LETTERA
APERTA AL PRESIDENTE Il nostro
collaboratore Christian Eccher scrive a Conte
Gentilissimo Presidente Conte, mi chiamo Christian Eccher e vivo a Novi Sad, in Serbia, dove
insegno Cultura italiana all’Università. Sono uno dei tanti che, dopo essersi
laureato e addottorato (con una tesi sulla letteratura degli italiani d'Istria
dal 1945 a oggi, un argomento molto scomodo che mi avrebbe procurato notevoli
problemi nel mondo accademico se non mi avesse seguito il professor Tullio De
Mauro) ha scelto di lasciare l'Italia per trovare ricetto altrove. I miei studi
e i miei interessi mi hanno portato in questo paese, problematico, per certi
aspetti esotico, isolato, ma ricco perché a cavallo fra Oriente e Occidente.
Per un quotidiano serbo di opposizione, “Danas”, ho scritto e scrivo reportage
da zone di frontiera simili ai Balcani: il Caucaso, l'Asia Centrale e alcune
zone sconosciute della Russia (la Calmucchia, il Tatarstan). Decisamente e
insistentemente alla Frontiera, fra culture, religioni, storia. Da alcuni mesi
sono bloccato in Serbia e da marzo non esco dal Paese a causa della situazione
legata al Covid. Ho notato che la Serbia è stata inserita in fascia E, e che da
tempo non ci sono voli diretti fra Belgrado e l’Italia. Ho notato anche che
coloro che vengono dall’Inghilterra, nonostante questo paese presenti una
situazione epidemiologica molto più grave di quella serba, hanno un trattamento
diverso rispetto a quelli che vengono dalla Serbia. Ho constatato, inoltre, che
almeno fino a oggi le compagnie aeree hanno sospeso i voli dall’Italia a
Budapest e a Belgrado per tutto il mese di gennaio. Mi sembra che tutte queste
decisioni rispecchino la divisione fra l’Europa e l’Altra Europa che è ancora
presente nelle nostre menti e che è il frutto di antiche e recenti fratture: lo
scisma del 1054 che ha diviso la Cristianità, l’invasione turca e, soprattutto,
la Cortina di ferro. Ho sempre l’impressione di essere al di là, di appartenere
- ormai da 12 anni vivo in Serbia - all’Altra Europa e che ci sia uno iato
incolmabile fra l'Oriente e l’Occidente. Con tragiche conseguenze sulla
mentalità delle popolazioni che vivono a est della vecchia Cortina di ferro (il
revanscismo e la frustrazione hanno portato al potere gente come Orban e
Vucic). Lo aveva già scritto Leonardo Da Vinci: da Oriente a Occidente in ogni
punto è divisione. Questi paesi vengono visti, ancora oggi, come delle
propaggini coloniali che forniscono manodopera a basso costo (la Fiat a
Kragujevac ne è un esempio lampante). Il Suo governo ha fra i propri membri
personalità di livello alto che potrebbero lavorare al superamento di questa
anacronistica divisione.
Le chiedo per prima
cosa - in maniera forse un po’ egoistica - di ristabilire al più presto i
collegamenti fra l’Italia e Belgrado, anche con un solo volo settimanale. Come
sostiene il grande psicanalista Jacques Lacan, l’essere umano non vive solo nel
Reale, ma anche nel Simbolico. Simbolicamente, un collegamento fra la Serbia e
l’Italia rappresenterebbe un grosso passo avanti nelle relazioni diplomatiche
fra i due paesi e un modo per tacciare i nazionalisti serbi che accusano
l’Occidente di aver nuovamente isolato la Serbia. Per quanto la situazione epidemiologica
sia instabile, per quanto il presidente Vucic abbia mentito sul numero dei
contagiati per motivi elettorali, non vedo grandi differenze con la situazione
in Occidente, dove sono state aperte le discoteche per questioni puramente
economiche. Davvero c’è differenza fra l’apertura di un luogo di divertimento e
l’apertura delle piazze per un comizio elettorale? Entrambe le situazioni hanno
favorito una ripresa drammatica e incontrollabile dei contagi.
Le chiedo anche di inserire nelle Ambasciate e negli
Istituti di Cultura di questi paesi dell'Europa centrale e orientale
personalità che conoscano profondamente queste regioni, e non soltanto bravi
amministratori che favoriscono l’entrata delle aziende italiane sul territorio
serbo e in generale balcanico. Questo virus ci ha dimostrato che la logica
nazionale-nazionalistica dello Stato più forte e più bravo a tenere sotto
controllo i contagi è deleteria: dalla pandemia si esce tutti insieme o non se
ne esce. È tempo di superare ogni divisione e di promuovere il “discorso di
specie” di cui parlava più di 50 anni fa il filosofo Sartre. È tempo di
superare le logiche neoliberiste dello sfruttamento e delle divisioni tra
popoli e nazioni. Sarebbe bello che l'Italia per prima aprisse le proprie
frontiere, annullando le quarantene da sostituire con una massiccia operazione
di test sanitari, da effettuare già a pochi giorni dall’arrivo dei passeggeri.
Gentile Presidente, Lei è un uomo nuovo della politica, non abbia paura di
rischiare. Avrà forse delle difficoltà iniziali nel far passare nuove idee, ma
la Storia La ricorderà. Se serve una mano, io ci sono, anche se lontano
dall’Italia, con il mio sguardo strabico fra Oriente e Occidente. Un cordiale
saluto, Christian Eccher