“Bogia nen” è
l’appellativo con cui il torinese viene spesso definito: da un lato la lentezza
e la poca reattività; dall’altra la cocciuta determinazione e l’affidabilità di
un individuo che ha ben presente la sua posizione nella vita. Perché, nella sua
accezione migliore, il termine si racconta derivi dalla frase pronunciata, in
contrasto con gli ordini superiori, dal conte Paolo Novarino di San Sebastiano alle
sue truppe durante la battaglia dell’Assietta: il “Non ti muovere”, fermò l’invasione
del Piemonte da parte delle truppe francesi.
Veduta di Torino
Torino è ovviamente una città sabauda e monarchica per certi versi: fino
a pochi anni fa esisteva un re, l’Avvocato, la sua corte e una popolazione
laboriosa poco propensa ad apparire o a lasciarsi coinvolgere in grandi
manifestazioni di empatia. Questo non significa che siano privi di sentimenti o che non amino fare
baldoria: è solo che sono molto discreti e altrettanto diffidenti… nelle loro
case entri dopo quella decina di anni in cui li hai incontrati sul lavoro, nei
vari circoli e alle occasioni mondane dove signore in tailleur nero fanno
coppia con gli eleganti mariti dalle cravatte Hermès. Tutto secondo un rituale abbastanza precostituito a cui ho aderito per
lunghi anni.
Il simbolo di Torino? La Mole Antonelliana di soli 25 centimetri
superiore al Grattacielo di Intesa San Paolo… divertente, no? Ci sono tabù con
cui è meglio non entrare in rotta di collisione, anche se ti chiami Enrico
Salza. La città è di una eleganza strepitosa non solo per le opere di
architetti come Ascanio Vitozzi, Guarino Guarini, Filippo Juvarra o il
rivoluzionario Carlo Mollino ma per la pianta che trae origine dall’epoca
romana: la Porta Palatina, proprio davanti al Duomo e il teatro romano sono
vestigia del primo secolo avanti Cristo, quando il suo nome era Augusta
Taurinorum; era un “castrum”, un accampamento con ordinamento militare. Impronta
caratteriale ancora molto presente in città. E quel toro giallo oro, rampante in campo azzurro sullo stemma, la dice
lunga sulle radici non solo architettoniche della città. L’Egitto con il suo
museo, secondo al mondo solo dopo quello del Cairo, ospita statue di divinità,
tra cui Hathor, dea della Bellezza e dell’Amore, dalla cui profondità delle
viscere emana la sua essenza: ogni volta che abbiamo ospiti lussemburghesi, la
visita comprende questo luogo oltre al MAO, Museo di Arte Orientale. In
entrambi non perdo l’occasione di spiegare come Torino sia una città in cui un
femminile potente si fa sentire ovunque, nonostante sia definita “industriale” e
maschilista per molti versi.
Chiesa della Gran Madre di Dio
Dalla pre-collina la chiesa della Gran Madre, costruita su un antico
tempio di Iside, guarda verso piazza Castello, congiungendosi attraverso via Po
a Palazzo Madama. Proprio da questa scalinata nel settembre 2019 abbiamo letto
i landays, distici di origine pashtun e grido di denuncia contro la violenza
perpetrata nei confronti della donna: con Antonella Barina (da Venezia) e
Vittoria Ravagli (da Bologna), le altre due curatrici della raccolta, noi de “Il
Mondo delle idee” abbiamo dato vita a un coro davvero emozionante. Un movimento di ribellione non unico in questa
realtà, se pensiamo alla corrente artistica Surfanta e all’esigenza degli interpreti
di uscire dalla struttura rigida, costrittiva e oserei dire imbalsamata,
propria del “castrum”, realizzando opere in cui la deformità, il dionisiaco,
più che l’apollineo, era il fulcro dell’espressione: la mia anima un po’
sovversiva, ha trovato terreno fertile nella collaborazione, per diversi anni
molto intensa, con Enrico Colombotto Rosso, in quanto le sue immagini
suscitavano in me versi, haiku e aforismi di cui sono molto fiera.
Un'ansa del Po
Torino è una città in cui è facile
orizzontarsi: corsi e strade perpendicolari, il centro composto da due
chilometri di portici, tre fiumi che la incorniciano, le colline che ne formano
una semi luna, ma soprattutto il cuore in piazza Castello dove il cancello di
fronte a Palazzo Reale termina con i dioscuri Castore e Polluce, segnandone
l’ascendente astrologico. Torino città magica… e al di là di molte dicerie e altrettanti narratori
di misteri, è stato il luogo eletto da Gustavo Rol, sensitivo di fama
internazionale, come sede della propria residenza. Da lui, nel più assoluto
riserbo venivano personaggi celebri a cui ha sempre dato consigli, del tutto
gratuitamente, sovvertendo spesso l’atteggiamento di scettici e denigratori. Un
Rosacroce dalla lunga tradizione ermetica, che amava siglare i suoi quadri con
un R maiuscola da cui sbocciava una rosa. Un uomo a cui devo moltissimo.
Palazzo Carignano
Di personaggi fuori dal comune che hanno contribuito alla formazione di
questa città ce ne sono stati tanti. Dal Santo Giuseppe Cottolengo la cui opera
ha come punto fermo oggi l’enorme complesso ospedaliero e di sostegno per i più
diseredati; a San Giuseppe Cafasso a don Bosco, ma anche imprenditori
poliedrici come Riccardo Gualino, uomo che ebbe la malasorte di diventare
inviso a Mussolini e non solo. E che dire di Sergio Marchionne, manager
fuoriclasse, che ha portato in salvo una Fiat in situazione più che precaria? Ricordo
poi le serate ad ascoltare figure gigantesche come Rita Levi-Montalcini,
Giorgio Cavallo, Guido Filogamo, Oscar Botto e molti altri da noi frequentati,
pur non appartenendo alla Massoneria, associazione troppo spesso infangata da
logge deviate. La moda, il cinema, l’automobile e mille altre idee sono sbocciate in
questo luogo, ma in seguito sono emigrate, come se fosse il sottosuolo a dare il
nutrimento necessario alla nascita del seme, ma non alla sua piena espansione. Forse
proprio per questa sua innata resistenza all’apparire, Torino, una volta
partorito e messo il proprio “prodotto” in grado di camminare, dà la libertà,
spinge a cercare l’oltre, quella internazionalità che oggi sta alla base del viversi
come cittadini del mondo.
Il Duomo
Ma questo è la mia impressione con lo sguardo rivolto al passato. Oggi è una città in divenire che ha dovuto reinventarsi come è successo
quando la capitale è stata portata a Firenze: i regnanti si erano trasferiti,
un po’ come è capitato ultimamente… Se da una parte c’è un fisiologico momento di
sospensione e il futuro sembra molto incerto a causa di questa cosiddetta
“pandemia” che ha distrutto tutto quel che ha potuto, qualche incoraggiante segnale
di ripresa viene dai giovani, da coloro la cui forza vitale non subisce costrizioni
e imposizioni poco logiche; giovani che non hanno paura di mettersi in gioco. Il Politecnico è una nostra eccellenza che forma menti all’avanguardia
nei vari settori: le cosiddette “start-up” in campo informatico e di
telecomunicazione, nell’ambito dell’intelligenza artificiale, nella ricerca di
energie alternative e in molti altri settori di avanguardia, sono un vero vanto.
Silenzioso… ovviamente!
Piazza San Carlo
Guardo questo mondo da cui, sorridendo, mi sento “esclusa” per forma
mentis, preferendo continuare a scrivere poesie e portare avanti il premio
letterario “Rodolfo Valentino - Sogni ad occhi aperti”: un impegno non
indifferente che vede arrivare nella nostra città intellettuali e simpatizzanti
da tutta Italia. Nell’arena c’è mio figlio - notaio come suo padre, suo nonno e il suo
bisnonno - che per tenere alto il vessillo familiare ha stipulato il primo atto
in Bitcoin sul territorio nazionale. Posso dire che, nonostante la mia nascita
milanese, mi sento “a casa” in questa città così importante per la storia del
nostro Paese, città in cui hanno lasciato le loro impronte personaggi come Camillo
Benso conte di Cavour e Massimo D’Azeglio, senza i quali non ci sarebbe stata l’Unità
d’Italia e che oggi si stanno rivoltando nella tomba.