che obnubila.
Dalla radice ληθ, i greci coniarono aleté: vero e aleteia: la verità. Il pastore greco dedusse dal grembo, appena abbozzato, da ciò che ognuno constata de visu, ciò che è vero. Allo stesso modo ragionò il pastore latino, quando coniò vero, che, tra l’altro, trova nel tempo la verifica. La certezza, che è appurata dalla notizia incontestabile (i greci dissero: δλος: chiaro, evidente, manifesto), viene data dal grembo conclamato, per cui il non vero è imputato all’errore della vista: mi sono sbagliato, mi era sembrato. Incidentalmente, si ricorda che sembra è da collegare a σμα σματος, che indica, senza ombra di dubbio, il segno della gravida.
I greci dal verbo nascondere (λανθάνω) dedussero l’avverbio λάθρ (variante: λάθρ): di nascosto, per cui da colui che si aggira di nascosto si dedusse ladro, che viene inseguito dai latrati
La radice λαθ servì per denominare il territorio in cui i Latini abitarono: il Lazio, terra ferace (genera lo sciogliere il crescere) per eccellenza, abitato dal re Latino e dai Latini. Ma da λαθ, con il deduttivo molto forte, che è eo, nel senso che è ciò che il pastore ricava dalla sua esperienza, i latini coniarono lateo: mi celo, mi tengo nascosto, latente e latenza, latitanza, latebra (nascondiglio segreto, in quanto al buio). I Francesi con il deduttivo ek coniarono éclater: scoppiare, mentre la cultura italica elaborò eclatante, che, nel senso di lampante, è il contrario di latente.
Da questa radice, i latini dedussero l’aggettivo latus (largo) e latitudine, latere, laterale e, persino, laterizio, ad indicare che la costruzione che cresce ha bisogno di mattoni.
I latini, inoltre, pensarono che il nascosto (nel grembo) viene anche portato, trasportato (dalla madre), per cui utilizzarono λαθ per formare il supino latum di fero: porto. Pertanto, da latus (portato) fu dedotto latore. Da delato (ciò che è stato deferito, accusato, riportato, svelato) furono dedotti delatore e delazione; da collatus (nel senso di portato confrontato, paragonato) fu dedotta collazione; da illatus (è ciò che si genera in chi ha portato dentro) si ebbe illazione; da prelato (portato sopra) si ebbe l’eminente della Chiesa, mentre da prelato (nel senso di preferito) si ebbe prelazione; da differo differito, mentre dal participio passato dilatus (differito) si ebbe dilazione; da obfero si ebbe oblatus (che ha offerto, che è stato offerto), quindi l’ostia come oblata, le oblate, oblazione, come offertorio e oblazione come pena pecuniaria; dal portare si ebbe riportare (anche notizie), per cui da relatus: riferito furono dedotti relatore, relazione su, mentre gli italici dedussero il concetto di ciò che si ricava da quel  portato: relazione tra e relativo a. Da sottolineare che i latini non solo ebbero il superlativo assoluto, come qualità in sé posseduta al massimo grado, che dev’essere rapportata al solo (quello che nasce), ma anche il comparativo assoluto: alquanto bello (pulchrior), senza introdurre confronto con chicchessia.
Inoltre, la radice λαθ determinò altre espansioni logiche; infatti dallo sciogliere il crescere generò: dilatare, dette luogo a lasciare (il grembo da parte della creatura), a lascito, a λαθso: lasso, nel senso che la creatura a causa delle spinte continue resta sfinita, ma, nella cultura italica lasso significò la perdita della tensione muscolare, per cui si ebbe il prolasso; infine, gli italici dallo sciogliere il crescere dedussero elastico ed elasticità.