Fare ammuina è un vezzo non solo napoletano, ma tutto
italiano: significa fare confusione, sparigliare le carte per non far capire
davvero come sta la situazione. Così pure pazziare,
cioè scherzare, divertirsi mattamente, per non pensare ai guai, come stanno
facendo in queste ultime settimane sempre più spesso torme di giovani nei
luoghi della movida delle varie città italiane nei fine settimana. Si
assembrano, si accalcano, bevono e ballano, alla faccia del covid e delle
prescrizioni date da uno stato paternalistico ed ecatonchiro (come i mitologici
giganti dalle cento braccia e dalle cinquanta teste), che tutto vuole
controllare e alla cui vigilanza è impossibile sfuggire. Fanno bene, i
festaioli italiani, ad incontrarsi senza curarsi delle misure di sicurezza,
come hanno fatto i tifosi dell’Inter festeggiando lo scudetto, oppure sono
degli irresponsabili, degli incivili, degli egoisti? Come sempre, la verità sta
nel mezzo. Se è censurabile l’atteggiamento irresponsabile dei ragazzi che non
rinunciano alla movida e allo spritz, è d’altro canto vero che essi sono
esasperati da una situazione che non hanno determinato e da restrizioni che, in
alcuni casi, sono francamente incomprensibili, sebbene di Stato. Del tutto
naturale poi è la voglia di divertirsi, di far festa. In Italia, scrivono gli
studiosi, non esiste più la dimensione del tragico, si è persa del tutto a
partire dal Novecento. Per esempio, in teatro non si scrivono più tragedie,
questo genere letterario è ormai desueto. Eppure, anche prima della drammatica
epidemia, di tragedie ne accadono in Italia, nel senso di eventi collettivi
disastrosi o luttuosi, vedi i terremoti dell’Abruzzo, dell’Emilia, del Lazio,
il crollo del Ponte Morandi, sui quali di rapina calano i vari sciacalli. Le
tragedie sono materia viva sulla nostra pelle, anzi purtroppo ci stiamo
addirittura abituando ad esse perché da qualche anno in qua costituiscono parte
integrante della nostra quotidianità. E allora trionfa il genere comico,
riscuotono successo la farsa, il cabaret, la commedia brillante. La gente, per
contrasto, vuole divertirsi, pazziare
appunto, basti pensare ai record di incassi dei film di Checco Zalone. Quanto
più tragica è la situazione sanitaria, economica e politica del nostro Paese,
tanto più noi scherziamo e la mettiamo sul sarcasmo e sullo sberleffo. Al di
fuori delle drammatiche contingenze di un evento catastrofico, o forse proprio
a cagione di queste, dopo un primo momento di sbandamento generale, quando il
Paese sembra unirsi in un unico afflato, in un solidale abbraccio collettivo,
poi viene naturale il riflusso, giunge l’insofferenza di fronte al perdurare
della tensione emergenziale, e nel popolo si insinua una visione distorta della
realtà, edulcorata, in qualche modo anestetizzata. La gente, cioè, preferisce
la crapula e lo scherzo, all’amara consapevolezza. Ciò si verifica soprattutto
in certi periodi dell’anno, come a Natale, a Carnevale e durante le ferie
estive. Tutti cercano di divertirsi per non pensare ai guai. E cosa fa la
classe politica (palesemente impreparata ad affrontare l’emergenza)? Da un lato
vigila, reprime, stimmatizza, condanna, dall’altro strizza l’occhio,
accondiscende, abbozza. Si barcamena, insomma, come può.Domina l’ipocrisia. Anche l’attuale classe
politica, come quelle che l’hanno preceduta, offre di sé una versione
menzognera, falsa, ai cittadini. E del resto, l’aveva detto già Machiavelli che
“governo e virtù sono irreparabilmente separati, così come sono separate legge
e verità, essendo ormai massima virtù del legislatore la simulazione”.