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domenica 13 settembre 2020

LIBRI E MEMORIA
di Marzia Borzi

Gibellini in primo piano

La memoria è tesoro e custode di tutte le cose” affermava Cicerone; “Solo una cosa non hay. Es el olvidogli faceva eco Jorge Luis Borges. Eppure non passa giorno che non si dimentichi. Si dimentica continuamente, costantemente e quasi tutto. Perfino quegli episodi che nella vita pensiamo possano essere significativi finiscono per sfumare via, per poi accorgersi, all’improvviso, magari scrivendo o anche solo in un pomeriggio qualsiasi, che forse non si era dimenticato affatto. L’incendio di Roccabruna di Angelo Gaccione è un esempio lampante della «dimenticanza» che prepotentemente torna a farsi «memoria», di come un’opera letteraria sappia trasformarsi in «macchina del tempo», della capacità delle storie, delle vicende, dei racconti di riemergere dalle profondità inermi di chissà quale passato per presentarsi di nuovo come «voce viva». Un testo che, per una serie di fortuiti motivi, è stato «strumento attivo» per riaprire anche le mie di ricordanze. In occasione del Premio Nazionale Letterario e di Cultura Franciacorta, infatti, dove il libro di Gaccione si è aggiudicato il primo premio, il mio passato, relegato da tantissimo tempo in chissà quale angolo della memoria, mi si è parato davanti con tutta la sua prepotenza. È accaduto quando a prendere la parola tra il pubblico è stato il professor Pietro Gibellini, mio indimenticato docente universitario negli anni all’Università Cattolica. 

La copertina del libro
Mentre Gibellini parlava con Gaccione sul ruolo del racconto nella Letteratura moderna, lo confesso, io divagavo con la mente e riapparivano davanti ai miei occhi i pomeriggi silenziosi nell’ateneo bresciano, i corridoi che risuonavano dei versi dell’Alcyone, le aule cullate delle righe de Il piacere, la mente di una giovinetta stracolma di quell’ostinata difesa della bellezza dannunziana che tanto spesso mi ha portato in seguito, durante la maturità, a rifugiarmi al Vittoriale degli Italiani per cercare risposte che forse non troveranno mai soluzione. Insieme al professor Gibellini, a chiudere il cerchio del mio passato formativo, era apparso poco prima anche Franco Ziliani, l’uomo che ha inventato la Franciacorta del docg, il patron di Berlucchi a cui il Premio Franciacorta è stato giustamente dedicato e il cui ricordo per me sarà sempre collegato al sapore fruttato del suo vino straordinario. 

Castello di Bornato
Da sinistra Ziliani, Gaccione,
l'economista Marco Vitale e signora
Ziliani l’avevo conosciuto, in occasione della stesura della mia tesi di laurea in antropologia, alla Fratta, una delle sue cantine storiche a Monticelli Brusati dove ero stata accolta per un corso di approfondimento sul mondo dell’enologia. Era il secolo scorso. E di quell’uomo forte, di successo, fiero del suo vissuto, mi era rimasta impressa l’ospitalità generosa, l’empatia e la semplicità che neppure l’età pare aver scalfito. L’occasione della premiazione de L’incendio di Roccabruna, dunque, l’insieme stesso dei racconti che raccoglie e che riportano alla memoria episodi più violenti e meno dolcemente melanconici di quelli che riguardano la sottoscritta, dimostrano che la parte migliore della nostra memoria è fuori di noi, è accantonata altrove, nel tono di una voce che si alza dal pubblico per parlare di Letteratura, nel profumo di un vino, dovunque si celi la riserva di quel passato che, anche quando tutto sembra esaurito, sa scuoterci, farci emozionare e dare senso ai personaggi della nostra terra che meritano di essere ricordati.