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martedì 17 novembre 2020

Il Racconto
Malafede


Opera di Vinicio Verzieri


Quel passeggiatore appena giorno la lunga costa lungo stava pur anche l’assonnato (già succede se in alba presto segue il dormiente istinto: il sole ) comunque tale singolare conchiglia (a ricordo allora in epoca molluschi sì altri marini invertebrati) a forma quadrata quando siffatto amore quel solitario in larga spiaggia sicuramente la cerca appassionata spasmodica questo (veramente) raro esemplare in grembo posto le mani entrambe precisa figura conca (incavo in genere) là dove quanto in ispirazione / forse fisso sguardo l’immensa vasta regione il mare e ampia naturale storica superficie mitico territorio uomini e cose ancora solo il piacevole andirivieni (d’altronde quel gradevole cullamento le onde in temperie la bonaccia quasi impercettibile) da lato a lato probabilmente il senso nord il senso sud chissà  (così sembrava) pari gioco il viaggio volatili a sembianze incerte / tuttavia pallida cera il volto certo a dormiveglia il pigro cielo d’oggidì quindi il libero viandante aveva onore stare in ascolto musica ineffabile tutta a pieno mistero e nondimeno inequivocabile la voce le voci quelle supreme acque a vista d’occhio fin dentro evanescente orizzonte in qualità d’incurante apparente linea l’arco di cerchio che tanto confonde ed affascina (il medesimo tempo): fannulloni e poeti il viandante libero onore aveva stare in ascolto la irreprensibile malinconia quel  momento a piena solitudine perché d’un tratto (la inopinata imago il destino a farsa) inattesa comparsa improvvisa (indubbio diritto come a condivisione qualsiasi palcoscenico i diversi mondi gli innumerevoli fatti) sicuro gruppo a numero tre (chissà perché) a venire in luogo propriamente centro / il cammino il solitario a passaggio là e qua e qua e là in ignoto intento il fare qualche poco sospetto / l’illustre personaggio l’andare in segreta forma colui insomma che giunge incognito in comune posto quasi eccellente attore l’abile sornione : così a duro muso in brutale animo ovviamente (il sovvenimento terribile broncio il burbero zio d’Olanda pronti la triade - evidentemente l’intimo elementi tre analoga natura chimico volere un gruppo ferro) l’immediata azione (il malessere in ventre in malora da morboso contorcimento) quell’uomo quella donna quel bambino sapevano (a loro personale modo di vedere le cose dunque) fastidio il tormento in fondo la sola visione unica il passeggiatore la conchiglia adagiata (quasi voluttà sensuale amante distesa a desiderio il languore) su orecchio l’uno l’altro orecchio di volta in volta il pensiero morbido velluto (sappiamo a tatto tanto piacere) il quale a sé pareva sincero - la squisita memoria - che ripudia promiscua alterazione. I passi svelti i tre i lenti passi il solitario venivano in ogni caso un incontro voluto e non voluto per cui (di punto in bianco l’impulso d’immediato presumibilmente faccenda a vita a morte) questi forestieri (il gusto forestieri vocaboli) mettevano il viandante pungente questione a dire: presente conchiglia l’essere a proposito sasso (i lontani scogli sua casa allora) a giudizio frammento e duro pezzo e insensibile pietrosa indubbia materia nel mentre che il solitario (in contrario) diceva in evidenza essere invece involucro tale quando anche fecero in ornamento i secoli fontane sì leggermente fermo eppure fragile in struttura e interno universo figura a canto se orecchi altri da mercanti perché solo passeggiata mattutina la costa lunga lungo semplice andirivieni da nord a sud da sud a nord (in apparenza) per cui il viandante conosceva pienamente e desiderio proseguire oggidì la strada battuta i suoi lenti passi (verosimilmente l’afflato lirico il solenne incedere l’eccellente ambito infinito mare dirimpetto) pure la triade urlava lo scandaloso offuscamento (per abbagliamento l’improntitudine la violenta luce a mezzodì per esempio) la vista il giovane superbo perduto in animo e corpo sicura vittima gli occhi suoi in malanno gli orecchi suoi in malanno in malanno le mani imperite (l’inetto calzolaio che intende scarpe quando focaccia) l’olfatto in malanno (il fiuto smorto il segugio a naso ritorto) quindi in tutto malanno il gusto a lattante (l’infante che succhia solo e materno seno) inesperto a bevanda venefica così il gruppo (un manipolo i facinorosi per tutto tempo) risoluto strappava e conchiglia a viandante stralunato (stravolto viso il ragazzo a visione matricidio) finché oramai in afferro le mani entrambe a modi da caporale il maschio serrava (bottino prezioso) a mostra la femmina l’adolescente a mostra a terrificante grido confermava sua impressione avere in ultimo sasso in possesso tale da dolere in tempo di colpo (la prova esatta) su scoperto capo il solitario sgomento (fissato sguardo l’inebetito quasi il lucifero martello il sole in canicola malsana perfino micidiale) se in rovina la sabbia umida la battima leggera transeunte sollievo in epoca afosa calura agostana eppure il solitario ferito in granulare terra caduto non vedeva petulante trucco i tre (l’attimo improvviso a pubblico incosciente il magheggio sbraitante ciarlatano soprattutto più larga più piazza d’insieme folla la forza redoutable mostro vorace l’umana carne a spavento indicibile) - a guisa il raggiro i remoti furbi giocatori le carte tre - a fracassata conchiglia le scarlatte valve a meraviglia in pezzi irriconoscibili dunque a sostituire (un nuovo contratto a quello scaduto) la inutile morta cosa il simile granelli deformati con il sasso a triangolo la acuta punta utile.
Cesare Vergati