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giovedì 20 maggio 2021

IGNORANZA E LIMITI
di Carmine Scavello

Vinicio Verzieri
"Accoglienza dubbiosa" 2021

La parola ignorante corrisponde al participio presente del verbo ignorare. Ogni altra definizione dispregiativa o allusiva è un uso improprio che si fa di tale vocabolo. Chi riceve questo appellativo non si offenda, ma faccia in modo di colmare il vuoto di conoscenza per cui è tirato in ballo e rimandi al mittente quella che lui chiama offesa. Semmai l’appellativo calza a pennello al mandante per averne ignorato il significato. Mi ricorda due detti: “Il bue chiama cornuto l’asino” o l’altro affermante che “Il mercante quello che ha vende”.
C'è sempre da imparare finché si vive. Ignorante non è un'offesa, ma è uno sprono per imparare. Poi, uno impara qualcosa e scopre di essere ancora più ignorante di prima, in quanto non è riuscito ad approfondire l’argomento a causa della sua limitatezza. Quando finisce questa rincorsa alla conoscenza? Mai! Chi ci ha provato non si è arreso, ma ha scoperto che l'asticella si spostava sempre più in avanti.  
Alla fine esausto, ma non arrendevole, ha chiesto a Dio: Signore, dammi un'altra vita, così potrò dire di non essere vissuto ignorante. Dio gli ha risposto: La conoscenza è un pozzo senza fine e anche se tu vivessi in eterno non arriveresti mai a colmare l'ignoranza, che è una prerogativa terrena. Perciò, vivi come i comuni mortali e impegnati almeno a conoscere ciò che il tuo intelletto ti consente di imparare e di scoprire; almeno, ciò che è legato ai tuoi cinque sensi. Il tuo campo d’azione finisce dove non puoi arrivare con le tue capacità cognitive, ma non fartene un problema in quanto voi comuni mortali siete limitati. Prendete a esempio la Torre di Babele: voi umani volevate arrivare a toccare il cielo infinito e, poi, avete saputo come è finito l’esperimento. Anche la mela di Eva del paradiso terrestre insegna che la conoscenza non è di questo mondo. 
Ci sono nozioni razionali che si possono approfondire. Quelle irrazionali, fantastiche, immaginabili e inimmaginabili lasciamole agli studiosi, ai pensatori e agli artisti: sapranno trovare a modo loro una chiave o raggirare l’ostacolo, per non averlo superato. Infine, ci sono domande senza risposta a cui la Fede ci dice: Accettatele per dogma! L’uomo per quanto possa essere evoluto, non arriverà mai a competere con chi l’ha creato. La copia non potrà superare l’originale, in quanto è unica e irripetibile: ecco perché si chiama capolavoro. Infatti, l’uomo è paragonabile a una macchina perfetta provvista di ragione e di sentimento, ma limitata al pensiero e alle cose terrene.
Viviamo come possiamo, ma non dobbiamo dimenticarci di non sciupare la nostra esistenza a rincorrere chimere, se prima non facciamo bene l’ordinario, che è alla nostra portata e, poi, impegnarci per lo straordinario. L’appiattimento verso il basso fa calare il livello culturale. Compiere azioni stupide, futili e insignificanti ci fanno perdere solo tempo e ci distolgono dall’impegno di fare della nostra vita un capolavoro. Chi dice di essere perfetto sbaglia due volte: La prima perché lo dice e la seconda perché non lo è. La perfezione non è di questo mondo, ma del Creatore. Si può trovare anche in un semplice fiore di campo o alzando gli occhi al cielo o perdere lo sguardo nell’immenso infinito. Ci sono tanti misteri che non stati ancora chiariti. A qualcuno si è riusciti a trovare un significato; gli altri restano un enigma.
Il saggio invita a stare con i piedi per terra: non siamo fatti per volare! Possiamo farlo col pensiero e arrivare solamente dove può giungere l’immaginazione umana. Essere concreti non ci fa vivere con la testa tra le nuvole a rincorrere un infinito la cui fine per definizione non esiste, in quanto non si sa come è fatto, né fin dove arriva. Ed ecco che si arriva alla conclusione che il cammino della conoscenza ha un inizio e non una fine: paragoniamo il sapere alla definizione di una retta in geometria. Quell’uomo dalla mente fervida ci invita a non smettere mai di imparare, così, alla fine, si diventa meno ignoranti. Don Agostino, che diceva che a pregare si impara pregando, direbbe che si impara a imparare imparando.