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mercoledì 6 gennaio 2021

LETTERA APERTA AL PRESIDENTE
Il nostro collaboratore Christian Eccher scrive a Conte
 


Gentilissimo Presidente Conte,
mi chiamo Christian Eccher e vivo a Novi Sad, in Serbia, dove insegno Cultura italiana all’Università. Sono uno dei tanti che, dopo essersi laureato e addottorato (con una tesi sulla letteratura degli italiani d'Istria dal 1945 a oggi, un argomento molto scomodo che mi avrebbe procurato notevoli problemi nel mondo accademico se non mi avesse seguito il professor Tullio De Mauro) ha scelto di lasciare l'Italia per trovare ricetto altrove. I miei studi e i miei interessi mi hanno portato in questo paese, problematico, per certi aspetti esotico, isolato, ma ricco perché a cavallo fra Oriente e Occidente. Per un quotidiano serbo di opposizione, “Danas”, ho scritto e scrivo reportage da zone di frontiera simili ai Balcani: il Caucaso, l'Asia Centrale e alcune zone sconosciute della Russia (la Calmucchia, il Tatarstan). Decisamente e insistentemente alla Frontiera, fra culture, religioni, storia.
Da alcuni mesi sono bloccato in Serbia e da marzo non esco dal Paese a causa della situazione legata al Covid. Ho notato che la Serbia è stata inserita in fascia E, e che da tempo non ci sono voli diretti fra Belgrado e l’Italia. Ho notato anche che coloro che vengono dall’Inghilterra, nonostante questo paese presenti una situazione epidemiologica molto più grave di quella serba, hanno un trattamento diverso rispetto a quelli che vengono dalla Serbia. Ho constatato, inoltre, che almeno fino a oggi le compagnie aeree hanno sospeso i voli dall’Italia a Budapest e a Belgrado per tutto il mese di gennaio. Mi sembra che tutte queste decisioni rispecchino la divisione fra l’Europa e l’Altra Europa che è ancora presente nelle nostre menti e che è il frutto di antiche e recenti fratture: lo scisma del 1054 che ha diviso la Cristianità, l’invasione turca e, soprattutto, la Cortina di ferro. Ho sempre l’impressione di essere al di là, di appartenere - ormai da 12 anni vivo in Serbia - all’Altra Europa e che ci sia uno iato incolmabile fra l'Oriente e l’Occidente. Con tragiche conseguenze sulla mentalità delle popolazioni che vivono a est della vecchia Cortina di ferro (il revanscismo e la frustrazione hanno portato al potere gente come Orban e Vucic). Lo aveva già scritto Leonardo Da Vinci: da Oriente a Occidente in ogni punto è divisione. Questi paesi vengono visti, ancora oggi, come delle propaggini coloniali che forniscono manodopera a basso costo (la Fiat a Kragujevac ne è un esempio lampante). Il Suo governo ha fra i propri membri personalità di livello alto che potrebbero lavorare al superamento di questa anacronistica divisione. 



Le chiedo per prima cosa - in maniera forse un po’ egoistica - di ristabilire al più presto i collegamenti fra l’Italia e Belgrado, anche con un solo volo settimanale. Come sostiene il grande psicanalista Jacques Lacan, l’essere umano non vive solo nel Reale, ma anche nel Simbolico. Simbolicamente, un collegamento fra la Serbia e l’Italia rappresenterebbe un grosso passo avanti nelle relazioni diplomatiche fra i due paesi e un modo per tacciare i nazionalisti serbi che accusano l’Occidente di aver nuovamente isolato la Serbia. Per quanto la situazione epidemiologica sia instabile, per quanto il presidente Vucic abbia mentito sul numero dei contagiati per motivi elettorali, non vedo grandi differenze con la situazione in Occidente, dove sono state aperte le discoteche per questioni puramente economiche. Davvero c’è differenza fra l’apertura di un luogo di divertimento e l’apertura delle piazze per un comizio elettorale? Entrambe le situazioni hanno favorito una ripresa drammatica e incontrollabile dei contagi. 



Le chiedo anche di inserire nelle Ambasciate e negli Istituti di Cultura di questi paesi dell'Europa centrale e orientale personalità che conoscano profondamente queste regioni, e non soltanto bravi amministratori che favoriscono l’entrata delle aziende italiane sul territorio serbo e in generale balcanico. Questo virus ci ha dimostrato che la logica nazionale-nazionalistica dello Stato più forte e più bravo a tenere sotto controllo i contagi è deleteria: dalla pandemia si esce tutti insieme o non se ne esce. È tempo di superare ogni divisione e di promuovere il “discorso di specie” di cui parlava più di 50 anni fa il filosofo Sartre. È tempo di superare le logiche neoliberiste dello sfruttamento e delle divisioni tra popoli e nazioni. Sarebbe bello che l'Italia per prima aprisse le proprie frontiere, annullando le quarantene da sostituire con una massiccia operazione di test sanitari, da effettuare già a pochi giorni dall’arrivo dei passeggeri. Gentile Presidente, Lei è un uomo nuovo della politica, non abbia paura di rischiare. Avrà forse delle difficoltà iniziali nel far passare nuove idee, ma la Storia La ricorderà. Se serve una mano, io ci sono, anche se lontano dall’Italia, con il mio sguardo strabico fra Oriente e Occidente. Un cordiale saluto,
Christian Eccher