di
Alessandro Calabrìa
Angelo
Gaccione, con L’incendio di Roccabruna, va oltre la cultura e narrazione
meridionalistica dalle consuete tinte vivaci e cupe, per arrivare ad attingere
all’inconscio collettivo nel rapporto universale e drammatico tra male e bene di
tutti i tempi. La spaventosa rappresentazione del male, che emerge quasi
incredibilmente e inconsapevolmente dagli esseri umani ridotti alla disperazione
e alla fame o sfigurati da superstizione e ignoranza, risulta uno sconsolante prodotto
umano, senza alcuna interferenza della natura. Dunque un male redimibile, come
emerge a sprazzi dagli stessi racconti in cui la descrizione del male non è
compiaciuta e corteggiata, ma asciutta e distaccata.
Occorre
dire che la sensibilità dell’autore per la ingiusta sorte degli ultimi supera
ogni barriera ideologica, in adesione ad uno spirito superiore di fratellanza
che non fa sconti a nessuna visione politica. Da cui una credibilità narrativa
intatta e oggettiva.
Lo
stile è piacevole e spesso incalzante; lo stacco narrativo nella forma dei
racconti brevi rende appagante la compiutezza delle storie, perciò la lettura
scorre gustosa. Non è affatto facile racchiudere in poche pagine un senso
storico e sociale denso con una cifra stilistica adeguata. Che questo libro sia
incipitario di una nuova e smagliante stagione narrativistica italiana.
Angelo
Gaccione
L’incendio
di Roccabruna
Ed.
Di Felice 2019
Pagg. 128 € 12,00