In questi ‘eserciti di
Franceschiello’, in cui si sono trasformati i partiti e i vari movimenti che
vengono alla ribalta nell’agone ‘politico’ di questi nostri tempi, spesso si
assiste alla fuga di molti eletti dallo schieramento in cui sono stati eletti,
non tanto per serie e dimostrate ragioni ideali e propositive quanto per
sottrarsi agli impegni assunti e fare il libero battitore senza dare conto a
nessuno, senza rispettare un minimo di coerenza e di etica. Così, dai consigli
comunali, ai consigli regionali e al Parlamento nazionale ed europeo, si
assiste puntualmente al fenomeno del ‘voltagabbana’, un atteggiamento di moda
così diffuso ormai che non suscita più nemmeno indignazione e condanna presso
la grande opinione pubblica, un fenomeno assai deleterio, però, ai fini della
tenuta di una sana coscienza sociale. E tutto questo non è dovuto alla libertà
di pensiero che la Costituzione riconosce all’eletto, ma per lo più al
dilagare, nella società cosiddetta ‘liquida’, dell’individualismo sfrenato, che
spinge le persone a coltivare soltanto i propri interessi, a chiudersi nel
proprio orticello, considerando gli altri non come fine ma come mezzo di cui
servirsi. Ed è in questa prospettiva
che si muove il nostro ‘voltagabbana’ che, dopo essere stato investito della
carica di dirigente, o anche di semplice impiegato negli Enti pubblici e di
cariche politiche varie, è portato a considerare il piccolo o grande potere
conquistato come strumento a suo esclusivo servizio e a disposizione di quanti
fanno parte degli affiliati, a lui legati da stretti legami di non leciti
interessi, in netto conflitto con quelli pubblici, democratici, cioè del
‘demos’ ossia del popolo. Nella fattispecie del politico corrotto, il fenomeno
si materializza da subito con la fuoriuscita dalla formazione in cui è stato
eletto e la collocazione nei cosiddetti ‘cespugli’, dove converge insieme ad
altri ‘voltagabbana’, magari mascherandosi con la costituzione di un nuovo
partito senza né capo né coda; così facendo, il nostro ‘eroe’ non dà conto a
nessuno, non versa un solo centesimo di contributo alla formazione che lo ha
fatto eleggere, e, se è fortunato, può con altri pochi ‘compari’ divenire
indispensabile pedina per reggere o far cadere governi e maggioranze
traballanti, come sta succedendo in questi ultimi anni nel nostro Paese. È un
gioco, quello del ‘voltagabbana’, assai redditizio quando riesce, e che a
livello di opinione pubblica non viene nemmeno ‘punito’ con il biasimo, ma anzi
considerato spesso, ahimè, come prova di grande capacità intellettiva, degna di
essere imitata e seguita. Questo costume, purtroppo, si è diffuso e consolidato
nel nostro Paese soprattutto nel ventennio del ‘rinascimento’ del
‘cavallierato’, ed ha creato un clima di assuefazione anche ad altri fenomeni
negativi come quello di tollerare vistose situazioni di conflitti di interesse,
abnormi assenze dei poteri dello Stato in molte zone del territorio dove regna
l’illegalità e lo strapotere della malavita organizzata, che riduce a livelli
infimi la qualità della vita sociale come avviene in quasi tutte le Regioni
meridionali.