Nei
tempi nefasti che viviamo, l’emergenza covid ha contrastato e soverchiato ogni
altra esigenza, politica, sociale, economica. I valori di riferimento prima del
verificarsi della terribile epidemia, già centrifugati nel frullatore
ideologico, sono stati messi da parte, come sospesi, cristallizzati in una
sorta di bolla spazio-temporale in cui viviamo da quasi un anno e mezzo. La
ragione scientista, positivista, salutista, ha portato il nuovo verbo a chi già
vagava in cerca di senso, ha indicato la via ai naviganti nel mare magnum della confusione e della
transizione. I due governi che si sono avvicendati dal fatidico marzo 2020,
hanno utilizzato la leva del covid 19 come grimaldello per forzare la
Costituzione e dare un nuovo impianto legislativo (prevalentemente attraverso
decretazione d’urgenza) al Paese. La lotta al coronavirus è il logos e suoi ministri e ministre sono
gli epidemiologi, i profeti che lo spiegano e divulgano attraverso i media. L’esegesi
va in onda nei teatri televisivi, radiofonici e virtuali a tutte le ore del
giorno e i conduttori si fanno intermediari del verbo portato alle masse. Anche
il dibattito politico si è annacquato da quando è nata l’emergenza e il regolare
e naturale incontro-scontro fra maggioranza ed opposizione è diventato
allestimento, una disarmante messa in scena, utile solo a dare una parvenza di
dialettica interna che è in realtà narcotizzata nella soporifera liturgia
celebrata dai sacerdoti del pensiero unico scientifico, i tele-infettivologi. Attraverso
una affabulazione elargita mediaticamente ai teleutenti, la casta anticovid dei
vari Crisanti-Burioni-Bassetti-Galli- Viola-Garattini ecc., questa oligarchia
di “dotti medici e sapienti”, viene percepita dal popolo come quella dei
salvatori della patria, ed il Governo, che si affida totalmente al logos da
essi disvelato, intercettando la primaria esigenza del popolo alla salute, pur
avendo instaurato di fatto una “dittatura sanitaria” (dettata ovviamente dalle
superiori ragioni epidemiologiche), resta percepito, nell’immaginario
collettivo, come un governo pienamente democratico. Tuttavia, la drammatica
dicotomia fra sanità ed economia in questi ultimi tempi ha iniziato a farsi
sentire e non poteva essere diversamente. Timidi segnali di protesta nel Paese
sono offerti dalle categorie economiche più martoriate dalla dittatura
sanitaria (commercianti-ristoratori e albergatori in primis, operatori
turistici, titolari di partita iva) che iniziano ascendere in piazza e ad
alzare la voce. Si poteva fare di più o meglio per affrontare l’emergenza di
quello che ha fatto non solo il governo italiano ma buona parte dei governi dei
paesi occidentali? Molto probabilmente, anzi quasi sicuramente, no. E comunque
nessuno, men che mai chi scrive queste note, possiede una soluzione. Sconforta
però constatare come i governi Conte e Draghi (molto di più il primo) che si
sono trovati in così funeste contingenze, ripiegandosi su un presente
difficilissimo da gestire, senza alcuna capacità programmatica, stiano
condannando una nazione, ed in particolare la generazione dei cosiddetti
millennials, a non avere un futuro. Ma che fanno i giovani e i pensatori
inattuali? Essi dovrebbero rivendicare l’art.25 dei diritti paradossali, ossia
quello all’indignazione, come sostiene Arturo Schwarz in “Manuale dei Diritti
fondamentali e desiderabili” (2016). Invece, i primi sono presi dalla ricerca
di un lavoro che, più che mai a causa del coronavirus, non troveranno, e i
secondi, tacitati dalla contingente narrazione mainstream dell’anticovid, sono
occupati ad andar dietro ai loro sogni che non si realizzeranno.