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lunedì 3 maggio 2021

L’opinione
COVID E ANTICOVID
di Paolo Vincenti


Nei tempi nefasti che viviamo, l’emergenza covid ha contrastato e soverchiato ogni altra esigenza, politica, sociale, economica. I valori di riferimento prima del verificarsi della terribile epidemia, già centrifugati nel frullatore ideologico, sono stati messi da parte, come sospesi, cristallizzati in una sorta di bolla spazio-temporale in cui viviamo da quasi un anno e mezzo. La ragione scientista, positivista, salutista, ha portato il nuovo verbo a chi già vagava in cerca di senso, ha indicato la via ai naviganti nel mare magnum della confusione e della transizione. I due governi che si sono avvicendati dal fatidico marzo 2020, hanno utilizzato la leva del covid 19 come grimaldello per forzare la Costituzione e dare un nuovo impianto legislativo (prevalentemente attraverso decretazione d’urgenza) al Paese. La lotta al coronavirus è il logos e suoi ministri e ministre sono gli epidemiologi, i profeti che lo spiegano e divulgano attraverso i media. L’esegesi va in onda nei teatri televisivi, radiofonici e virtuali a tutte le ore del giorno e i conduttori si fanno intermediari del verbo portato alle masse. Anche il dibattito politico si è annacquato da quando è nata l’emergenza e il regolare e naturale incontro-scontro fra maggioranza ed opposizione è diventato allestimento, una disarmante messa in scena, utile solo a dare una parvenza di dialettica interna che è in realtà narcotizzata nella soporifera liturgia celebrata dai sacerdoti del pensiero unico scientifico, i tele-infettivologi. Attraverso una affabulazione elargita mediaticamente ai teleutenti, la casta anticovid dei vari Crisanti-Burioni-Bassetti-Galli- Viola-Garattini ecc., questa oligarchia di “dotti medici e sapienti”, viene percepita dal popolo come quella dei salvatori della patria, ed il Governo, che si affida totalmente al logos da essi disvelato, intercettando la primaria esigenza del popolo alla salute, pur avendo instaurato di fatto una “dittatura sanitaria” (dettata ovviamente dalle superiori ragioni epidemiologiche), resta percepito, nell’immaginario collettivo, come un governo pienamente democratico. Tuttavia, la drammatica dicotomia fra sanità ed economia in questi ultimi tempi ha iniziato a farsi sentire e non poteva essere diversamente. Timidi segnali di protesta nel Paese sono offerti dalle categorie economiche più martoriate dalla dittatura sanitaria (commercianti-ristoratori e albergatori in primis, operatori turistici, titolari di partita iva) che iniziano ascendere in piazza e ad alzare la voce. Si poteva fare di più o meglio per affrontare l’emergenza di quello che ha fatto non solo il governo italiano ma buona parte dei governi dei paesi occidentali? Molto probabilmente, anzi quasi sicuramente, no. E comunque nessuno, men che mai chi scrive queste note, possiede una soluzione. Sconforta però constatare come i governi Conte e Draghi (molto di più il primo) che si sono trovati in così funeste contingenze, ripiegandosi su un presente difficilissimo da gestire, senza alcuna capacità programmatica, stiano condannando una nazione, ed in particolare la generazione dei cosiddetti millennials, a non avere un futuro. Ma che fanno i giovani e i pensatori inattuali? Essi dovrebbero rivendicare l’art.25 dei diritti paradossali, ossia quello all’indignazione, come sostiene Arturo Schwarz in “Manuale dei Diritti fondamentali e desiderabili” (2016). Invece, i primi sono presi dalla ricerca di un lavoro che, più che mai a causa del coronavirus, non troveranno, e i secondi, tacitati dalla contingente narrazione mainstream dell’anticovid, sono occupati ad andar dietro ai loro sogni che non si realizzeranno.