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venerdì 6 novembre 2020

MAFIE: CONFISCARE PER VALORIZZARE
di Angelo Gaccione


 
Un amico a cui avevo accennato del libro L’oro delle mafie. Il grande affare delle confische, mi ha detto che si rifiuta di leggere libri come questi, perché gli monta il sangue alla testa. Gli era bastato, così ha proseguito, quanto aveva scritto su “Odissea” a questo riguardo Elio Veltri in un paio di articoli. Già allora aveva provato una grande rabbia. Elio Veltri è appunto uno degli autori di questo ben documentato volume, assieme a Franco La Torre e Domenico Morace, pubblicato dalle Edizioni Paper First de “il Fatto Quotidiano”. Anche a me monta il sangue alla testa, e certamente monterà alla testa di tutti quei lettori che apriranno le pagine di questo libro e si troveranno davanti a passaggi come questi: “E cosa pensare quando leggiamo che la cosca ’ndranghetista Arena ha avuto legami d’affari con ditte e banche svizzere, tedesche e sammarinesi nella realizzazione del più grande parco eolico d’Europa? E della signora Caterina Briganti che, nell’aprile del 1996, si presenta allo sportello della filiale di Santo Stefano d’Aspromonte del Monte dei Paschi di Siena e ritira, in un sol colpo, oltre 5 miliardi delle vecchie lire?”. O quando apprenderanno che il Fondo Monetario Internazionale nel 2017 ha calcolato l’evasione fiscale italiana a 110 miliardi di euro, e una parte considerevole di questa cifra è frutto di attività mafiose. Desta scandalo venire a sapere che non si conosce nemmeno la quantità dei beni confiscati alle organizzazioni mafiose e criminali; non se ne conosce il valore complessivo, e soprattutto che di questi beni non si mette a frutto che poca cosa. I tempi per la confisca sono lunghissimi e quelli per un loro riutilizzo legale diventano biblici. Capite bene che se si tratta di imprese, questo modo di procedere le condanna fatalmente a morte. Un’impresa confiscata non può aspettare i tempi di una giustizia incancrenita: ha bisogno di stare in vita e continuare a produrre, per non essere espulsa dal mercato, per garantire posti di lavoro alle maestranze e sopravvivenza alle loro famiglie. Toglierle dalle mani dei mafiosi e procedere ad una forma di cogestione Stato-lavoratori, con manager di provate capacità gestionali, potrebbe essere una soluzione rapida ed efficace. Il capitolo di pagina 143: “Una storia a lieto fine”, ci mostra con un esempio concreto, come questa via possa essere perseguita con successo. Ma è la marea di beni immobili che deve trovare una rapida collocazione. 



Il libro ci segnala che essi restano in un limbo per anni ed anni, fino al deterioramento, fino ad una loro scandalosa perdita di valore. Una classe dirigente degna di questo nome avrebbe già da tempo fatto le necessarie modifiche ad una legge che ha tuttora troppi lacci e impedimenti. Esistono gli strumenti tecnici per ovviare a molte deficienze e manchevolezze; esistono competenze e personalità di indubbio valore e capacità; esistono ambiti sani in cui pescare uomini e donne di grande rigore morale ed onestà. Non ci sono solo corrotti e collusi in questo nostro Paese. Si tratta di dargliene i mezzi e il sostegno; di fare quelle modifiche giuridiche necessarie che permettano loro di agire e di ben lavorare. Con la quantità smisurata di denaro che si potrebbe ricavare da una efficiente gestione di questi beni, pagheremmo il loro lavoro e potremmo impiegarli per le necessità dello Stato e della società intera. Abbassare le tasse, ridurre il debito pubblico, aiutare la sanità, soprattutto in momenti come quelli che ora stiamo vivendo. Una parte degli immobili potremmo metterli in vendita, un’altra parte usarla come uffici, scuole, ambulatori, case di riposo, ritrovi per la socialità, e così via. Se prendessimo seriamente di petto la situazione, i 43 miliardi di euro all’anno calcolati dal procuratore Gratteri e che la ’ndrangheta movimenta per i suoi loschi affari e ripulisce con l’ausilio di professionisti, banche, colletti bianchi insospettati, funzionari pubblici compiacenti o infedeli, uomini politici infami, zone franche internazionali, sarebbe la Repubblica a movimentarli, a beneficio della nazione. Ma bisogna averne la voglia. Altrimenti libri come questi continueranno a far montare il sangue alla testa ad una massa di cittadini italiani sempre più vasta. E quando il sangue monta alla testa, anche chi crede di sedere al sicuro in Parlamento, sicuro non lo è più.  

La copertina del libro

La Torre, Morace, Veltri
L’oro delle mafie. Il grande affare delle confische
Paper First Ed. 2020
Pagg. 254 € 16