Pagine

giovedì 4 febbraio 2021

PAROLE E LINGUA
di Nicola Santagada
 


La responsabilità
 
Cè il lemma (spondè) σπονδή: libagione, tregua, gratificazione, trattato su cui vorrei soffermarmi. Esso fu dedotto da (spendo) σπένδω: libo, faccio libagioni, faccio tregua, faccio convenzione, per mezzo del quale furono coniate molte parole in latino e nella lingua italiana. Il verbo spendo, come libo per i latini, è da collegare a fatti culturali, come il propiziarsi la divinità durante la fecondazione animale e vegetale o quando si stipulava una tregua o si concordava un trattato: avvenimenti importanti, che richiedevano l’assistenza e la benevolenza della divinità.
I latini libavano per tante evenienze, ma, sicuramente, perché la sposa (libata) portasse a termine la gravidanza. Infatti, nella tutta pura, in colei che non è stata libata, c’è l’illibatezza.
Per poter capire i significati acquisiti da spondè, occorre decodificare il simbolo, che si può rendere con la seguente perifrasi: si ha dentro il mancare (l’inseminazione) la crescita che determina il legame tra madre e creatura nel grembo. I greci e i latini ebbero, nella metrica, lo spondeo (che attiene alle libagioni), il canto lirico delle libagioni (melos spondeion: μέλος σπονδεον), il metro spondaico o l’esametro spondaico. I latini, inoltre, videro nel grembo una sorta di sponda che consente alla creatura che cresce di mantenersi nell’alveo. Da rimarcare che la lettura della radice può portare a nuove contestualizzazioni e, quindi, a nuovi significati, ma, soprattutto, la radice diviene, come tutto ciò che è in natura, per cui acquisisce nuovi significati. 



I latini, utilizzando la radice spond (si ha dentro il mancare che determina la crescita, che indica quanto determina il flusso gravidico), con il deduttivo eo coniarono spond-eo es, spopondi, sponsum, spondere: prometto, m’impegno, in quanto contestualizzarono nel grembo materno fecondato la promessa della nascita della creatura. Poi, dal supino sponsum furono coniati sponsa e sponsus, che sono i promessi, coloro che si sono promessi. La saggezza popolare ricorda che ogni promessa è debito, perché, sebbene si basi sulla parola, diventa un vero e proprio pegno per la persona meritevole d’onore. Da sponsa si generarono sponsali e sposalizio, in dialetto anche: u spunsat’ della carne, che sicuramente richiama un rito propiziatorio. Da spondeo i latini formarono il deverbale sponsio sponsionis: promessa, impegno solenne, obbligazione, garanzia, da cui, in italiano, corresponsione.
Anche l’inglese sponsor è da collegare a spond, per cui non si sa se si tratta di un prestito latino, di una trasmigrazione di spondè o di un’autonoma formazione da parte degli inglesi.
A supporto di queste considerazioni, tendenti a dimostrare che la radice è metafora del grembo, si cercherà di seguire anche il processo formativo di promettere, in greco e in latino. Uno dei modi per indicare promettere da parte dei greci fu (epanghello) π-αγγέλλω, che si può rendere alla lettera: è ciò che consegue dall’annunciare. Se (anghello) γγέλλω indicò: è ciò che faccio, quando compare l’abbozzo del grembo, il pastore greco dedusse da quel segno anche la promessa della nascita della creatura. I latini, con mitto: mando, avevano elaborato questo significato dalla creatura che affronta il cammino per nascere, per cui dal missus dedussero anche il promissus, che è colui che discende da chi è stato mandato.  



Dopo questa breve digressione, da spondeo fu dedotto respondeo: assicuro, garantisco, rispondo all’appello (dal citato in giudizio), rispondo (do una risposta), ma anche: sono simmetrico, sono conforme, concordo, uguaglio, faccio riscontro, mi posso paragonare. Dal participio passato responsus (colui che ha risposto), si ebbe il responso, per cui il Foscolo poté cantare: e uscian quindi i responsi dei domestici lari. Inoltre, nella liturgia ecclesiastica c’è il canto e il controcanto: il responsorio, da cui il responsoriale.
I greci avevano definito il responsabile (ypeuthynos) π-εύθυνος: da colui che fa crescere bene nel grembo la creatura che viene realizzata. Allora, il preposto a questo compito ha responsabilità particolarmente onerose, in quanto ogni piccola imperfezione potrebbe segnare irrimediabilmente la vita della creatura durante il parto e nella sua esistenza terrena.
Gli italici, culturalmente più vicini al mondo greco, individuarono in responsus: in chi ha assicurato, in chi ha garantito la promessa, che non bisogna dimenticare si tratta della creatura in grembo, in chi si è fatto carico della riuscita di un evento importante e vitale, il responsabile di quanto avvenuto o non avvenuto.



Chi è responsabile di qualsiasi decisione deve rispondere a sé, agli altri, alla legge del suo operato. In alcuni casi la responsabilità si connota di tinte drammatiche, quando, per esempio, si deve salvare la partoriente o la creatura che vuole affacciarsi alla vita. In chi ha potere decisionale, le scelte possono essere difficili, soprattutto per l’imponderabile che può determinare l’evento, ma la coscienza di fare il proprio dovere (conscientia officii) e di perseguire il bene sono le linee-guida di chi opera responsabilmente. Essere responsabile può anche non essere esaustivo nel definire una persona, ma essere irresponsabile è tratto dominante che sfigura e deturpa qualsiasi caratteristica positiva. La corresponsabilità è condivisione di responsabilità, che serve a ridimensionare i meriti, ma non le colpe.



I latini non ebbero una parola corrispondente a responsabile degli italici; infatti, dissero: praestans aliquem: chi garantisce per qualcuno, o usarono delle perifrasi per indicare chi ha determinato eventi negativi o positivi.
Un altro verbo tutto italico, dedotto da respondeo nel senso di: sono simmetrico, sono conforme, concordo, uguaglio, faccio riscontro, mi posso paragonare, è corrispondere, che dette luogo a corrispondente e a corrispondenza. Queste parole acquistano, in base al contesto, più significati. Piace ricordare il significato tutto particolare dato dal Foscolo a corrispondenza: celeste è questa corrispondenza d’amorosi sensi, che consente all’uomo l’eternità della memoria.
Prima di concludere, si vuole fare un’ulteriore considerazione sulla radice spond, che dette luogo, in latino anche a spons spontis e, in particolare, all’avverbio sponte: da sé, da sé solo, per attrazione. Il pastore latino, nell’indicare i processi di natura, che, da sponte, sono spontanei, pensò ad eventi automatici, fatti da soli, per inclinazione di natura, come determinati per sua sponte.