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giovedì 5 novembre 2020

SOVRANITÀ E FATTORE ESTERNO
di Franco Astengo

 
Mi permetto di riprendere una citazione contenuta nell’avvio del capitolo terzo del recente libro di Marco Revelli “Umano, Inumano, Postumano” (Einaudi 2020). La citazione è da Holderlin: “Là dove c’è il pericolo cresce anche ciò che salva”.
 
Revelli aggiunge (trattando il tema della sovranità): “possiamo dire che esattamente nel pieno di quel disordine cosmico s’incomincia a intravvedere, prima confusamente poi in modo sempre più chiaro, lo strutturarsi di un nuovo principio d’ordine, nella formula antica ma ora integralmente ridefinita della Sovranità”.
È il tema del Leviatano.
Nei secoli della modernità abbiamo visto prendere forma, nella parallela crescita del pensiero scientifico e di quello politico, lo spostarsi dell’idea di Sovrano dal taumaturgo “unto del signore” fino a trasformarsi nell’espressione di un presunto volere delle masse. In questo procedere storico la sovranità ha però sempre corrisposto ad un potere sorto all’interno della costruzione umana mostrandone limiti e contraddizioni: quando un qualche fatto di dimensione apparentemente epocale sembrava mettere tutto in discussione, allora il pensiero si rivolgeva all’attaccamento a Dio (come espone anche lo stesso Revelli nel secondo capitolo del testo già citato).
A partire dal Secolo dei Lumi il rivolgersi al trascendente è stato ancora sostituito almeno parzialmente dal riflettersi “sociale” nell’ideologia politica.
Tutto questo almeno è avvenuto nella nostra “civiltà” occidentale e nell’altrettanto “nostro, occidentale” principio dello sviluppo umano.
Adesso siamo di fronte a un frangente inedito rispetto al procedere del tempo di cui conserviamo memoria.
Un frangente che ha evidentemente sconvolto i nostri consueti canoni.
La sovranità ormai risiede, almeno per un momento la cui durata non siamo in grado di stabilire, in un “fattore esterno”.
La sovranità, l’ordine “politico” delle cose imposte dalla realtà si colloca, infatti, dentro a quel male oscuro che il semplice affidarsi alla scienza e alla tecnica non sembra proprio di permetterci di affrontare.
Non riesce più a fornirci risposte quella forma post-moderna di gestione del potere realizzata attraverso l’egemonia di una tecnica capace di modellare le nostre vite e di produrre intelligenza al di fuori di esse.
Il segno del comando risiede ormai da un’altra parte, in un luogo inaccessibile là dove il male si riproduce e aggredisce nel più totale appiattimento delle nostre distinzioni convenzionali: non vale lo “status”, non vale la razza, non vale la religione, è smarrito il confine tra la Polis e il Bios.
Eppure in nome della razza e della religione si continua a distruggere la costruzione umana.
Così scopriamo l’ennesima dimostrazione che la lezione della storia non vale a restituirci lo scettro. Sembra essersi determinato un intreccio mortale tra l’idea della distruzione portata avanti in nome di antichi stilemi e la stessa morte silenziosa che arriva da un potere esterno alla nostra capacità di dimostrarsi sovrani.
Così è fallita l’idea di affidarsi esclusivamente alla tecnica avendo proclamato la “fine della storia” e si è spezzata la relazione tra l’uomo e la macchina.
Una relazione resa impotente di fronte alla “sovranità estranea” che pare annullare assieme l’individuale e il collettivo, oltrepassando il concetto di alienazione che non può valere davanti allo spaventevole ignoto.
La vicenda umana ha curvato improvvisamente verso il crollo della materialità ma soprattutto appare aperto il precipizio verso la distruzione dell’animo. Il passaggio di Holderlin sembra proprio smentito.
Pericolo e salvezza non crescono più assieme in un’attualità dove il grigio dell’incertezza sta affermandosi come il colore dominante.
Ci troviamo davvero sul limes di un’era dove la scienza non corrisponde più al genere umano e il potere di determinare il futuro si è già dislocato altrove, fuori dalla nostra possibilità di fissarne limiti e confini? La fine dell’epidemia non corrisponderà a una vittoria del nostro antico modello e non ne deriverà una risposta all’interrogativo di fondo.